La villa sull’ Appia Antica

 

“Entra nella nostra vita Franco, di cui all’ epoca non so nulla, solo che è un pittore. Ha la mascella squadrata, è affettuoso con me e tumultuoso con la mamma, percepisco l’ effervescenza del loro amore, si respira nell’aria. Li vedo abbracciarsi, inseguirsi, bramarsi, in continuo movimento, sembrano cavi elettrici senza guaina. Sono pazzamente innamorati e il mondo è ai loro piedi, tanto che a un certo punto ci trasferiamo sull’ Appia Antica, in una villa di Carlo Ponti, il famoso produttore cinematografico nonchè marito di Sophia Loren. Una casa enorme, dove decidono di costruire una piscina, abusiva naturalmente, infatti dalla terra rinvengono piatti di oro zecchino, resti archeologici, che si “grattano” gli operai. La sala da pranzo è una catacomba, lo studio di Franco un giardino di inverno, ci sono i suoi quadri poggiati sopra le poltrone, barattoli, pennelli, un odore fortissimo di acquaragia che mi piace da pazzi, come il disordine di quella stanza piena di taglierini, forbici, scotch, colla e macchie di colore ovunque (…). Un camino di pietra gigantesco scalda il salone: le stanze si riempiono spesso di amici di ogni genere, le feste sono improvvise, rocambolesche, divertentissime. Lo champagne scorre a fiumi, la mamma è un giro di giostra. Selvatica, a piede libero, non indossa mai le mutande. Un giorno decide di disfarsi di tutti i bagagli della sua amica Pia, una modella brasiliana che spesso è ospite da noi, che entra ed esce da casa con gran disinvoltura. La mamma è scocciata con lei, perchè non va più via, quella che doveva essere una delle sue visite si è trasformata in una vacanza in pianta stabile, per questo decide di buttare tutte le sue valigie e tutti i suoi vestiti nel bosco antistante la grande villa. Mi coinvolge nell’ avventura, lo vivo come un gioco assurdo e provocatorio, liberarsi assieme degli abiti dell’ amica. Insieme alla mamma li lancio tra i rovi: magliette, jeans, cinte e sandali. Lancio tutto quello che mi viene alle mani. Mi diverto con lei. E soffro quando non c’è. “

 

Lucrezia Lante della Rovere, da “Apnea. La mia storia”

 

 

Foto: Luca di Ciaccio via Flickr, CC BY-NC-SA 2.0

 

La colazione di oggi: un assaggio di San Valentino a base di frutti di bosco

 

La colazione di oggi è un dolcissimo “assaggio” di San Valentino: una torta completamente rivestita di glassa rosa e circondata da macarons che alternano la stessa tinta a un bianco candido, il colore della neve. A decorarla è un tripudio monocromo di frutti di bosco, more e mirtilli di un profondo viola. Cospargono la superficie della torta donandole un aspetto genuino, invitante, che rievoca spensierate spedizioni alla ricerca di bacche. I benefici che apportano questi frutti selvatici sono innumerevoli: abbondano di vitamina C e A, di sali minerali e fibre, ma non di zuccheri, il che esalta le loro virtù diuretiche e depurative. La presenza dei flavonodi, insieme a quella degli antociani, li rende dei potenti antiossidanti. Hanno una spiccata proprietà antinfiammatoria, prevengono le patologie cardiovascolari, sono un toccasana per l’ intestino e per le arterie . C’è qualcos’altro, però, che dota le more e i mirtilli di un appeal incomparabile: le leggende che li circondano. La mora, in particolare, ha una “reputazione” ambivalente. Gli antichi romani la consideravano sacra e la associavano a Saturno, i poeti ornavano il Paradiso di rovi nei loro versi, mentre gli agricoltori a tutt’oggi la detestano perchè si diffonde ovunque con rapidità estrema. Inoltre, la mora non tiene conto della location al momento di crescere: basta una posizione assolata, tutto il resto (panorami desolanti, case diroccate, squallore) è irrilevante. Secondo una leggenda, quando il Diavolo venne cacciato dal Paradiso piombò in un groviglio di rovi. L’ episodio lo fece talmente infuriare che, da allora, ogni 11 Ottobre (il giorno della sua caduta) emerge dall’ Inferno per maledire il cespuglio di more e le sue spine. Dopo quella data, pare che i frutti del rovo comincino a marcire lentamente. Il mirtillo, da parte sua, è legato a una leggenda tutto fuorchè cruenta: si narra che tre giovani fratelli fuggirono di casa e che finirono in luoghi sperduti e lontani. Un giorno, cibandosi dei frutti di tre mirtilli che trovarono lungo il cammino, ritrovarono la saggezza. Tornarono immediatamente dai loro genitori, con cui vissero all’ insegna di una nuova armonia. Ecco perchè il mirtillo viene considerato il frutto-emblema di un buon rapporto tra genitori e figli. Ma è anche ricco di significati ulteriori: essendo uno dei primi alimenti di cui si è nutrito l’uomo, simbolizza la cura, il sostentamento, connettendosi alla dimensione del femminile. Si dice, poi,  che sia miracoloso per la vista, che abbia il potere di farla riacquistare a chi l’ ha perduta. Non è un caso che lo si associ alla pratica della divinazione. La colazione di oggi, in conclusione, ha un sapore unico e speciale: ostenta un fascino antico, profondamente intrigante, che affonda le radici nel primordiale.