L’Epifania nel mondo: usanze e riti della ricorrenza che “tutte le feste porta via”

 

E’ arrivata l’Epifania, una solennità cristiana fortemente contaminata dal folklore. Derivante dal greco ἐπιϕάνεια, ovvero “manifestazione”, il termine Epifania designa appunto la manifestazione, la rivelazione di Cristo all’umanità. La Chiesa cattolica celebra anche l’arrivo a Betlemme dei tre Re Magi, che vollero rendere omaggio a Gesù Bambino donandogli oro, incenso e mirra, mentre per la Chiesa Ortodossa l’Epifania coincide con il battesimo di Gesù. Alla sacralità della festa si uniscono tradizioni che probabilmente affondano le origini nelle figure di antiche divinità pagane (rileggi qui l’articolo su Frau Holle, Berchta e Frigg), ed ecco apparire la Befana: secondo una leggenda, mentre i Re Magi si dirigevano a Betlemme chiesero indicazioni sul tragitto a una donna molto anziana, che però si rifiutò di seguirli nel loro percorso. Poco dopo, pentita, la donna riempì un cesto di dolciumi e andò in cerca dei Re Magi affinchè potessero consegnarlo a Gesù, ma non riuscì più a rintracciarli. Decise allora che sarebbe arrivata a Betlemme, bussando di casa in casa per lasciare doni ai bimbi con la speranza di imbattersi in Gesù Bambino. Nasce così il personaggio della Befana, che tuttora, nella notte tra il 5 e il 6 Gennaio, penetra nelle case attraverso i comignoli con un sacco ricolmo di regali. L’ Epifania non si festeggia solo in Italia, ma anche in molti paesi del mondo. Continuate a leggere per conoscere le usanze internazionali associate a questa ricorrenza.

Tutte le foto, raffiguranti la Festa Nazionale della Befana di Urbania, sono di Diego Baglieri, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0> via Wikimedia Commons

 

 

In Italia

Nel nostro paese, la Befana (una donna anziana che indossa abiti rattoppati e sorvola le case a cavallo di una scopa) consegna i suoi regali nottetempo. La mattina del 6 Gennaio, come per magia, i camini si riempiono di pacchi e pacchetti di ogni dimensione, ma anche delle tipiche calze, ricche di dolci per i bambini buoni e di carbone (sostituito oggi con il carbon dolce) per i bambini meno buoni. Dagli anni dell’infanzia riemergono ricordi di una notte passata in bianco, facendo capolino dalla porta per spiare l’arrivo della vecchietta, ma niente da fare: nessun curioso è mai riuscito a scorgere la Befana. I dolci tipici differiscono a seconda delle regioni. Tra i più famosi rientrano i Befanini, biscotti di pastafrolla dalle svariate forme decorati con zuccherini colorati.

In Spagna e in molti paesi dell’America Latina

Il 6 Gennaio è il Dìa de Reyes, il “giorno dei Re”. Sono i Re Magi a portare doni ai bimbi: la tradizione vuole che Melchiorre, Gaspare e Baldassarre siano arrivati a Betlemme in groppa, rispettivamente, a un cavallo, un cammello e un elefante che rappresentano i loro paesi di provenienza. La notte di vigilia dell’Epifania, i bambini non vanno a dormire senza aver prima lucidato le proprie scarpe: è lì che i Re Magi depositeranno i regali. Accanto alle scarpe sistemano bicchieri di latte o vin dolce, ciotole di frutta o uno spuntino per rifocillare i Re e i loro animali. Il dolce associato al 6 Gennaio è il Roscòn de Reyes, una ciambella ricoperta di frutta candita pressochè identica alla Rosca de Reyes, la torta degustata in Messico, Argentina, Paraguay e Uruguay.

