Le Frasi

 

” Il sole, il vento leggero, il candore degli asfodeli, l’azzurro crudo del cielo, tutto lascia immaginare l’estate, la dorata gioventù che copre allora la spiaggia, le lunghe ore sulla sabbia e la dolcezza improvvisa delle sere.”

(Albert Camus, da “L’estate e altri viaggi solari”, Bompiani, tradotto da Ettore Capriolo e Sergio Morando)

 

Le ondate di sabbia del Sahara: cause e rischi

 

“Piove” di nuovo sabbia sulle nostre strade: un fitto pulviscolo proveniente dal deserto del Sahara ricopre le auto, l’asfalto, i mezzi a due ruote. A volte la polvere rossa è individuabile mentre aleggia nell’aria; altre volte è impercettibile, distinguibile solo quando si posa sulle superfici. Più spesso, però, è ben visibile nel cielo, che tinge di un colore giallo-arancio. In questi giorni, l’ondata di sabbia sahariana sta invadendo l’Italia, la Francia e diversi paesi dell’Europa centrale. Poi proseguirà in direzione Sud-Est e nell’area del Mediterraneo Orientale. Si tratta di un fenomeno direttamente associato all’anticiclone africano, che ha ormai definitivamente soppiantato l’anticiclone delle Azzorre, quello che contraddistingueva le estati miti (e non bollenti) degli anni scorsi. L’asse inclinato dell’area di alta pressione, combinato con gli sferzanti venti che giungono da Sud, determina lo spostamento del pulviscolo sahariano e la sua traiettoria; in Italia è arrivato mercoledì e fino a venerdì si è abbattuto sul Centro-Nord, mentre nel weekend si dirigerà verso Sud.

 

 

Ma quali rischi comporta, per la salute, un simile avvenimento? Come cambia la qualità dell’aria, quando si impregna di sabbia del Sahara? Secondo Alessandro Miani, presidente della Sima (Società Italiana di Medicina Ambientale), non si tratta di sabbia bensì di polveri sottili depositatesi sul più grande deserto del globo. Al contrario della sabbia, infatti, queste polveri possono volare con il vento e percorrere lunghissime distanze: pare che ogni anno se ne librino nell’aria 180 milioni di tonnellate. Il pericolo è rappresentato dai metalli pesanti presenti internamente alle polveri, e al mix che si origina quando vengono a contatto con gli inquinanti atmosferici: inalando questa miscela di sostanze, soggetti a rischio come chi è affetto da patologie respiratorie, anziani, bambini e cardiopatici, potrebbero risentirne. Sarebbe quindi opportuno esporsi il meno possibile alle polveri provenienti dal Sahara.

 

 

In base a uno studio dell’Università di Lancaster, la sabbia del deserto nordafricano si presenta di colore rosso in quanto è ricca di ossidi di ferro, la cui principale caratteristica è l’essere magnetici. In particolare l’ossido di ferro (III), che veniva utilizzato in tutti i supporti adibiti alla registrazione. A monte delle ondate di sabbia sahariana, comunque, è pressochè certo che ci siano il riscaldamento globale e i fenomeni atmosferici ad esso collegati. In parole povere, anche l’arrivo della sabbia del deserto sarebbe una delle nefaste conseguenze dei cambiamenti climatici. E’ questo il motivo per cui il CAMS (Copernicus Atmosphere Monitoring Service) sta monitorando costantemente l’atmosfera allo scopo di rilevare le variazioni nella qualità dell’aria rispetto a un fenomeno ormai sempre più frequente.

