Tra musica, ironia e scrittura in versi: incontro con Gasoldo, il poeta del rap

 

Nome: Leopoldo Ulivieri, alias Gasoldo. Segni particolari: un’ ironia travolgente e una dialettica che non conosce eguali. Professione: rapper, scrittore, poeta underground, artista specializzato nel catturare frammenti di stelle per tramutarle in versi. Passioni: scrittura e musica. Non c’è da stupirsi che la genialità di Leopoldo mi abbia immediatamente intrigato e che abbia voluto saperne di più su di lui. Magnetico, eclettico, esplosivo, quando parla è come un fiume in piena. A Milano lavora negli headquarter del designer Neil Barrett, ma nel frattempo porta avanti le passioni che gli bruciano dentro sin da quando era bambino. La musica, appunto (racconta di esser stato partorito “sul cubo di una discoteca”), ma soprattutto la scrittura, in particolare quella in versi, che per lui è diventata la chiave d’accesso ai magici reading show dell’ Infusione (serate che coniugano poesia ritmica visuale e delirio logico) ideati dalla Contessa Pinina Garavaglia. Il suo incontro con il rap ha fatto sì che l’ arte di scrivere e l’arte dei suoni si fondessero in modo ideale: i brani di Gasoldo sono uno sfavillante mix di musica e poesia (sia metropolitana che dell’ anima) imbevuto di ironia potente, un dettaglio da non trascurare. Perchè nelle sue lyrics Gasoldo racconta se stesso, o meglio, esprime una visione del mondo del tutto personale. Non senza toccare problematiche universali, naturalmente: è in grado di rappare su un fenomeno come quello delle sette religiose e, subito dopo, di affrontare il tema dell’ addio amoroso con una profondità incomparabile. Evita accuratamente di nascondersi dietro l’ oggettività; ci rende, al contrario, partecipi del suo punto di vista. E al tempo stesso prende le distanze da stereotipi e da leitmotiv ricorrenti nella new wave del rap, sempre fedele all’ intento di affermare la propria identità e il proprio credo. Ho incontrato Gasoldo in occasione di una ghiottissima news, l’ imminente uscita del suo nuovo singolo “Io & te per sempre”. Arricchito da un featuring con Erica Mengod e prodotto da Andrea Bonato aka Bitinjuice, con il quale Ulivieri ha fondato la TempiINversi Records, il brano vedrà la luce il 12 Novembre. Ci siamo quasi, insomma! Mentre inizio il countdown, vi invito a leggere questa intervista fiume dove è proprio il poliedrico rapper ad introdurvi nel suo straordinario universo. Preparatevi a farvi ammaliare da un flow irresistibile, da un turbinìo inarrestabile di parole a cui manca solo un sottofondo musicale…

 

La cover di “Io & te per sempre” (feat. Erica Mengod), il nuovo singolo di Gasoldo. Artwork by Charmante Folie

 

Leopoldo, potresti presentarti ai nostri lettori? Raccontaci chi sei e qual è il tuo background.

Dovrei scrivere un romanzo, le risate come le trascriverai? Sarò sincero e spontaneo come sempre. La spontaneità è un po’ un difetto di fabbrica, nel senso che poi spesso le persone non riescono a capire quando sei serio o quando scherzi. Anche se qua non si scherza, eh! È una sottile linea, ma in fondo è divertente anche così. Non mi piace sintetizzare una domanda così importante. Vai a spiegare che nasco poeta underground e fraintendono: il destino con la destinazione, la destinazione con la meta. Il viaggio con l’iperbole e via discorrendo. E qui si aprono capitoli su capitoli…Sono come un gatto che corre nei vicoli di notte fra mille pericoli. Eccomi di nuovo a cavallo del tempo che fugge galoppa distrugge come un leone in gabbia che fa? Rugge. Ecco, vedete, è interessante osservare che il termine “rugge” venga sottolineato come errore dal correttore automatico. Incredibile ma vero, direi. È un po’ come la musica che si sente adesso. Orribile e artefatta, non trovate? Manca proprio di poesia, di sentimento. È fredda. Falsa. Finta. Si sente che è fatta solo per un tipo di business da avvoltoi. Cara Silvia, la tua domanda è troppo complessa anche per uno come me, poi qui siamo in tre…e giro al largo lontano da ingorghi attraverso borghi e sobborghi, e  divago tra i sentimenti come il Dott. Zivago, sono scrittore poeta son rapper son quello che sono, così come sono, verso i miei versi in un verso, declamo reclamo proclamo sono un dolce frastuono nell’universo. Mia fantasia finché lei c’è veglia su me stasera sei mia stellare poesia andiamo partiamo prendiamo ogni cosa che sia veramente importante in totale? Niente lasciamo la gente di sempre in tempesta in balia tra la nebbia la noia la rabbia mai vista in questa con questa per questo sei mia solare poesia tu rendi chiara di luce la via nel sentiero vola un pensiero e se scrivo ci credo poeta sicuro vola il pensiero più duro e maturo e capisco e siluro e contagio la via nel tempo prezioso prezioso che sia preziosa follia i fogli miei sparsi in corsia dove la musica regna sulla pazzia. Niente, dai: passo direttamente alla seconda domanda senza passare dal via! E così sia. (ride fragorosamente, ndr)

 

Un’ immagine epica: Leopoldo (a sette mesi) come Gesù Bambino, circondato dai suoi fratelli, in una foto destinata ad un biglietto di auguri natalizio per i parenti e gli amici di famiglia. Lo scatto è di Silvio Nobili, noto fotografo di moda che realizzò anche la copertina dell’ album “Amore e non amore” di Lucio Battisti

Ma tu, quando eri piccolo, che cosa avresti voluto fare da grande?