 

 

In Francia

La torta dei Re la fa da padrone. Nel nord della Francia prende il nome di Galette des Rois, nel meridione è il Gâteau des Rois: in entrambi i casi si tratta di un dolce dalla forma rotonda e ripieno di frutta, sebbene la Galette possa contenere anche cioccolato o frangipane. Nell’ impasto viene nascosta una piccola statuetta, e la persona che la trova nella sua fetta di torta viene eletta Re oppure Regina. Il o la fortunata dovrà adornarsi il capo con la corona di carta abbinata al dolce e potrà, a sua scelta, offrire da bere ai presenti o invitarli nella propria abitazione per proseguire il rituale della torta dei Re fino alla fine di Gennaio.

Nei paesi europei di lingua tedesca

In buona parte della Germania cattolica, in Austria e nella Svizzera tedesca, l’Epifania viene incentrata sulle figure dei Re Magi. La tradizione più diffusa è quella degli Sternsinger, i Cantori della Stella, bambini e ragazzi travestiti da Re Magi (con grandi corone di carta sul capo e una stella di legno dorata unita ad un bastone) che vanno di casa in casa per esibirsi in canti a tema. I Cantori ricevono in cambio offerte in denaro che devolvono a cause benefiche, oppure dolcetti. L’usanza prevede anche che i giovani benedicano le case scrivendo l’anno in corso sopra una porta con un gessetto. Le offerte in denaro ricevute vengono raccolte durante la messa della domenica seguente all’Epifania: i Cantori, che indossano di nuovo i costumi dei Magi, formano veri e propri cortei. Il dolce del 6 Gennaio è la torta dei Tre Re; in Svizzera sono molto diffusi i Buchlten, focaccine unite l’una all’altra delineanti la sagoma di una corona. Come avviene in Francia, chi nel dolce trova un ciondolo o una mandorla viene proclamato Re, ma per un solo giorno.

 

 

In Inghilterra

L’Epifania, o meglio la sua vigilia, coincide con la dodicesima notte del periodo compreso tra Natale e il 6 Gennaio. In tempi molto antichi nei villaggi si esibivano i Mummers (attori dilettanti provenienti dal popolo), il ceppo di Yule ardeva per l’ultima volta nel camino (con il carbone si sarebbe acceso quello dell’anno successivo) e si beveva wassail (sidro di mele con spezie) a fiumi. Fu sulla falsariga di queste tradizioni che William Shakespeare scrisse “La dodicesima notte”, non a caso messa in scena per la prima volta durante la vigilia dell’Epifania del 1601. Riguardo ai dolci, c’è solo l’imbarazzo della scelta: la Twelfth Cake è una torta di frutta, affiancata ai biscotti di zenzero e alla crostata di marmellata a forma di stella. Tra le bevande vince la birra speziata, un richiamo ai doni dei Magi. La Twelfth Cake (dodicesima torta) è la protagonista di un divertente rituale: trovare un fagiolo nero arrosto nel suo impasto dà diritto ad essere eletto Re per un giorno, mentre un chiodo di garofano e un ramoscello indicano, rispettivamente, il cattivo e il beota della situazione.

In Irlanda

E’ una sorta di “Festa delle donne”, non per nulla l’ Epifania viene anche chiamata il “Natale delle donne”: dopo le fatiche e gli impegni culinari delle festività natalizie, le donne si rilassano e vanno a cena insieme al ristorante o al pub; i membri della famiglia le riempiono di regali in segno di amore e di riconoscenza.  Il 6 Gennaio, inoltre, vengono bruciati i rametti di agrifoglio che hanno ornato la casa durante le feste.

 

 

In Bulgaria

L’ Epifania è chiamata Bogoyavlenie, giorno in cui Dio si manifesta. Secondo la tradizione, un sacerdote lancia una croce di legno nell’acqua (di mare, di fiume o di lago) e spetta ai giovani il compito di correre a prenderla. Date le temperature polari del Gennaio bulgaro, colui che la recupera sarà ricoperto di tutti gli onori. Il gesto viene considerato di buon auspicio anche per la salute del nuotatore e di tutta la sua famiglia.

