13 Gennaio, festa di San Canuto: in Svezia, Finlandia e Norvegia la stagione natalizia termina solo in quella data

Natale in Svezia

Esistono paesi dove le festività natalizie non terminano con l’Epifania. Sapevate, ad esempio, che in alcune località scandinave si concludono solo il 13 Gennaio? E’ una data che cade una settimana dopo la festa della Befana e coincide con la solennità di San Canuto: esattamente, cioè, il ventesimo giorno successivo al Natale. San Canuto sancisce la conclusione del periodo natalizio in Svezia, Finlandia e buona parte della Norvegia. Non si tratta di una festa di precetto, nè di un giorno festivo; anticamente, la ricorrenza del 13 Gennaio era intitolata a San Canuto, duca dello Schleswig e figlio del re di Danimarca Eric I, ma molti anni dopo venne dedicata a Canuto IV di Danimarca, martire, santo e re oltre che patrono di questo paese. In Svezia, quindi, la stagione natalizia dura un mese intero: ha inizio con la festa di Santa Lucia, il 13 Dicembre, e termina a San Canuto il 13 Gennaio. Ma come nasce la tradizione di far finire le festività il ventesimo giorno (tjugondag jul per gli svedesi, tyvendedag jul per i norvegesi, nuutinpäivä per i finlandesi) dopo il Natale?Lo scopriremo proprio ora.

 

Natale in Norvegia

La festa di San Canuto in Scandinavia

Tutto ebbe inizio nel XVII secolo, precisamente nel 1680, quando la commemorazione del martirio di San Canuto Lavard, avvenuto il 7 Gennaio del 1131, fu posticipata al 13 Gennaio. San Canuto IV, re di Danimarca, aveva regnato dal 1080 al 1086 donando un costante sostegno alla Chiesa e cercando di rinvigorire il potere reale. Assassinato da un gruppo di aristocratici ribelli, divenne il patrono della Danimarca e nel 1101 la Chiesa Cattolica approvò il decreto sul suo martirio. A fornirci le più antiche testimonianze sulla ricorrenza del 13 Gennaio fu lo scienziato, scrittore e professore svedese Olof Rudbeck il Vecchio, magnifico Rettore dell’Università di Uppsala.

 

Natale in Finlandia

Le tradizioni della “festa di Knut”

Il 13 Gennaio è il giorno in cui in Svezia, Finlandia e Norvegia si dà l’addio al Natale. Le vacanze terminano ufficialmente, gli addobbi e le decorazioni natalizie vengono rimossi. Secondo lo julgransplundring (“saccheggio dell’albero di Natale”), un’usanza svedese che affonda le radici nel XIX secolo, ogni ornamento natalizio va infatti tassativamente tolto. Albero di Natale compreso, com’è ovvio. A tal proposito, prima di smontare l’albero, le famiglie sono solite organizzare una danza attorno allo stesso: sia in Svezia che in Finlandia vengono predisposti giochi, balli e festeggiamenti intorno all’abete per celebrarlo e ringraziarlo dell’atmosfera natalizia che ha contribuito ad esaltare. Un’altra tradizione, più che centenaria, vede protagonista un gruppo di persone travestite da San Canuto: hanno un cappello, una lunga barba grigia, il volto celato da una maschera e si recano di casa in casa. Questa usanza viene detta dei “knutgubbar”, da Knut che significa Canuto in svedese. Il 13 Gennaio, nonostante il periodo natalizio giunga al termine, in Scandinavia si festeggia. I party sono all’ordine del giorno: ci si ritrova con familiari e amici degustando per l’ultima volta i cibi e le bevande natalizie. I bambini sono soliti invitare i compagni di classe a mangiare una torta insieme. Ma attenzione! Le porte delle case vanno chiuse attentamente: agli spiriti e ai folletti del Natale è proibito entrare.