Lo scrittore, anche se giocavo molto bene a pallone. Poi ho conosciuto il rumore di una traversa che probabilmente è ancora lì che trema. Ho conosciuto il sapore della delusione e della sconfitta, ho conosciuto me stesso, il rap e le donne. Da lì è cambiato tutto. Ho capito che per conquistare una ragazza non c’è per forza bisogno della bellezza fisica, anche se quella aiuta, dei soldi, dei classici stereotipi del calciatore con le veline. Bastava usare un po’ di fantasia e molta poesia. Infatti ad una delle mie prime fidanzate scrivevo ogni sera un sonetto, un testo, un pensiero…infatti…mi ha mollato. La poesia non piace. È scomoda. Quasi mette in imbarazzo. Come il rap, insomma. Anche se io non ho mai mollato né la scrittura né la musica, anzi. Ho raddoppiato. Ho insistito, ho continuato. Quando si va a fondo, o risali o stai li. È carattere sapere reagire. Nella sofferenza scrivere mi ha sempre aiutato. Nelle situazioni peggiori della mia vita riuscire a scrivere mi ha dato la forza per andare avanti e provare a superare determinate situazioni, spesso molto difficili. Scrivevo al buio, sui muri del baratro. Una sorta di preghiera, quasi. Un dialogo continuo, un grido insistente. In rima, poi, è una ricetta perfetta. Devi per forza di cose usare la materia grigia. Credo, pensandoci, che già da piccolino utilizzassi la scrittura come terapia. C’è chi si rilassa con la grappa…e chi scrivere testi e li rappa poi stappa…

Poi hai incontrato il rap, ed è stato subito colpo di fulmine. Ma ancora prima, appunto, la scrittura…

Per me è un piacere scrivere, per me è un dovere scrivere. Devo tanto alla scrittura e lei non mi deve nulla anche se adesso mi sta ripagando. Scrivere per vivere e viceversa, scrissi tanto tempo fa e la storia non è cambiata granché senonché adesso scrivo direttamente sulla musica, cosa che prima non facevo. Le parole scritte, secondo me, se messe giù bene sono già abbastanza musicali, come avrete provato ad assaporare con la prima domanda, ma se non le accompagni con un beat potente è tutto vano. Prima cercavo di adattare quello che avevo scritto su una base, poi conoscendo il mio produttore (Andrea Bonato aka Bitinjuice) è cambiato tutto. Una mente geniale al servizio della musica. Un vero professionista del suono. L’Ennio Morricone della musica elettronica. Eclettico al punto giusto. Schivo coi social. Estremamente concreto. Pragmatico. Pratico. Oltre alla fantasia ci vogliono delle regole, ci vogliono delle strutture logiche che, a volte,  riesco a rispettare…adesso scrivo direttamente sul brano e tutto prende forma in maniera diversa, più armonica, più concreta. Il cerchio si chiude. Ed ogni giorno una dedica non succede tutto subito. Se non hai un produttore forte che crede in te e nel progetto o che lo fa di mestiere, puoi essere anche Mandrake ma non ti muovi. Sei fermo. Non viaggi. Vai a tentoni, boccheggi. Insegui miraggi.

 

Gasoldo nel video di 7 (Sette)

Torniamo al rap: come è scoccata la scintilla e quando hai deciso di dedicarti a questo genere musicale?

Il rap è una conseguenza naturale dello scrivere, è la sua evoluzione naturale se si ha una certa attitudine verso quell’universo. Ti deve piacere e lo devi vivere in tutte le sue sfaccettature. La bellezza e l’adrenalina prima di esibirsi davanti a un pubblico. È un modo unico ed estremamente moderno per imprigionare dei concetti che se no resterebbero intrappolati sulla carta e dimenticati (per chi scrive ancora sulla carta, o persi in una bozza su un computer) e farli emergere con la musica e lì inciderli, scolpirli in maniera tale che riescano ad arrivare diretti al padiglione auricolare e da lì far scattare delle emozioni nell’ascoltatore. Incidere delle parole nel vero senso della parola. Scalfirle insieme in un connubio assolutamente unico, all’unisono, inseparabili e quasi irripetibili. Mi piace dare il giusto peso alle parole. Il rap è un’arma fantastica per esprimere dei sentimenti forti e potenti in rima prevalentemente. Ma è anche saper sperimentare.  Bisogna saperlo fare. O sbattersi molto per imparare e avere la costanza di insistere. Un po’ come con tutte le cose, direi. Anche perché una canzone, bella o brutta che sia, rimane unica. I pensieri scritti rimangono anche loro, è vero, ma è forse più difficile al giorno d’oggi farli emergere e farli arrivare a un pubblico più vasto. I libri se non si consumano, anche quelli vanno al macero. Non mi piace proprio il concetto di musica usa e getta. Eppure molti sanno farla benissimo. Beati loro. Quando ho deciso esattamente? La storia è lunga. Provo a farla breve. E’ andata così. Alberghiero indirizzo cucina, giorno dei più classici di occupazione. Bighellonavo tra le classi con i miei amici scapestrati, entriamo in una di queste e sento un ragazzo che fa freestyle, si diverte molto e fa divertire. È molto bravo, genuino rappa, ma al tempo stesso canta. Però c’è un velato malessere, c’è qualcosa che gli sta esplodendo dentro. Ci sono gli stessi sentimenti contrastanti che ho nella mia testa. Credo. Riesce a buttare fuori tutto e a intrattenere, incredibile, sputa veleno ma lo fa col sorriso di uno che ha già vinto e perso tutto. C’è rabbia, rancore, poesia, c’è l’ubriachezza della vita, c’è il disagio di sentirsi il più forte di tutti ma di non riuscire a dimostrarlo. C’è l’allenamento la dedizione c’è la passione. Quello sono io? Io che scrivevo già da una vita e di veleno ne avevo accumulato parecchio. Come sempre. Troppe falsità in una società così meschina. Troppe tavolate imbandite di bugie. Io e la mia esistenzialitá turbolenta. Io e tutti i miei scritti. Le mie paure. I miei sogni. Le speranze. I miei sfoghi da ragazzo che ha già vissuto sulla pelle il disagio esistenziale. Poi sono tornato a casa la sera, e quella notte mi è apparso in sogno mio nonno Gastone che da un’astronave aliena vestito col frac usava il bastone come mic ed il jack nella radio rappava il suo jazz. Da lì sì ho capito tutto. Esistono gli alieni. E ballano pure. Quindi posso esistere anche io come rapper. In fondo alla folla, Gas, Gasoldo non ti molla!  Avevo visto per la prima volta il volto di mio nonno Gastone. Era lui veramente? Cominciai a cercarlo ma questa è un’altra storia…

 

http://https://www.youtube.com/watch?v=4Tr4X1jn00o&t=5s

Il video di 7 (Sette)

Il rap in America è nato dalla strada, come espressione del malessere e come strumento per convogliare l’attenzione su svariate problematiche sociali. Poi è mutato con l’evolversi dei tempi. In molti tuoi brani, tuttavia, noto uno spirito di denuncia (immancabilmente velato di ironia) ricorrente…