In Romania, Moldavia e Transilvania

La Boboteaza viene celebrata con diversi rituali. Nell’area sud-occidentale della Romania si tengono le corse dei cavalli dell’ Epifania: prima della gara è prevista una benedizione, a gara ultimata i festeggiamenti sono travolgenti; il vincitore si ammanta di un’aura di gran prestigio. I riti associati all’acqua, come in Bulgaria e negli altri paesi ortodossi, sono diffusissimi. Secondo un’antica credenza, se una giovane donna cade in un corso d’acqua il giorno dell’Epifania è destinata a maritarsi entro l’anno. In Transilvania ritroviamo la tradizione dei Cantori della Stella, anche se con differenze sostanziali rispetto ai paesi di lingua tedesca: al posto della stella, i cantori portano con sè una lanterna di vetro in cui è racchiusa un’icona ortodossa.

 

 

In Slovenia

Il 6 Gennaio la tradizione vuole che i bambini bussino di porta in porta e che le famiglie regalino loro noci, mandorle, fichi o dolcetti.

In Russia

L’ Epifania si festeggia il 19 Gennaio e commemora il Battesimo di Gesù. La Grande Benedizione delle Acque è il rito supremo dell’Epifania russa: ci si reca solitamente presso un lago o un fiume per prendere parte a un cerimoniale che risale al 1525. A quell’ epoca, era uno degli eventi più maestosi mai tenutosi alla corte dello Zar. Lo Zar e il Patriarca di Mosca (capo spirituale della Chiesa Ortodossa russa) capeggiavano la processione organizzata dopo la liturgia nella Cattedrale della Dormizione. La meta era il fiume Moscova, nelle cui acque ghiacciate veniva scavato un foro denominato Giordano in onore al fiume in cui fu battezzato Cristo. Un gazebo adornato di icone raffiguranti il suo battesimo si installava sopra la buca, dopodichè il Patriarca benediva lo Zar e i suoi dignitari con la croce che aveva precedentemente immerso nel Moscova. Oggi, durante l’ Epifania, i russi sono soliti ricavare fori che chiamano Giordano nelle acque ghiacciate dei laghi e dei fiumi; è una tradizione recente, inaugurata negli anni ’90, e affida alle acque ritenute sacre il potere di lavare i peccati di coloro che si immergono per tre volte nel Giordano. L’acqua del foro, prima del rito, viene benedetta dal sacerdote ortodosso. Il rituale della Grande Benedizione delle Acque ha luogo in tutte le chiese, dove l’acqua santa viene distribuita ai fedeli affinchè possano portarla nelle proprie case. In generale, per i russi, il giorno dell’Epifania ogni tipo di acqua diviene sacra.

 

 

 

Notte di Natale

 

“Il Natale muove una bacchetta magica sul mondo, e per questo tutto è più dolce e più bello.”
(Norman Vincent Peale)

 

Notte di Natale, la magia è nell’aria. Luci e luminarie risplendono, accendono la notte di bagliori intermittenti. Le vie si svuotano, le finestre accese indicano che nelle case è in corso la cena di Vigilia: è un’immagine che rimanda a un senso di calore, di convivialità familiare. Nelle piazze, il viavai della gente resiste grazie ai mercatini natalizi ancora operativi. C’è chi è in giro per turismo, chi cerca dei regali last minute, chi è solo e non ha parenti o amici con cui riunirsi. Le strade torneranno ad animarsi prima della messa di mezzanotte, ora in cui alcuni preferiscono scartare i pacchetti scintillanti che ha portato “Babbo Natale”. Comunque la si trascorra, la notte di Natale è un’esperienza altamente suggestiva. Ogni anno, la celebrazione della nascita di Cristo impregna di spiritualità e misticismo le ore notturne. Che si creda in Dio o meno, la luce che è venuto a portare Gesù Bambino lambisce chiunque: è difficile non lasciarsi contagiare da questa atmosfera incantata. Descriverla a parole è un compito arduo, le immagini la rievocano con maggior efficacia. Ed è servendosi di un gioco di luci e ombre fortemente evocativo che la nuova photostory di VALIUM vi farà rivivere il mood che aleggia sulla notte più magica dell’anno.