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Ode alla Natura e ai Quattro Elementi

 

Ristabilire un contatto con la natura, il nostro habitat primigenio. Riscoprire la sua meraviglia, la sua infinita perfezione. Ripristinare un contatto fisico con il suolo, camminando a piedi nudi: che si tratti di sabbia, terra, erba o un campo di papaveri non importa, ciò che conta è sentirsi un tutt’uno con la Madre Terra. Rimanere senza fiato davanti alla rigogliosità dei boschi, l’immensa distesa del mare, la suggestività di un lago. Estasiarsi di fronte a un’alba, un tramonto, il crepuscolo e le sue luci soffuse. Riconnettersi con la natura è riconnettersi con i quattro elementi, trait d’union per eccellenza tra il microcosmo dell’uomo e il macrocosmo naturale: in tutte le cosmogonie, il loro equilibrio garantiva la sopravvivenza umana e cosmica. Riconnettersi con la natura è avvalersi dei cinque i sensi per riallacciare un legame con il nostro pianeta e le sue bellezze. Ho voluto dedicare la nuova photostory di VALIUM proprio a questo concetto.

 

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Salsedine: la collezione PE 2023 di Federico Cina si ispira ai colori e alla suggestività della Salina di Cervia

 

La palette esplora tutte le nuance del beige, del sabbia e del panna, sebbene non manchino tocchi di rosa, grigio, celeste e nero. Le forme sono disinvolte ma sensuali, sovrapposizioni e asimmetrie regnano sovrane. Tessuti e fantasie eterogenei convivono, esaltando drappeggi, increspature e pattern che sembrano finissime cesellature (infatti sono stati realizzati a mano). Il mood è decisamente avantgarde. La collezione Primavera Estate 2023 di Federico Cina non passa inosservata: ammalia sia grazie ai look che ai dettagli preziosi, frutto di una perizia sartoriale doc.

 

 

L’ispirazione a cui attinge il giovane designer nato a Sarsina, un comune in provincia di Forlì-Cesena, prende vita da luoghi e atmosfere della Romagna, la sua regione, dove ha scelto di tornare dopo gli studi fiorentini al Polimoda ed esperienze lavorative internazionali. Le radici, i valori e la cultura romagnola sono dei leitmotiv costanti, per Federico Cina. La collezione Primavera Estate 2023 non sfugge alla regola: intitolata “Salsedine”, è focalizzata sulla Salina di Cervia e sul suo parco naturale a sud del delta del Po. Uno scenario futuribile, dove le montagne di sale assumono colori cangianti che spaziano dal rosa al ruggine e riflettono i bagliori delle pozze d’acqua lambite dal sole. Sale e acqua si alternano in una distesa sconfinata, contraddistinta da panorami mozzafiato e da specie botaniche e faunistiche rare. Basti pensare che la Salina, per fare solo un esempio, è popolata da ben 2000 fenicotteri rosa. Quando di sera cala il silenzio, le montagne di sale emanano la stessa suggestività delle dune del deserto. Federico Cina ha rielaborato quel paesaggio avveniristico, le sue sfumature, l’idea della salsedine rimasta impressa sul corpo, dando vita a una collezione intrisa di fascino che conquista al primo istante.

 

 

 

La collezione di sabbia

 

” C’è una persona che fa collezione di sabbia. Viaggia per il mondo, e quando arriva a una spiaggia marina, alle rive d’un fiume o d’un lago, a un deserto, a una landa, raccoglie una manciata d’arena e se la porta con sé. Al ritorno, l’attendono allineati in lunghi scaffali centinaia di flaconi di vetro entro i quali la fine sabbia grigia del Balaton, quella bianchissima del Golfo del Siam, quella rossa che il corso del Gambia deposita giù per il Senegal, dispiegano la loro non vasta gamma di colori sfumati, rivelano un’uniformità da superficie lunare, pur attraverso le differenze di granulosità e consistenza, dal ghiaino bianco e nero del Caspio che sembra ancora inzuppato d’acqua salata, ai minutissimi sassolini di Maratea, bianchi e neri anch’essi, alla sottile farina bianca punteggiata di chiocciole viola di Turtle Bay, vicino a Malindi nel Kenia. (…) Passando in rivista questo florilegio di sabbie, l’occhio dapprima coglie soltanto i campioni che fanno più spicco, il color ruggine d’ un letto secco di fiume del Marocco, il bianco e nero carbonifero delle isole Aran, o una mescolanza cangiante di rosso bianco nero grigio che sull’ etichetta porta un nome ancor più policromo: isola dei Pappagalli, Messico. Poi le differenze minime tra sabbia e sabbia obbligano a un’ attenzione sempre più assorta, e così a poco a poco s’entra in un’ altra dimensione, in un mondo che non ha altri orizzonti che queste dune in miniatura, dove una spiaggia di sassolini rosa non è mai uguale a un’altra spiaggia di sassolini rosa (mescolati coi bianchi in Sardegna e nelle isole Grenadine dei Caraibi; mescolati coi grigi a Solenzara in Corsica), e una distesa di minuscola ghiaia nera a Port Antonio in Giamaica non è uguale a una dell’ isola Lanzarote nelle Canarie, nè a un’altra che viene dall’ Algeria, forse in mezzo al deserto. Si ha l’ impressione che questo campionario della Waste Land universale stia per rivelarci qualcosa d’importante: una descrizione del mondo? un diario segreto del collezionista? o un responso su di me che sto scrutando in queste clessidre immobili l’ora a cui sono giunto? Tutto questo insieme, forse. “