Il rap deve essere denuncia. Il rap deve essere satira – intelligente – il rap deve essere poesia ritmica, provocazione acuta. Il rap non solo è capace di “descrivere” qualcosa che non va, ma deve riuscire a dare anche delle soluzioni. Non è solo autoaffermazione o farti capire che razza di inferno sto vivendo. Il rap può arrivare e quando arriva può veramente fare male, far pensare, far cambiare le cose. Il rap dovrebbe unire, non dividere; è uno strumento potentissimo. Ironia massiccia, irriverenza continua, provocazione ma non volgarità. Anche leggerezza, certo, ma odio le volgarità ed i soprusi e la piega che si è presa da anni da noi. Trovo inconcepibile come siamo potuti arrivare allo scempio di oggi, dove per esempio una forma di gentilezza viene scambiata per debolezza e l’arroganza dell’ignoranza si riempie la bocca di luoghi comuni e di saccenza da quattro soldi. La spocchiosità la fa da padrona. I famosi San Tutto Loro, i santi detentori di verità assolute. Degli sfigati. Non parliamo poi del rispetto o di sensibilità…vade retro! Roba che ti denunciano! Lasciamo perdere i vari stereotipi che si sono venuti a creare ma ad oggi per esempio i gentleman sono spariti dalla circolazione. Ma non solo i gentleman. Le buone maniere. Depennate. Annientate. Morte sepolte. Sembra che sia stato cancellato dimenticato nascosto sotto al tappeto un certo tipo di rap. I buoni intenti, la sommossa rivoluzionaria per il bene del prossimo… Sparito tutto. Proprio la base dell’educazione, ma anche senza quella almeno un briciolo di sensibilità ripeto, tipo aprire una porta, far sedere una donna incinta, robe così capito? Siamo al troglodismo puro, totale, barbaro, becero. Così sembra. Così ti fanno vedere. Così vedi. Così vendono. Così telebevi ed è tutto ok!  Bisognerebbe insegnare ed avere dei buoni maestri. Anche se certe cose di base dovrebbero essere scontate, in una società avanzata. Ci vorrebbe una nuova buona onda, una nuova ondata di vero hip hop, soprattutto negli intenti e nelle intenzioni. Anche se poi sappiamo benissimo che fine fanno tutte le ideologie una volta che incontrano il potere e quando questo incontra il denaro. Ormai ciò che è stato è stato, chi ha avuto avuto chi ha dato ha dato. Ma non scordiamoci il passato. E coltiviamo il nostro giardino. Che sia il momento giusto per un nuovo ordine mondiale del rap italiano ? E così nella musica. Effetto domino. Non sono un fanatico, ma il pensiero diffuso prepotente e volgare nei confronti delle donne – altro esempio a cui tengo – è un tema che supera anche la provocazione. Robe arroganti. Non divertenti. Penose. Robe da voltastomaco. Pensieri copiati ed importati ovviamente, ma fatti oramai assolutamente nostri. Uno schifo. Lo senti proprio nei termini che vengono usati. Nei testi. Nelle convinzioni, nell’odio che serpeggia e che senti strisciare. Sembra che siano dei frustrati repressi. Repressi da cosa? Non si sa, forse dalla stessa musica che ascoltano, che è altamente deprimente direi. A me provoca effetti collaterali che vanno dall’orticaria all’effetto tortura Guantanamo. In pillole caramelle Falqui. Passiamo avanti che se no poi mi innervosisco. È un flusso continuo. Il mio lo stesso disco. Allora centomila volte un disco techno. Poi ti svegli un giorno e scopri che è tutto finto. Tutto fake. E il mondo per cui hai lottato e gli ideali che hai inseguito sono una bufala. Quindi anche l’hip hop italiano si è dovuto piegare ad un certo sistema d’importazione, la macchina del business è oliata alla perfezione.

 

Leopoldo/Gasoldo con il pittore e poeta Davide Romanò, autore del dipinto che compare nel video di “Notturno con dedica” (lo trovate qui di seguito)

Come nasce, per te, l’ispirazione?

L’ispirazione nasce da e per le persone che mi stanno accanto, prima di tutto. Fare tesoro delle esperienze. Come si dice, un risultato negativo é pur sempre un risultato. Mandare giù qualche boccone amaro sapendo che la punta della penna scorrerà vertiginosamente sul foglio. Poi invece ho due modi classici, diciamo, di ispirazione; c’è quella irrefrenabile che ti balena in testa e devi subito scrivere e mollare qualsiasi cosa stai facendo e quella invece un po’ più “forzata” in cui decido di mettermi lì concentrato a scrivere. E mi metto sotto torchio per farlo. Da cosa nasce cosa. L’importante è iniziare a farlo, ci sono delle volte che non puoi fermarla e i concetti o le rime che siano vanno subito scritti ed impressi su qualsiasi cosa che sia a portata di mano. In qualsiasi luogo. L’ispirazione nasce anche da tutte le mie lamentele descritte prima, una volta che inizio a scrivere io entro in un’altra dimensione, la quarta e la quinta, viaggio in 3D sfiorando gli 8K e possono passare ore, giorni tipo ai confini della realtà, avete presente? Sindrome di Stendhal. Vedo. Sento. Empatizzo. Ma non sintetizzo. Mi sintonizzo su onde gamma incontrollabili. Arriveranno da dove? Nel buio la luce e viceversa. Nel buio maestoso. Non potrei mai e poi mai dormire con le tapparelle abbassate sai?

 

Leopoldo (il primo a sinistra) con i poeti dell’ Infusione. Al centro, la Contessa Pinina Garavaglia

Cosa pensi della scena rap italiana?