 

 

Foto via Pexels e Unsplash

 

La leggenda di Santa Lucia: il 13 Dicembre del folklore

 

 

Santa Lucia diffondeva la luce dei suoi occhi sulla lunga notte del solstizio.
(Martirologio Romano)

 

Arriva Santa Lucia, la Santa della luce: una delle ricorrenze più importanti del periodo dell’Avvento. VALIUM ha sempre trattato questa festa approfonditamente, evidenziandone vari aspetti a partire dalle celebrazioni organizzate in Svezia (rileggi qui l’articolo). Oggi, invece, rimarremo in Italia e ci concentreremo sulla Lucia del folklore. Perchè la Santa, in certe zone del nostro Paese, è una sorta di precorritrice di Babbo Natale. Ma come nasce questa usanza? Le sue origini si radicano in una leggenda. Santa Lucia, dopo la sua morte, viveva una vita tranquilla nei paesaggi idilliaci del Paradiso. Da San Pietro e gli altri Santi venne accolta con tutti gli onori, fece subito molte amicizie. Però, a poco a poco, la sua serenità iniziale si tramutò in tristezza. Quando San Pietro le chiese quale fosse il problema, Lucia rispose che il pensiero dei bambini che vivevano sulla Terra, in particolare i più bisognosi, le dava tanta malinconia. Allora San Pietro le donò una chiave dorata e le disse che, aprendo una porticina, avrebbe potuto vedere tutti i bambini del mondo. Ma dopo averli guardati per un po’, Lucia scoppiò a piangere: sulla Terra c’erano troppi bambini affamati, che pativano il freddo e non avevano giocattoli con cui giocare. San Pietro, quindi, le diede un’altra chiave e le indicò una nuova porta da aprire. Quando la Santa la spalancò, vide un vero e proprio cumulo di giocattoli, dolciumi, coperte e caldi cappotti. San Pietro le spiegò che appartenevano a dei bambini ricchi e capricciosi: dopo un po’, si erano stancati di quei regali e se ne erano sbarazzati. Aggiunse poi che Lucia avrebbe potuto portare tutto ai bambini poveri, ma aveva a disposizione solo quella notte. Lei accettò con gioia, tuttavia raccogliere la roba accumulata nella stanza non era un compito semplice; San Pietro chiamò dunque Castaldo, un giovanotto robusto che aiutò la Santa di buon grado. Ben presto, il carretto di legno che San Pietro si era procurato si riempì di doni. Lucia era pronta, rimaneva da cercare chi avrebbe trainato il carretto. Insieme a Castaldo e a San Pietro, così, sondò gli animali suoi amici. Ma quando chiese se qualcuno di loro era disposto ad aiutarla, ricevette solo risposte negative. Il gatto disse che l’avrebbe aiutata volentieri, ma era troppo piccolo e gli era impossibile trainare il carretto; il cane che era il miglior amico dell’uomo e doveva rimanere al suo fianco, il bue che era troppo lento, il cavallo che il carretto pesava troppo…Lucia, disperata, si mise a piangere. Il tempo a sua disposizione si sarebbe esaurito velocemente e i bambini poveri avrebbero continuato a patire il freddo carichi di tristezza. Improvvisamente, però, si udì un lungo raglio: era arrivato un asinello, che dichiarandosi forte e veloce si offrì di trainare il carretto ricolmo di doni. Lucia ne fu felicissima, lo abbracciò e prese a battere le mani. Da allora, nella notte tra il 12 e il 13 Dicembre, Santa Lucia, Castaldo e l’asinello tornano ogni anno a portare regali ai bimbi buoni.