 

 

Il lato eco-sostenibile del 13 Gennaio

Tutti conosciamo la spiccata coscienza ecologica dei popoli scandinavi. Bene: sappiate che neppure in quest’occasione viene meno. Dopo il 13 Gennaio, infatti, gli alberi di Natale vengono “smaltiti” sostenibilmente. In molte città si organizzano addirittura processioni dove persone di ogni età portano con sè il proprio albero per destinarlo al riciclo.

 

Foto via Pexels e Unsplash

 

Giorni di cielo sceso in terra

 

” A settembre succedono giorni di cielo sceso in terra. Si abbassa il ponte levatoio del suo castello in aria e giù per una scala azzurra il cielo si appoggia per un poco al suolo. A dieci anni potevo vedere i gradini squadrati, da poterli risalire cogli occhi. Oggi mi contento di averli visti e di credere che ci sono ancora. Settembre è il mese delle nozze tra la superficie terrestre e lo spazio di sopra acceso dalla luce. Sulle terrazze gradinate a viti i pescatori fanno i contadini e raccolgono i grappoli nei cesti fatti dalle donne. Prima ancora di spremerli, il giorno di vendemmia ubriaca gli scalzi tra i filari al sole e lo sciame delle vespe assetate. L’isola a settembre è una mucca da vino. E’ il mese della festa del santo, sfila per mare la processione delle barche e di sera sulla spiaggia si sparano i fuochi d’artificio. Nelle altri estati ci andavamo al completo. Mia sorella saltava di gioia dietro a ogni scoppio di colori in aria. Papà la sollevava facendo con la bocca il verso ai botti e lei mimava la ricaduta delle scintille a terra. Ho visto al cinema ripetere a Totò la mimica di un fuoco d’artificio, ma loro due la facevano meglio. Mamma s’incantava, io guardavo le facce di quelli che guardavano gli scoppi in cielo. Gli occhi dei bambini riflettevano le luci colorate. I profili dei grandi, puntati verso l’alto, accoglievano lo spettacolo come fanno i fiori con la pioggia. “

Erri De Luca, da “I pesci non chiudono gli occhi”

 

 

La colazione di oggi: zeppole napoletane, il dolce più goloso della Festa del Papà

 

Il 19 Marzo, Festa del Papà, è una data che coincide con la preparazione di prelibatezze dolciarie di ogni tipo. Dal Nord al Sud, ogni regione italiana vanta le sue golosità caratteristiche: in Liguria, Lombardia e Piemonte si usa gustare le frittelle di San Giuseppe, a Bologna le raviole, nel Centro Italia dei bignè fritti farciti, ma è il Meridione ad offrire una vasta panoramica di dolci tradizionali. In Sicilia, in particolare, vengono preparate le sfincie e le zeppole di San Giuseppe, queste ultime a base di riso, mentre in Campania – e soprattutto a Napoli – le zeppole proliferano in una versione assolutamente unica e inconfondibile. E’ la variante che mi accingo ad approfondire in questo articolo, incentrato sulle famose zeppole napoletane di San Giuseppe. Solo a vederle, fanno venire l’acquolina in bocca: sono ciambelle fritte guarnite con un’ abbondante dose di crema pasticciera sormontata da un amarena sciroppata (potremmo definirla una sorta di “ciliegina sulla torta”!).

 

 

Le origini di questo dolce sono affascinanti, ma le esamineremo più avanti; inizio col dirvi che le zeppole hanno radici antichissime e che la loro prima ricetta è datata addirittura 1837, quando fu inclusa in un trattato di cucina di Ippolito Cavalcanti. A Napoli, si usa preparare le zeppole in occasione della Festa di San Giuseppe e quindi della Festa del Papà. Ne esistono due versioni, una fritta e una al forno, ma gli ingredienti sono identici: uova, zucchero, farina, burro, olio d’oliva, crema pasticciera, amarene sciroppate e zucchero a velo per guarnire il dolce. Recentemente sono state aggiunte alcune variazioni alla ricetta principale, che arricchiscono le zeppole di un ripieno di panna o di crema gianduia. La zeppola classica, comunque, è un’autentica delizia anche nella meno elaborata delle varianti.