Che scena? Ah, perché in Italia esiste ancora una scena? Faccio fatica a stare dietro alle mie robe, figuriamoci a quelle degli altri. Però sono uno che si sbatte anche per gli altri. Poi sicuramente e magari sbagliando, ho cercato di ascoltare il meno possibile. Soprattutto per non inquinarmi le orecchie e tutto l’apparato uditivo. Io più che una scena vedo dei singoli che (giustamente) tirano il rap al proprio mulino. O l’acqua o il vino. La scena è oscena fatta di trash e di gossip. La scena fa pena e un po’ sono in pena farei una novena mentre la folla si scatena chissà se cambia qualcosa o mi parte la vena? Vogliamo roba stilosa! Scusa! Cosa? Perdo il filo! Dicevo. Ho cercato di ascoltare il meno possibile. Proprio per evitare di seguire una certa influenza/cadenza – di classico rap italiano – molti mi danno dell’old school ma non riescono a decifrarmi, non riescono a etichettarmi e questa cosa mi rende estremamente orgoglioso. La purezza del verbo. L’assenza di flow è flow puro al cento per cento. Diciamo che nella mia follia ci tengo ad essere originale. Penso si sia capito ormai. E qui, più che isteria da ragazzini, di prime donne non ne vedo. Bravi quelli che riescono a fare delle porcate e campano con quelle. Tutto lontano anni luce da me e dal mio pensiero. Tutto lontano dall’essenza dell’hip – hop che per carità, si evolve…ma qui penso ci sia stata una involuzione più che una vera rivoluzione. Lungi da me il gossip, le polemiche le cavolate funzionali create a tavolino per fare hype. Lontano dal centro marchette di finti professionisti faine. Lontano da tronisti galli galletti e galline. Tutta fuffa. Tutto fumo negli occhi. Una truffa. Stiamo arrivando. C’è qualcuno che detta le regole del mercato. I marchettari di lusso. Per esempio io sono un cultore del rap russo. Dove la musica hip hop è arrivata molto dopo. Il rap russo ha sviluppato più le tecniche linguistiche sul beat che la musica stessa. Quindi troviamo un universo di rime e genialità su sonorità un po’ meno evolute a livello proprio di suoni. Anche se oramai anche qui i beat spaccano decisamente. Il cocktail è esplosivo. In Italia invece seguiamo sempre i filoni che funzionano e la situazione è…stagnante. Sfiora il ridicolo. Una volta c’era il rap frash adesso cè la trap tresh  e lo sdoganamento della Drill U.K., altra roba importata. Mistero come a parte “O sole mio” ed i Måneskin l’Italia non riesca ad avere una sua identità con un genere che dà grande spazio a qualsiasi sperimentazione. Nonostante tutto nutro grande rispetto per quelli che ci provano e in tanti ci provano, ma pochi ci riescono perché si perdono nelle acque putride della melma che li circonda. Tutto ciò è ripugnante, se guardi il passato coltellate alle spalle. Io suggerisco a tutti di riuscire ad arrivare alla consapevolezza della strada verso l’indipendenza, il fai da te può portare molte più soddisfazioni del rincorrere qualcosa di difficilmente raggiungibile e soprattutto di ciclostilato. Ribadisco. Insegui il successo? Quella è la porta, ma la porta del cesso. Meglio originale  e sconosciuto così come sono. Con Internet oggi può anche sembrare essere tutto più semplice rispetto agli anni in cui portavi il tuo CD/demo porta a porta alle case discografiche. Oggi si sono azzerate le distanze e i costi sono dimezzati, è tutto più accessibile e fruibile, quindi per un musicista le possibilità sono potenzialmente enormi.  Il porta a porta funziona sempre. Ma c’è anche molta più concorrenza. Perciò devi offrire una qualità di livello molto più alto. Altissimo. E devi avere un cervello collegato 4.0. per saperti districare in un mare di robe da fare. Molti lasciano la musica, ma la musica non ti abbandona di certo anche quando non hai i risultati sperati. Rinunciano a fare musica perché nessuno se li fila di striscio, ma se come te ce ne sono altri cento uguali! Distinguiti oppure estinguiti. Perché tanto qualcuno si riempie sempre le tasche e il mondo va avanti uguale anche se sei il più originale in assoluto. Prova coi talent, magari lì ti capiscono. E diventi un fenomeno. Passeggeri, allacciate le cinture: si parte.

 

Due fotogrammi del video di “Gasoldo, cosa stai facendo?”

Esistono artisti che ammiri particolarmente?

Ho una serie infinita di artisti che stimo. Con alcuni ho anche un buon rapporto d’amicizia. Stiamo provando a costruire qualcosa di importante. Se non altro per noi stessi. Sono facili da reperire nelle mie playlist su Spotify e sono un bel mix di nuova generazione e vecchie conoscenze del rap italiano. Però quella di cui vado più orgoglioso è questa: Music Is the answer Italia  (https://open.spotify.com/playlist/1H7mGLLnSfp7d8Mg2Q1v8q?si=F7gxKakOT1GRQRpnI62-ew&utm_source=copy-link). Dò la possibilità gratuitamente a vari artisti di farsi conoscere e di aggiungere qualche stream in più alle loro produzioni. Anzi, chi volesse partecipare mi scriva pure su Instagram. Quando qualcuno ti reputa fonte di ispirazione per il suo rap vuol dire che magari non è proprio tutto cosi da buttare. Quando qualcuno ti stima veramente accresce l’autostima e ti spinge a fare meglio. Ti spinge a continuare. Non lo sa, ma ti incita come un coach. Non c’è niente di più soddisfacente che sentirsi dire sinceramente “Dai, insisti”! Nonostante io sia praticamente uno sconosciuto. Un cantante muto sputo rime per diletto ecco il delitto perfetto sono un Sig. rapper Qualunque che ama pure far del qualunquismo e dunque la roba fantastica è che io sono incopiabile perché sono unico ed irripetibile. Neanche il mio clone saprebbe rappare come rappo io. Sono i miei pensieri e difficilmente qualcuno può o riuscirà mai ad entrare nella mia testa. Nel mio vissuto nella mia esperienza, e questa intervista ne è la prova. Potete pure attingere se volete. Fate pure. Basta che in fondo siate sinceri con voi stessi almeno quando scopiazzate. (ride, ndr.) Tanto ancora non avete sentito nulla…Come dice Bitinjuice, il pezzo migliore ancora deve uscire e sarà il prossimo…

Durante la nostra lunga chiacchierata mi hai detto che adori lo “slam poetry”. Potresti approfondire con noi l’argomento? Immagino che sia un interesse direttamente associato al tuo amore per la scrittura in versi. O sbaglio?

Si ! Praticamente è quello che ho sempre fatto senza conoscerne il nome e cioè interpretare quello che si è scritto senza musica di sottofondo o di accompagnamento. Domanda al lettore. Chi furono i primi a sfidarsi in gare di freestyle? Gli americani, direte voi. Assolutamente no! In pochi sanno che che i primi di cui si ha conoscenza che facessero sfide di freestyle furono i poeti dell’antica Grecia. Nella più classica delle forme di immaginazione, in un anfiteatro con la tunica bianca a colpi di rime. Da un pò di anni anche in Italia ci sono un sacco di iniziative e talenti incredibili che praticano questa forma artistica di intrattenimento a molti ancora sconosciuta. Non vedo l’ora di poter sfidare chi detiene lo scettro in Italia, che sarà mio perché io sono il numero uno.

 

 

Nel 2008, insieme a Andrea Bonato (Bitinjuice il suo nome d’arte) hai dato vita al progetto “TempiINversi”. Che ci racconti di questa avventura?

Questa non è solo un avventura.  Questi siamo noi. TempiINversi è un concentrato di energia pura. È alchimia unica è magia. Difficile anche per me spiegare il legame viscerale che ci unisce. Credo che a parlare siano le nostre produzioni disincantate e spettacolarmente underground per il piacere di creare qualcosa di unico e da spararsi in cuffia H24 durante tutta la giornata. Più ci ascolti in loop più entri nella nostra storia, più capisci e apprezzi. Ci devi conoscere. Una volta che ci conosci, difficilmente non ti piace quello che facciamo. Sia per quanto riguarda il sottoscritto con i suoi rap, sia per quanto riguarda Bitinjuice con le sue produzioni, che è l’universo musicale di TempINversi. https://open.spotify.com/artist/1kiGBBb4DAJLzyj2SIqWMr?si=f0h-tvlwRLGBSC7ThH56Rg&utm_source=copy-link Una sorta di balsamo per l’udito creato dal sapiente druido Panoramix per infondere energia ad Asterix ed Obelix durante le numerose battaglie che la vita ti mette di fronte.