 

 

La tradizione di Santa Lucia portatrice di doni è diffusa in molte regioni e province dell’ Italia settentrionale: la ritroviamo in Trentino, a Udine e nella sua provincia; in Lombardia Santa Lucia si festeggia nelle province di Brescia, Bergamo, Lodi, Cremona e Mantova, mentre in Veneto il carretto della Santa “arriva” a Verona e nell’area Sud-Ovest della regione. In Emilia Romagna, invece, sono coinvolte le province di Parma, Piacenza e Reggio Emilia. Secondo il folklore popolare, la sera del 12 Dicembre Lucia scende dal cielo vestita interamente di bianco, un chiaro emblema di luminosità (non dimentichiamo che, in questo periodo dell’anno, gli antichi popoli celebravano il graduale ritorno della luce). Il carretto ricolmo di doni viene trainato dall’asinello e accanto alla Santa c’è Castaldo, che l’aiuta nella consegna dei regali. L’usanza vuole che sul portone di casa o sul davanzale si lascino biscotti e vin santo per Lucia e fieno e carote, oppure latte, per l’asinello, un animale generoso e umile che aiuta l’uomo nei lavori più pesanti. Quando il carretto percorre le vie dei paesi, Santa Lucia suona un campanellino d’argento: in quel momento i bambini devono essere tutti a letto, altrimenti non riceveranno alcun dono. E a chi non dorme, o rimane sveglio per vederla entrare nella propria casa, la Santa lancerà cenere negli occhi per impedirgli di scorgerla e dimenticarla nel caso l’abbia vista. La conditio sine qua non per ricevere i regali, insomma, è essere un “bravo bambino”. E i bravi bambini vanno a letto presto, ma soprattutto non cercano di spiare il passaggio di Santa Lucia.

 

 

Anche perchè ai bambini che si comportano male, la Santa consegna del carbone anzichè i regali: un dettaglio che rievoca la figura della Befana. C’è un altro particolare importante, legato alla tradizione. La stesura, cioè, di una lettera dove i bambini scrivono l’elenco dei doni che vorrebbero ricevere, con la promessa di tenere, in cambio, un comportamento impeccabile in qualsiasi circostanza. La lettera (che ricorda quelle scritte a Babbo Natale) viene affiancata agli omaggi per la Santa e l’asinello la sera del 12 Dicembre. La mattina dopo, i bambini potranno ammirare i propri doni in tutta la loro magnificenza.

 

 

Le tradizioni che variano di zona in zona mirano a tener viva la leggenda di Santa Lucia, e la onorano in diversi modi. In provincia di Cremona, ad esempio, i bimbi preparano personalmente i biscotti che offrono alla Santa: si mettono al lavoro nel pomeriggio per averli già pronti per la sera. La “strozega”, invece, è una parata che i bambini effettuano in Trentino e nell’area del Garda; mentre avanzano, trascinano una corda a cui sono legati svariati barattoli di latta: un modo per farsi udire da Santa Lucia, che non può vederli essendo priva degli occhi. Questa sfilata viene organizzata ogni 12 Dicembre. Non mancano, poi, le fiere e i mercatini intitolati alla Santa. A Verona, dal 10 al 13 Dicembre si tiene una fiera composta da oltre 300 bancarelle: i Banchetti di Santa Lucia. Tra prodotti dolciari, tipicità gastronomiche, decorazioni natalizie e artigianato locale non mancano le caratteristiche  “frolle” di Santa Lucia, dei biscotti a base di farina, burro e zucchero a forma di stella, albero di Natale, cuore e così via. La sera del 12, tutta la famiglia è coinvolta dall’arrivo della Santa: dopo cena, ognuno mette a tavola un piatto vuoto cosicchè, durante la notte, Lucia lo possa riempire di dolciumi. Anche a Bergamo è in programma un mercatino, dove i profumi e i sapori del Natale danno vita a un appuntamento irrinunciabile; secondo la tradizione, inoltre, i bambini consegnano le loro lettere a Santa Lucia nella chiesa che le è stata dedicata. In molti paesi della provincia di Bergamo, la Santa distribuisce i suoi doni in piazza: i bambini, per riceverli, si riuniscono proprio lì. Questo tipo di evento è generalmente organizzato dai vari Comuni. Com’è ovvio, è impossibile citare qui tutte le iniziative dedicate alla festa del 13 Dicembre; ciò che conta, è cogliere il significato atavico insito nelle celebrazioni di Santa Lucia: la luce che trionfa, seppure impercettibilmente, sul buio; il bene che trionfa sul male. Perchè il giorno che segue alla cosiddetta “notte più lunga dell’anno” assume una profonda valenza simbolica. Da qui l’importanza rivestita dalle candele, emblemi di luminosità per eccellenza insieme alle fiaccole e i falò che si accendono, non a caso, durante il Solstizio d’Inverno.