 

 

Passiamo ora alla storia e alle origini di questo dolce squisito. Le radici delle zeppole risalgono nientemeno che all’ antica Roma. L’ aspetto del dessert di San Giuseppe, tuttavia, era abbastanza diverso da quello attuale: si presentava come una frittella cosparsa di zucchero o di cannella, e veniva preparato con un semplice impasto di acqua, farina e sale.  A Napoli, un paio di secoli orsono, le zeppole si acquistavano dagli ambulanti che le friggevano direttamente per strada. Quando mancava poco a San Giuseppe, le vie del centro storico si riempivano di carrettini che le esponevano accanto ai panzarotti, un’ altra celebre tipologia di street food. Ma quale collegamento esiste tra le zeppole e la festa del padre putativo di Gesù? E’ molto semplice: si diceva che Giuseppe, oltre che un falegname, fosse anche un friggitore. Le prime zeppole nacquero nel ‘700 all’ interno dei conventi napoletani. Non è noto in quale, di preciso, venne elaborata la ricetta; di solito si citano i monasteri di San Gregorio Armeno, quello della Croce di Lucca e quello di Santa Maria dello Splendore. Che siano state le monache ad ideare le zeppole di San Giuseppe, è un dato di fatto. La storia di questo ghiotto dolce si intreccia costantemente alla leggenda: correva voce che, quando Maria e Giuseppe si rifugiarono in Egitto per sfuggire alla strage degli innocenti, Giuseppe divenne un friggitore di frittelle allo scopo di mantenere  la giovane moglie e il figlioletto. La tesi che fa risalire le zeppole all’ antica Roma, invece, fissa le loro origini alle Liberalia, celebrazioni in onore delle divinità del vino e del frumento. Durante quelle feste, tenutesi ogni 17 Marzo, si inneggiava ai Sileni (creature per metà uomini e per metà cavalli che appartenevano al corteo di Dioniso, ovvero Bacco) bevendo vino arricchito di un mix di spezie e miele, ma si preparavano anche frittelle di grano rosolate nello strutto. Quando il Cristianesimo fu assurto a religione di Stato, la tradizione delle frittelle fu posticipata al 19 Marzo in omaggio a San Giuseppe; i dolcetti divennero quindi rappresentativi della devozione nei confronti del Santo

 

 

Per quanto riguarda la ricetta delle zeppole napoletane rinvenuta nel 1837, era inclusa (come vi ho già accennato) nel trattato “La Cucina Teorico Pratica” di Ippolito Cavalcanti duca di Buonvicino. L’ ideazione viene attribuita a un certo Pintauro, che si ispirò alle frittelle di grano dell’ antica Roma e, insieme al Cavalcanti, decise di arricchirle di nuovi ingredienti: all’ impasto essenziale a base di farina, sale e acqua vennero aggiunti lo strutto, le uova e alcuni aromi. La frittura fu suddivisa in due passaggi, utilizzando prima l’olio e poi lo strutto. Il dolce ottenuto venne chiamato “zeppola” perchè la sua forma, che sembra attorcigliarsi su se stessa, rievoca quella di una serpe (“serpula” in latino). Le zeppole tipiche delle altre regioni d’Italia si differenziano da quelle napoletane sia riguardo agli ingredienti che alle modalità di preparazione. Tornando alle zeppole partenopee (senza togliere nulla alle altre, che purtroppo non conosco a sufficienza), un consiglio spassionato: quando siete all’ ombra del Vesuvio, non perdetevele per nulla al mondo.

 

 

Foto (dall’ alto): n. 1 di News21 – National, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons, n. 3 via Ilares Riolfi from Flickr, CC BY 2.0, n. 5 via Pearl Pirie from Flickr, CC BY-NC-ND 2.0