 

Il logo di TempiINversi

Tra gli artisti di TempiINversi, peraltro, spicca un’autentica icona della nightlife come la Contessa Pinina Garavaglia. Su quali perni si incentra la vostra sintonia? Pensate di regalarci delle nuove perle musicali a breve?

Io nasco su un cubo di una discoteca in una notte di maggio a suon di musica elettronica. Mia madre mi partorí li. Ballavano tutti. Il Dj screcciava. Con la Contessa, con cui collaboro da anni, ho un rapporto speciale: mi ha battezzato con le sue performance teatrali e sono uno dei suoi poeti di punta nelle serate Infusione  – Poesia ritmica visuale e delirio logico. Dal suo salotto alle performance in discoteca passando, oggi, dalla radio. Poesia ritmica visuale e delirio logico, dicevo, di cui sono il massimo esponente. Persona di infinita cultura, spesso mi dice che scrivo come Joyce nel suo Ulisse, che son più matto di Bukowsky e al tempo stesso geniale come Voltaire con il suo Candido. Insomma, tutta roba per me noiosa e che fatico pure a leggere. Mi addormento. Io ho bisogno di azione reazione come scrisse il grande Andrea. G. Pinketts (dove G. sta per Genio) nella sua prefazione del mio primo romanzo. (“Le strabilianti (dis) avventure di Gasoldo”, ed. Costa&nolan 2007). Mi riempie il cuore ricordarlo ed ogni volta ringraziarlo. Io preferisco, come avrete capito, più l’ironia alla “Dovlatov“: per chi non lo conoscesse, invito caldamente a cercarlo e leggerlo.  Dopo i successi di “Iconic”, “Disco Dreams” e “Forever young”, vi svelo in anteprima che Bitinjuice sta lavorando al quarto brano della Contessa Pinina Garavaglia, sorpresa anche per lei mentre starà leggendo questa intervista.

 

La copertina di “Le strabilianti (dis)avventure di Gasoldo”, il libro che Leopoldo ha scritto nel 2007. La prefazione è a cura di Andrea G.Pinketts

Un divo: Leopoldo intento a firmare autografi dopo l’uscita del suo libro

Ho l’ onore (oltre che il piacere) di annunciare in anteprima ai lettori di VALIUM che il 12 Novembre uscirà “Io & te per sempre”, il tuo nuovo disco, con il featuring di Erica Mengod. Potresti parlarcene?

Erica Mengod è una delle voci più belle che ho avuto il piacere di ascoltare e la perseveranza di averci voluto a tutti i costi collaborare. Bitinjuice ci ha indirizzato e dato carta bianca con una struttura spettacolare. E una cura delle voci che ha dell’incredibile. Ognuno ha scritto la sua parte, ognuno l’ha scritta, empatizzata, amata e interpretata. Con un argomento che può sembrare scontato. Ma qua di scontato non c’è nulla. Con noi non c’è mai nulla di scontato. Se poi si tira in ballo un argomento come l’amore…L’amore…Avete mai amato veramente qualcuno, nella vostra vita? Siete stati mai amati? Cosa fa muovere tutto? Che sentimento è l’amore? In una parola così ci sono dentro un infinità di universi. L’amore è allucinante. Fa muovere qualsiasi cosa. Fa fare cose pazze. L’amore non è una scusa. L’amore agisce. E non accetta scuse. L’amore è quasi follia. L’amore è una cosa seria. Ci fa grandi e piccoli allo stesso tempo. Ci porta all’esaltazione dell’io. L’amore è il motore della vita stessa. L’amore è forse Dio? Non lo so, ma l’amore ti fa stare da dio. È il sentimento più assurdo che l’anima dell’uomo potesse creare. È il sentimento più vero che esiste. L’amore è il fulcro, il centro di tutto. Questo non è il testo della canzone, ma una mia improvvisazione. E quando un amore finisce? O quando l’amore svanisce?

Ti piacerebbe una carriera “a tempo pieno” nella musica? E abbandoneresti volentieri i meandri underground per il mainstream?

Stiamo arrivando. #TempiINversi rulez ⚡ !

 

Gasoldo live

Con Clubradio06 stai portando avanti svariati appuntamenti che ti vedono protagonista. Facci sapere qualcosa di più, e soprattutto quando possiamo ascoltarti.

Con Marco Nardoni, il fondatore di Clubradio06, è nato subito un ottimo feeling. Ci siamo capiti al volo e sta nascendo una bellissima collaborazione, tanto che “Io & Te per sempre” (feat. Erica Mengod) sarà trasmessa in esclusiva venerdì 12  novembre 2021 alle 14:00 solo su clubradio06.com all’interno del programma rap Zonahh e al tempo stesso in tutti gli store digitali. Un’ idea gagliarda per ascoltare questo brano bomba in diretta! Con una sorpresa speciale. Siete ovviamente tutti invitati. Vi invito anche a scaricare l’app di clubradio06 che è leggerissima e così potete sintonizzarvi con un programma di ottima musica elettronica 24/24 7 giorni su 7. https://play.google.com/store/apps/details?id=com.xdevel.clubradio06 Inoltre, con dj Seven e la Contessa Pinina Garavaglia siamo in onda con l’Infusion Power tutti i sabati allo scoccare della mezzanotte. Invece sabato 13, alle ore 21:00, presenteremo il video di “Io & Te per sempre” su YouTube in collaborazione con l’eccezionale sand artist russa di fama internazionale Katerina Barsukova e Charmante folie, videoartist del progetto nonché stylist di tutti i progetti TempiINversi

Hai dei progetti in vista che ti piacerebbe anticiparci?

No (ride, ndr.), non basterebbero le pagine del tuo blog! Preparatevi ad emozionarvi ancora! Buona musica sempre a tutto Gas! Grazie a tutti! Un saluto ai lettori di VALIUM, peace! Spero non vi siate addormentati!