 

 

Illustrazione di copertina di Jenny Nyström, immagini via Pixabay

 

Il libro di fiabe

 

” Quando la mamma tira fuori l’ultimo pacchetto dalla cesta, capisco dalla forma che si tratta di un libro. Ma non è per me. Devono evidentemente aver deciso che questa volta mi tocca farne senza. E invece il pacchetto è proprio destinato a me e, quando lo prendo in mano, ho l’assoluta certezza che si tratti di un libro. Divento rossa di gioia e lancio quasi un grido nell’impazienza di farmi passare le forbici e tagliare i nastri. Strappo la carta con foga ed eccomi davanti agli occhi il più bel libro del mondo, un libro di fiabe. È quello che arrivo a capire dalla figura della copertina. Sento che tutti intorno al tavolo mi guardano. Sanno benissimo che questo è il mio più bel regalo, l’unico che mi rende davvero felice. “Che libro hai ricevuto?” chiede Daniel allungandosi verso di me. Lo apro e resto lì a fissare il frontespizio a bocca aperta. Non capisco una parola. “Fammi vedere!” dice, e legge: “Nouveaux contes de fées pour les petits enfants par Madame la Comtesse de Ségur.” Daniel chiude il libro e me lo restituisce. “È un libro di fiabe in francese”, commenta. “Avrai di che divertirti.” Ho preso lezioni di francese da Aline Laurell per sei mesi, ma sfogliando le pagine del libro mi rendo conto che non capisco niente. Ricevere un libro in francese è quasi peggio che non riceverne neanche uno. Faccio fatica trattenere le lacrime. Ma per fortuna mi cade l’occhio su una delle figure. La più incantevole principessina del mondo viaggia in una carrozza tirata da due struzzi e, a cavallo di uno dei due struzzi, c’è un paggetto in alta livrea con lo stemma ricamato e le piume sul cappello. La principessina ha le maniche a sbuffo e una sontuosa gorgiera. Gli struzzi hanno in testa alti pennacchi e le redini sono ornate di grosse catene d’oro. Non si può immaginare niente di più bello. Man mano che sfoglio, trovo un vero e proprio tesoro di illustrazioni, altere principesse, re maestosi, nobili cavalieri, fate raggianti, orribili streghe, meravigliosi castelli fatati. No, non è un libro per cui piangere, anche se è in francese. Per tutta la notte di Natale me ne sto sdraiata a guardare le figure, soprattutto la prima, con gli struzzi. Mi basta quella per passarci ore. Il giorno di Natale, dopo la messa di primo mattino, tiro fuori un dizionario di francese e mi lancio nella lettura. È difficile. L’ho studiato solo con il metodo Grönlund. (…) Il libro inizia così: Il y avait un roi. Cosa mai vorrà dire? Mi ci vuole quasi un’ora per arrivare a capire che va tradotto: “C’era una volta un re.” Ma le figure mi affascinano. Devo capire cosa rappresentano. Provo a indovinare, cerco nel dizionario e, riga per riga, vado avanti. E alla fine delle vacanze di Natale, quel meraviglioso libretto mi ha insegnato più francese di quanto ne avrei mai potuto imparare in tanti anni di metodo Aline Laurell e Grönlund. “

Selma Lagerlof, da “Il libro di Natale”

 

 

La calza della Befana

 