Italo Calvino, da “Collezione di sabbia”

L’ uomo che dipingeva il mare

 

” Sabbia a perdita d’occhio, tra le ultime colline e il mare – il mare – nell’aria fredda di un pomeriggio quasi passato, e benedetto dal vento che sempre soffia da nord. La spiaggia. E il mare. Potrebbe essere la perfezione – immagine per occhi divini – mondo che accade e basta, il muto esistere di acqua e terra, opera finita ed esatta, verità – verità – ma ancora una volta è il salvifico granello dell’ uomo che inceppa il meccanismo di quel paradiso, un’ inezia che basta da sola a sospendere tutto il grande apparato di inesorabile verità, una cosa da nulla, ma piantata nella sabbia, (…) minuscola eccezione, posatasi sulla perfezione della spiaggia sterminata. A vederlo da lontano non sarebbe che un punto nero: nel nulla, il niente di un uomo e di un cavalletto da pittore. Il cavalletto è ancorato con corde sottili a quattro sassi posati nella sabbia. Oscilla impercettibilmente al vento che sempre soffia da nord. L’ uomo porta alti stivali e una grande giacca da pescatore. Sta in piedi, di fronte al mare, rigirando tra le dita un pennello sottile. Sul cavalletto, una tela. E’ come una sentinella – questo bisogna capirlo – in piedi a difendere quella porzione di mondo dall’ invasione silenziosa della perfezione, piccola incrinatura che sgretola quella spettacolare scenografia dell’ essere. Giacchè è sempre così, basta il barlume di un uomo a ferire il riposo di ciò che sarebbe a un attimo dal diventare verità e invece immediatamente torna ad essere attesa e domanda, per il semplice e infinito potere di quell’ uomo che è feritoia e spiraglio, porta piccola da cui rientrano storie a fiumi e l’immane repertorio di ciò che potrebbe essere, squarcio infinito, ferita meravigliosa, sentiero di passi a migliaia dove nulla più potrà essere vero ma tutto sarà – proprio come sono i passi di quella donna che avvolta in un mantello viola, il capo coperto, misura lentamente la spiaggia (…) L’ uomo non si volta neppure. Continua a fissare il mare. Silenzio. Di tanto in tanto intinge il pennello in una tazza di rame e abbozza sulla tela pochi tratti leggeri. Le setole del pennello lasciano dietro di sè l’ ombra di una pallidissima oscurità che il vento immediatamente asciuga riportando a galla il bianco di prima. Acqua. Nella tazza di rame c’è solo acqua. E sulla tela, niente. Niente che si possa vedere. “

Alessandro Baricco, da “Oceano mare”

Pallide stelle sull’ acqua sacra

 