 

Link YouTube

Gasoldo

https://www.youtube.com/user/gasoldo

Bitinjuice

https://www.youtube.com/channel/UC6lqm3JbPyN2IEz8ukOG1IQ

 

Gasoldo durante un’ esibizione in stile Azteco

Ancora uno scatto di Gas dal vivo

Una foto di backstage dal video di 7 (Sette)…

…e un’ altra risalente all’ uscita del libro “Le (dis) avventure di Gasoldo

 

(Photo courtesy of Leopoldo Ulivieri)

Tra moda, cinema… ed eclettismo: incontro con Eleonora Albrecht

(Foto di Andrea Ciccalè)

“Altezza 1,74 m, capelli biondi, occhi azzurri”, riporta il suo composit. Segni particolari, una grazia innata: l’eleganza sembra incisa nel patrimonio genetico di Eleonora Albrecht. Romana di origini tedesche e russe, proveniente da una famiglia di artisti, Eleonora ha riversato il suo talento nella moda e nella recitazione, due passioni che la animano da sempre. Quel che più colpisce in lei – oltre ai grandi occhi blu, al corpo slanciato e alla cascata di capelli biondi – è il viso dalle molteplici potenzialità espressive: come una tela bianca plasmata da pennellate di colore, Eleonora può tramutarsi indifferentemente in una dea ultra-chic o in una scanzonata “comedian”, incarnando innumerevoli tipologie di personalità femminili. Il suo CV annovera esperienze prestigiose sia nelle vesti di modella, che di attrice. John Galliano, Calvin Klein, L’Oréal, Giada Curti, Aspesi, Gentucca Bini, Wella, BMW e Jean-Louis David sono solo alcuni dei brand per i quali ha posato o fatto da testimonial. Sul set, dopo un iter di studi che include (tra l’altro) il Lee Strasberg Institute di Los Angeles, Les Cours Florent di Parigi, il Conservatorio Teatrale Giovan Battista Diotaiuti e l’ Accademia del Comico dei Morini Bros di Roma, l’abbiamo vista in un gran numero di film e serie TV. Qualche titolo? “Un giorno speciale” di Francesca Comencini, “Se sei così ti dico sì” di Eugenio Cappuccio, “Un altro mondo” di Silvio Muccino parlando di cinema, “Che Dio ci aiuti 2”, “Don Matteo 8″, “Provaci ancora Prof.! 4” per quanto riguarda le sue apparizioni sul piccolo schermo. Ma gli interessi di Eleonora Albrecht spaziano oltre la moda e la settima arte, diramandosi in svariate direzioni. Influencer con il blog “The Fashion Screen”, Youtuber che vanta ben due canali all’attivo, designer e imprenditrice grazie alla creazione di Confetta – la borsa a forma di cuore già diventata un accessorio cult – la sua è una carriera più che mai eclettica e multiforme. E’ Eleonora stessa ad approfondirla insieme a noi, senza tralasciare un ruolo del tutto speciale: quello di compagna dell’ attore Flavio Parenti e di mamma della piccola Elettra, che lo scorso Marzo ha compiuto due anni.

Eleonora Albrecht: attrice, modella, blogger, influencer, creativa e imprenditrice con “Confetta”, la minaudière che hai ideato insieme al tuo compagno, l’attore Flavio Parenti…Quale definizione scegli, per presentarti?

Sono una persona estremamente curiosa, che ama viaggiare ed esprimersi in molti modi. Amo la Bellezza e tutto ciò che ne deriva.

A casa tua, il talento artistico si respirava nell’ aria: una madre prima ballerina al Teatro dell’Opera di Roma, nonni e zii pittori…Quando hai preso coscienza, per la prima volta, che l’Arte era nel tuo DNA?

Mio padre anche era ballerino classico, sono nata in un ambiente devoto alla danza e all’arte. Non ho mai pensato di fare qualcosa non relativo ad un processo artistico. Da bambina desideravo fare la cantante, poi la poetessa, poi la stilista. Semplicemente non mi è mai passato per la mente di dedicarmi ad un percorso non artistico. Per me vivere significa esprimere cosa si ha da dire nel modo in cui ci è più vicino e questo modo può evolversi negli anni, perché amo avere sempre stimoli diversi e ricercare qualcosa di nuovo, mettermi alla prova. Ovviamente c’è sempre un filo conduttore nelle mie ricerche personali che negli anni sarà sempre più definito.

 

(Foto di Claudio Amato)

A Parigi, appena diciannovenne, hai avuto l’opportunità di svolgere uno stage presso la Lagerfeld Gallery e di vedere il leggendario Karl Lagerfeld all’ opera. Che ricordo hai di lui?

Una persona molto cordiale e precisa, gentile con tutti. Attento ai dettagli, molto sicuro delle sue idee. Visionario ma concreto, un signore di altri tempi ma con un’energia contemporanea.

Qualche anno fa, su You Tube hai aperto due canali che definirei agli antipodi l’uno dall’altro: in “Sugar Barbarella” ironizzi sui tic sociali e sui fenomeni di costume del nostro tempo, mentre in “Eleonora Moda” proponi haul, tutorial e, soprattutto, dai consigli alle ragazze che vorrebbero diventare modelle. Come nasce questa tua “doppia anima”?

Le mie passioni sono la recitazione, il cinema, e la moda. Youtube ti permette di fare quello che vuoi e così ho sperimentato. Come attrice mi sono dedicata al cabaret per un periodo e quindi Sugar Barbarella era un mio personaggio comico. Attualmente non realizzo video però da anni, ma alcuni sono diventati molto famosi. Diversamente, Eleonora Moda è un canale che alla sua nascita mirava ad aiutare le centinaia di ragazze che mi scrivevano quotidianamente per avere consigli, pareri, ecc. Quindi ho raggruppato tutto in alcuni video che hanno ancora molto successo su YouTube e che spiegano come fare per affrontare una carriera da modella.

 

(Foto di Raffaello Balzo)

A proposito: cosa suggeriresti alle lettrici di VALIUM che sognano una carriera davanti all’ obiettivo? Il fashion world evolve alla velocità della luce. Quali sono, a tuo parere, i requisiti – aggiornati al 2019 – per intraprendere una carriera da modella?

I requisiti li richiedono le agenzie e consiglio sempre di contattare le agenzie serie di moda a Milano. In ogni caso l’altezza è sempre il filo conduttore della carriera delle modelle. Ma magari ora con Instagram ci possono essere delle evoluzioni. Dipende anche cosa si intende per modella. Fino a qualche anno fa, la modella era una ragazza alta e magra, che andava a fare i casting e veniva selezionata per sfilate e servizi fotografici, nessun problema per viaggiare, mangiare sano e ad andare via di casa presto per intraprendere una carriera. Molte ragazze ora pensano che basti avere un canale Instagram con vari followers, mettere foto mezze nude o molto provocanti ed essere contattate da marchi che le pagano. Sicuramente esiste anche quello, ma è un altro tipo di modella che va al di fuori di un giro di agenzie, ecc. di cui parlo nei miei video.