” Ecco l’origine dell’uso di esporre le scarpe sulle finestre, la sera dell’Epifania, uso tradizionale nei bimbi. E’ certo che i signori Re magi, per venire da noi, hanno fatto un lunghissimo viaggio – e i viaggi sciupano le scarpe – quindi, è pur certo, che la migliore offerta che noi possiamo far loro, allorché passano da casa nostra, sia quella,… delle scarpe. Essi poi gentilmente contraccambiano l’offerta con qualche loro mercanzietta, dolci, giochi ecc…. e di ciò i bimbi li ringraziano cordialmente. “

Carlo Dossi, da “Note Azzurre”

 

Buona Epifania. Il termine, derivante dal greco antico, è composto da un incrocio tra il verbo “epifàino” e il sostantivo “epifàneia” (che significano rispettivamente “mi rendo manifesto” e “apparizione divina”), ed indica il momento in cui la divinità di Gesù Cristo si è palesata all’ umanità. La Cometa, con la sua luce suprema, l’ha annunciata al mondo: il suo splendore era tale che un trio di sapienti astrologi e sovrani, i Re Magi, decise di recarsi a Betlemme seguendo quella scia luminosa. I Magi provenivano da tre diversi continenti, l’Asia, l’Europa e l’Africa, e desideravano rendere omaggio a Gesù Bambino. Si chiamavano Gaspare, Melchiorre e Baldassarre. Avevano tratti somatici e colore della pelle tipici delle loro terre, tre età differenti: dettagli che simbolizzavano la gioia per la nascita del bambinello da parte di tutti i popoli e di ogni generazione. I Re Magi portavano con sè dei doni destinati a Gesù Cristo. Gaspare gli offrì l’incenso per celebrare la sua divinità, Baldassarre la mirra (utilizzata per i riti di imbalsamazione) poichè era un essere mortale, Melchiorre l’ oro, che inneggiava alla regalità e alla luce del Re dei Re.

 

 

Fu durante il viaggio dei Magi a Betlemme che, secondo una leggenda, entrò in scena la Befana. I tre Re chiesero informazioni sul tragitto a una vecchietta che incontrarono strada facendo, dopodichè la invitarono a unirsi a loro per far visita a Gesù Bambino. La donna rifiutò, ma se ne pentì subito dopo. Prese dunque un gran cesto e lo riempì di dolci, poi si avviò verso Betlemme in cerca dei Magi. Non riuscì a raggiungerli, così vagò di casa in casa regalando i suoi dolciumi ai bimbi con la segreta speranza di imbattersi nel piccolo Gesù. Ecco come nacque la figura della Befana, una vecchina che ogni 6 Gennaio dispensa doni ai bambini buoni. La classica calza che quella notte si appende al cammino, possiede un significato simbolico ben preciso. Alcuni la riconducono a una leggenda che vede protagonisti Numa Pompilio, secondo re di Roma, e la ninfa Egeria: quando arrivava il Solstizio d’Inverno, Numa Pompilio era solito far penzolare una calza dal tetto della grotta abitata da Egeria. Il giorno dopo gioiva nel trovarla ricolma di cibi e dolci, insieme alle profezie che la ninfa gli annunciava. Tra le usanze del 6 Gennaio, la calza è senz’altro la più celebre. Di solito veniva realizzata a maglia dalle mamme o dalle nonne per unire l’ utile al dilettevole, una buona protezione contro il freddo e un contenitore duttile che potesse riempirsi del maggior numero di regali possibile. I bambini appendevano le calze della Befana sotto la cappa del camino, poichè si pensava che la bonaria vecchina si calasse nelle case attraverso il comignoli (per saperne di più sulle origini della Befana, rileggi qui l’ articolo che ho pubblicato su Frau Holle, Berchta e Frigg). All’ alba del 6 Gennaio, la calza era piena di primizie tipicamente stagionali: arance, mele, frutta secca e mandarini inneggiavano al nuovo ciclo naturale ed avevano una valenza propiziatoria. Persino il carbone era un importante componente della calza, dato che richiamava i tradizionali falò del Solstizio d’Inverno. Con il tempo, tuttavia, il carbone si tramutò nel regalo che ricevevano i bambini cattivi, una sorta di castigo per il loro comportamento. Qualche decina di anni orsono, era comune trovare nelle calze – oltre alla frutta – torroncini, dolciumi, cioccolato a forma di moneta rivestito di carta stagnola. Il carbone, diventando carbon dolce, ammoniva scherzosamente i fanciulli più “scavezzacollo”.