” E di notte il fiume scorre, pallide stelle sull’acqua sacra, alcune affondano come veli, altre sembrano pesci, la grande luna che una volta era rosea adesso è alta come latte fiammeggiante e agita il suo candido riflesso verticale e profondo nella corrente scura del letto del fiume che crea una massa turbinosa. (…) I bambini sono usciti per l’ ultimo gioco, le madri fanno piani per il giorno dopo e riordinano in cucina, lo puoi sentire da fuori, nei frutteti dalle foglie fruscianti, nell’ ondeggiare del granturco, nella notte che diffonde il dolce fruscio di mille foglie, notte di sospiri, di canzoni e di sussurri. Mille cose su e giù per la via, profonde, graziose, pericolose, che respirano, pulsano come stelle; un fischio, un debole grido; il flusso di Lowell sui tetti lì in fondo; il barcone sul fiume, l’oca selvatica della notte che ciarla, si immerge nella sabbia, e luccica; lo sciabordio ululante e il sussurro e l’adorato mistero sulla riva; buio, sempre buio, le furbe labbra invisibili del fiume che mormorano baci, che mangiano la notte, che rubano la sabbia, furtive. ” Mag-gie!” i bambini chiamano sotto il ponte della ferrovia dove stanno nuotando. Il treno merci risuona ancora, lungo cento carrozze, le macchine gettano bagliori sui piccoli bagnanti bianchi, cavallini di Picasso della notte, densi e tragici, dalla tristezza giunge la mia anima cercando quello che c’era e che è scomparso, perduto, in fondo a un sentiero – la tristezza dell’ amore. Maggie, la ragazza che ho amato. 

 

Jack Kerouac, da “Maggie Cassidy”

Le Frasi

 

” Vedere un mondo in un granello di sabbia
E un paradiso in un fiore selvatico,
Tenere l’infinito nel palmo della mano,
E l’eternitá in un’ora. “

(William Blake)

Il viaggio

 

” Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: “Non c’è altro da vedere”, sapeva che non era vero. La fine di un viaggio è solo l’inizio di un altro. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l’ombra che non c’era. Bisogna ritornare sui passi già fatti, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre. Il viaggiatore ritorna subito. “

José Saramago, da “Viaggio in Portogallo”

Il deserto e il pozzo nascosto

 

” Era stanco. Si sedette. Mi sedetti accanto a lui. E dopo un silenzio disse ancora: ” Le stelle sono belle per un fiore che non si vede…” Risposi: “Già,” e guardai, senza parlare, le pieghe della sabbia sotto la luna. “Il deserto è bello,” soggiunse. Ed era vero. Mi è sempre piaciuto il deserto. Ci si siede su una duna di sabbia. Non si vede nulla. Non si sente nulla. E tuttavia qualche cosa risplende in silenzio…”Ciò che abbellisce il deserto,” disse il piccolo principe, “è che nasconde un pozzo in qualche luogo…” Fui sorpreso di capire d’un tratto quella misteriosa irradiazione della sabbia. Quando ero piccolo abitavo in una casa antica, e la leggenda raccontava che c’era un tesoro nascosto. Naturalmente nessuno ha mai potuto scoprirlo, ne forse l’ha mai cercato. Eppure incantava tutta la casa. La mia casa nascondeva un segreto nel fondo del suo cuore… “Sì, ” dissi al piccolo principe, “che si tratti di una casa, delle stelle o del deserto, quello che fa la loro bellezza è invisibile.” “Sono contento,” disse il piccolo principe, “che tu sia d’accordo con la mia volpe.” Incominciava ad addormentarsi, io lo presi tra le braccia e mi rimisi in cammino. Ero commosso. Mi sembrava di portare un fragile tesoro. (…) E siccome le sue labbra semiaperte abbozzavano un mezzo sorriso mi dissi ancora: ” Ecco ciò che mi commuove di più in questo piccolo principe addormentato: è la sua fedeltà a un fiore, è l’immagine di una rosa che risplende in lui come la fiamma di una lampada, anche quando dorme…” E lo pensavo ancora più fragile. Bisogna ben proteggere le lampade: un colpo di vento le può spegnere…E così, camminando, scoprii il pozzo al levar del sole. “

 

Antoine de Saint-Exupéry, da “Il Piccolo Principe”