Dopo aver esordito come modella, sei stata rapita dal sacro fuoco della recitazione e sei volata a Los Angeles per studiare nientemeno che al Lee Strasberg Institute. Che puoi raccontarci di quegli anni?

Ho iniziato a fare la modella a 13 anni. A 17 abitavo a Milano, poi mi sono trasferita a Parigi per 4 anni, dove ho studiato stilismo in una scuola molto importante, l’Ecole de la Chambre syndicale de la Couture Parisienne, ho fatto stage da Dior e Lagerfeld e lavorato come assistente stylist in campagne pubblicitarie importanti. Al contempo lavoravo come modella e poi ho iniziato un corso serale di recitazione al Cours Florent. A questo punto ho messo da parte la moda, per studiare recitazione quotidianamente e dopo un anno sono andata a vivere e studiare a Los Angeles al The Lee Strasberg Institute. ) Los Angeles è una città molto dispersiva in cui è difficile orientarsi, fortunatamente ho uno spirito molto estroverso e ho fatto amicizia velocemente, riuscendo a vivere la città in un modo molto interessante. Ci sono attori ovunque, registi, sceneggiatori, lavorare nel cinema e in tv è normale. Ma è difficile avviare una carriera da zero se non sei anglofono. Io l’ho vissuta benissimo, mi sono divertita, ho conosciuto persone fantastiche, ho avuto così tante esperienze che starei le ore a parlarne.

 

 

Moda e cinema, due passioni che vivi con pari intensità (ricordo, peraltro, che di recente sei passata dietro la macchina da presa per dirigere due corti da te scritti): ma quale delle due ti permette di esprimerti “a tutto tondo”?  

L’aspetto estetico, il vissuto, le storie, la ricerca. Sono aspetti che il cinema e la moda hanno in comune. In realtà il cinema porta la parola, che la moda non ha. Quando penso ad una collezione di moda mi immagino come poter dare alla donna un oggetto bello, soprattutto, ma anche mettibile. Anche se non mi piace pensare ad accessori pratici perché non lo trovo divertente (la mia linea Confetta fa solo accessori al momento). Quando penso ad una storia da raccontare, mi baso su un’emozione personale, qualcosa che mi ha colpito particolarmente negli anni e che ho approfondito emotivamente e vorrei poi far uscire al di fuori. Per questo ho un’altra storia da anni nel cassetto, sto aspettando il momento giusto.

Nel 2013 hai preso parte alla serie TV “Che Dio ci aiuti”, una fiction a cui sono parecchio affezionata in quanto due sue edizioni hanno avuto come location Fabriano, la città dove risiedo. Come rievocheresti la tua esperienza nel ruolo di Camilla, e com’è stato lavorare a fianco dell’attrice Premio David di Donatello Elena Sofia Ricci?

La fiction è molto curata e sono stata contenta di averne fatto parte, tutti gli attori sono bravi e anche il cast tecnico.

Passiamo alla tua vita privata. Da tempo hai una relazione con Flavio Parenti e dal vostro amore è nata Elettra, che oggi ha due anni. Come vivete, tu e Flavio, il fatto di condividere la stessa professione?

Bene, perché facciamo anche molte cose insieme. Abbiamo, però, anche varie passioni non condivise che nutrono altre parti delle nostre personalità. Per il resto, lavorare nello stesso campo ti permette di avere più comprensione dell’attività e dei momenti up e down che ne conseguono.

 

Eleonora con la borsa Confetta

Vorrei chiederti ora qualche anticipazione sui tuoi progetti più imminenti ed un consiglio per concludere in bellezza questa intervista: qual è il must primaverile a tema fashion che non dovrebbe mancare nel guardaroba delle lettrici di VALIUM?

Il mio progetto imminente è lanciare la nuova collezione di borse Confetta. A breve lanceremo la collezione estiva, dopo il successo internazionale della borsa a forma di cuore in vetroresina. Per il must primaverile, ormai nella moda si vede di tutto e di più. Io non consiglio un “must”, ma di trovare quello che ci piace di più secondo il nostro gusto e non secondo delle tendenze. Se amate vestirvi come negli anni Cinquanta, per esempio, ben venga! Per me, l’unico must è di guardarsi allo specchio e piacersi. Se non ci si piace, e non si è capace di capire cosa potrebbe andar bene indosso, magari affidarsi a qualcuno oppure fare ricerche su internet, affinare il proprio gusto non solo nella moda ma a livello culturale in generale. Cercare stimoli, per capire come siamo.

 

 

 

 

 

Quando il design incontra la creatività visionaria: a tu per tu con Valentina Guidi Ottobri

Photo by Matteo Carassale

Festa del Lavoro a parte, il 1° Maggio  coincide per lei con una data speciale: quella del suo compleanno. Classe 1988, fiorentina, Valentina Guidi Ottobri si accinge infatti a spegnere 29 candeline. Questa intervista, oltre a tracciarne un ritratto, vuol essere dunque una dedica ad un giovane e già affermatissimo talento creativo italiano:  travolgente, entusiasta, intuitiva, Valentina è da tre anni la Home buyer di Luisaviaroma, ma il suo ruolo spazia attraverso skills trasversali che mettono in gioco a 360° la sua inventiva.  Negli editoriali che concepisce per il brand, l’ interior design si interseca con la moda e con l’ arte in maniera costante, come ad instaurare un’ inedita dimensione estetica. Suggestioni, reminescenze, una miriade di spunti ispirativi affollano l’ immaginario di questa ventinovenne con un senso dello stile innato e l’ estro nel DNA: figlia di un architetto anticonformista e discendente da una famiglia di collezionisti d’arte, Valentina ha respirato creatività e amore per il bello sin dall’ infanzia. Oggi, con esperienze professionali che approdano al design dal fashion world, mette le sue doti al servizio di progetti innovativi e di un “mecenatismo” che la vede coinvolgere i new talents in iniziative e mostre delle quali è curatrice.  Il “fiuto” non le manca, e insieme all’ empatia rappresenta uno dei suoi principali atout. Non è un caso che, nonostante i traguardi raggiunti, “altezzosità” sia un vocabolo a lei sconosciuto: la fame di conoscenza, lo spirito eclettico, la continua ricerca di stimoli la tengono costantemente connessa all’ universo che la circonda. Un universo che non contempla preconcetti nè barriere di sorta. Prima di dare il via alle domande, non mi resta che concludere con un “Buon Compleanno, Valentina!”

Come è iniziata la tua avventura in LVRHome?