 

 

Non tutti i bambini, però, avevano l’abitudine di appendere la calza al camino. La Befana viene rappresentata da sempre come un’ anziana signora non esattamente attenta al proprio look: calza scarpe logore, indossa abiti stracciati e i suoi capelli bianchi vedono il pettine molto di rado. Da qui l’ usanza di mettere un paio di scarpe nuove nel caminetto; la Befana le avrebbe prese con sè prima di lasciare i suoi doni, oppure le avrebbe riempite di regali e dolci. Calze o scarpe che fossero, l’atmosfera che aleggiava nelle notti d’Epifania della nostra infanzia è indimenticabile. Si restava svegli fino all’ alba cercando di “cogliere in flagrante” la Befana, e alle prime ore del mattino ci si precipitava a controllare i pacchi e i pacchetti ammucchiati nel camino. Ricordo che ero solita far trovare alla Befana un bicchiere di vino e un sacchetto di biscotti, cosicchè potesse rifocillarsi durante il suo peregrinare sui tetti. Cerchiamo di vivere appieno questa giornata e di ripristinarne la magia, perchè, come dice un proverbio, “L’ Epifania tutte le feste porta via”: è una triste realtà.

 

Immagini via Rawpixel

 

“Vennari – Milk and Diamonds”: Roberto Ferlito per Vennari negli scatti di Diego Diaz Marin

 

Natale: tempo di party, di bagliori….e di preziosi regali. Tre elementi che a fine anno si intrecciano in uno scintillante, irresistibile connubio. Electric Bands, la nuova capsule collection creata per Vennari da Roberto Ferlito, lo incarna in pieno nella fusione tra l’ heritage orafo dello storico marchio fiorentino di Haute Joaillerie e l’ iconico design sculturale del direttore creativo di Schield (leggi l’ intervista di Roberto Ferlito per VALIUM qui). La capsule è composta di 5 pezzi in oro 18 carati sapientemente lavorati a mano: un choker, orecchini, orecchini pendenti, un anello e un braccialetto, tutti a foggia di fascetta stringi-cavo e con chiusura regolata da una vite con pomello.  Le viti sono disponibili anche singole, impreziosite da pietre come lo zaffiro, il diamante o il peridoto  per creare un mix and match personalizzato da accenti di colore. Raffinatissima ma unconventional, Electric Bands esalta uno chic senza tempo che tramuta dei veri e propri statement jewels in accessori must della quotidianità. Gli scatti in cui Diego Diaz Marin (trovi qui la sua ultima campagna per Schield pubblicata da VALIUM) immortala la capsule sono, come sempre, di straordinario impatto visivo. La protagonista della photostory – che significativamente si intitola “Vennari -Milk and Diamonds” – è immersa in una vasca da bagno piena di latte, indossa un bustier nero e i gioielli che sfogga la rendono regale. Fa pensare a una Cleopatra o a una Poppea contemporanee (entrambe adoravano bagnarsi nel latte), ma calate in un recipiente magico degno di Alice nel Paese delle Meraviglie:  in superficie galleggiano fiori, fette di pompelmo, spuntano polipi che si abbarbicano sul décolleté della modella. Strumenti della vanità femminile o elementi surreali che si materializzano? Sta a noi decidere. Quel che è certo è che, in questa campagna, il genio visionario di Diego Diaz Marin e la profonda eleganza dei gioielli di Roberto Ferlito per Vennari si esaltano e valorizzano a vicenda.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CREDITS

Photographed by Diego Diaz Marin

Styled by Giulia Vennari

Hair and make up by Giulia Avarello

Model: Cloe (Casting Models)