La mia avventura inizia quando il proprietario di Luisaviaroma, Andrea Panconesi, approva il mio progetto dedicato al mondo del design. Il reparto Home di LVR rappresenta una visione “lifestyle” che ci siamo voluti conquistare. Prima che iniziassi il mio progetto, Luisaviaroma vendeva solo moda. Dal punto di vista creativo ho dovuto inventarmi un nuovo story-telling che unisse moda e mondo arredo, fatto, per come lo intendo io, da oggetti iconici. Oggetti che, anche da soli, raccontano una storia. Ne è uscito fuori qualcosa di inconsueto e al tempo stesso molto potente.

Tra queste tre definizioni: “visionaria”, “creativa”, “innovatrice”, qual è quella che più ti si addice?

Con la mia immaginazione sono capace di creare mondi paralleli dove mi piace passeggiare per molte ore del giorno e della notte. Cerco di possedere ogni sogno per far sì che le ispirazioni mi restino stampate nella mente. Le idee sono tutto, mi inebriano con la loro magica atmosfera e mi danno l’energia necessaria per trasformarle in qualcosa di reale che abbia il loro stesso aspetto. Per rispondere alla domanda, visionaria.

Qual è il tuo approccio nei confronti dell’home design? Quali sono gli atout su cui punti e quali gli obiettivi che ti prefiggi?

I punti che caratterizzano il mio progetto sono certamente il rapporto privilegiato con i designers e gli shooting che si distinguono per la loro visione life-style tra moda e design. L’obiettivo più grande adesso sta nel conquistarci il mondo degli architetti e degli interior-designer.

Come nasce, per te, l’ispirazione?

Viviamo in un’era di contaminazioni. Arte, moda e design si contaminano a vicenda attraverso simboli ed espressioni. I miei lavori creativi riflettono la convivenza di percezioni visive derivanti da questi 3 settori. Poi ci sono i film, una delle mie più grandi passioni. I miei registi preferiti sono Woody Allen, per l’ironia con la quale dissacra ogni luogo comune, David Lynch tra  incubi sperimentali e loop ossessivi, Fellini per il suo romanticismo e Herzog con la sua poetica rarefatta.

Il tuo CV include anche un’esperienza a Mumbai, in India, nelle vesti di stylist per Marie Claire. Come hai vissuto quel periodo e cosa ti ha lasciato dentro?

Il periodo in cui vivevo a Mumbai è stato uno dei più estremi e appassionati della mia vita. Abitavo a Juhu e ogni mattina per andare in redazione prendevo un “Tuk-tuk”. Da quel piccolo mezzo così rumoroso e aperto si poteva godere di tutto quello che capitava in strada. Odori, colori, suoni, sbadigli, risate, preghiere, mercanzie, street food, è tutto molto intenso. All’inizio è uno shock vedere bambini storpi che chiedono l’elemosina, corvi che mangiano i cadaveri dei cani, le mucche, le galline, il traffico, lo sporco, la folla, il cibo cucinato per terra. Solo in seguito ti rendi conto che non c’è niente di pericoloso in quel disagio ma che la vita indiana si svolge per la strada. Solo allora inizi ad appassionarti ai dettagli che si stagliano in mezzo al caos: gli occhi neri intensi di donne bellissime , i colori sfavillanti: il verde mela, il fuchsia, il giallo, il rosso, l’arancio, e poi i canti che provengono dai templi, i fiori e i gioielli.  L’India mi ha lasciato tanto, tante emozioni e suggestioni di cui cerco di far tesoro ogni giorno.

Ritratto by Chiara Rigoni

Trend nel design e nel fashion: la “velocità” è un leitmotiv comune?

Il mondo del design è molto più lento rispetto alla moda, vive di un gusto più autentico e canoni estetici più definiti. Ci sono tanti prodotti che una volta comprati durano per sempre.

Da sempre sei impegnata nel sostegno dei talenti. In che direzione sta andando questo tuo percorso?

In Italia abbiamo tanti giovani talentuosi, a cui non viene dato lo spazio che meriterebbero. Non esistono dei veri e propri direttori creativi, come nel mondo della moda, strapagati e in grado di decidere su tutto. Nel design i creativi disegnano prodotti molto diversi tra loro seguendo gli obiettivi delle diverse aziende per cui lavorano e guadagnando, nella maggior parte dei casi, royalties bassissime. E’ da questa carenza che nasce la mia idea di progetto per LVRHome: dare modo ai designer di firmare il proprio catalogo ed uscire con il proprio nome accanto ai brand più celebri come Flos, Kartell, Fornasetti, Vitra. Queste capsule collections sono frutto molto spesso di auto -produzioni o piccole produzioni in collaborazione con vari artigiani che sono loro stessi a trovare. Online si trovano già le collezioni di:

CTRLZAK
Lanzavecchia + Wai
Marcantonio Raimondi Malerba
Matteo Cibic
Maurizio Galante
Vito Nesta
Zanellato e Bortotto

Prossimamente si aggiungeranno anche: Marco Parmeggiani, Federico Pepe, Elena SalmistraroLorenza Bozzoli. Con tutti loro ho dei buonissimi rapporti, li stimo molto e in alcuni casi sono nate delle vere e proprie amicizie. Mi faccio “paladina” dei loro interessi e nel prossimo futuro vedo progetti ancora più grandi fatti in collaborazione con Gallerie e Fondazioni legate all’arte con installazioni a giro per il mondo.

Photo by Matteo Carassale

Il connubio tra arte e design è una costante che si traduce anche nella tua attività di curatrice. Che ci racconti al riguardo?

Il lavoro come curatrice non è troppo lontano da quello che faccio come Creative Director, quando mi chiamano per realizzare una campagna pubblicitaria o per una consulenza. Costruisco un mondo e poi lo descrivo. Quello che più mi appassiona è un concetto espresso in modo totalizzante. E’ la persecuzione di un’ideale estetico e/o culturale che si manifesta con un risultato unico, coerente in ogni dettaglio. A giugno curerò una mostra sulla defezione estetica, il tradimento della forma e la rivalutazione dei contenuti. Si intitolerà DIVINA SPROPORZIONE e tratterà diversi temi: la vecchiaia, la malattia, gli Dei , la mitologia in un parallelismo tra classico e contemporaneo.

Oggi festeggi il tuo 29mo compleanno ed io, oltre a farti un mondo di auguri, ti chiedo: qual è il tuo bilancio? C’ è qualcosa che vorresti aggiungere, variare, eliminare nella tua traiettoria esistenziale (o professionale, a scelta)?

Happy b.day to me! Sono felice di quanto raccolto e imparato fino a qui. C’è ancora tanto da fare e e questa inconscia consapevolezza mi crea molto entusiasmo e voglia di mettermi alla prova.

Photo courtesy of Valentina Guidi Ottobri

Per saperne di più:

www.valentinaguidiottobri.com

www.luisaviaroma.com