Tendenze AI 2023/24 – Il rosso, vivace e versatile

Philosophy di Lorenzo Serafini

“Rosso”, dicevamo ieri: è uno dei colori di tendenza dell’Autunno Inverno 2023/24, due stagioni che si accinge a vivacizzare a dovere. Le nuance proposte dai designer sono molteplici, ma prevalgono i toni caldi che tendono allo scarlatto. L’autentico punto di forza di questa tonalità, ormai un caposaldo della moda, è la versatilità: il rosso sta bene a tutte, si armonizza con qualsiasi carnagione e colore di capelli. Nella gallery, una selezione di look in total red (o quasi) dedicati ai mesi freddi. Ammirateli come meritano, perchè a breve punteremo i riflettori sulla nuance più chiacchierata del momento: il “Gucci Rosso Ancora”, che Sabato De Sarno ha glorificato nella sua sfilata-debutto per il celeberrimo brand fiorentino. Come sempre…stay tuned su VALIUM!

 

Hibu

Blumarine

Anteprima

Lanvin

Achor

Bottega Veneta

Az Factory

Luisa Spagnoli

Rita Row

Vivetta

 

Autunno Inverno 2023/24: Accessori Grand Parade

EENK

Gran parata di una serie di accessori tra i più sfiziosi, più cool, più originali ed eccentrici dell’ Autunno Inverno 2023/24. Denominatore comune? L’estro. Non un unica tendenza, bensì fantasia pura profusa a piene mani tra borse, calzature, guanti, copricapi, cinture e gioielli. L’ispirazione si coniuga con la creatività e l’inventiva azzerando il proverbiale grigiore della stagione fredda: è la dimostrazione di come la moda, suscitando stupore e meraviglia, sia tutto fuorchè una celebrazione dell’effimero e riesca perfettamente ad incidere sulla percezione del reale.

 

BUZINA

HABEY CLUB

LOLA CASADEMUNT

LARUICCI

Y/PROJECT

SHIATZY CHEN

ZIMMERMANN

ROKH

DUNDAS

OFF-WHITE

LANVIN

SHUTING QIU

PHILIPP PLEIN

ANNAKIKI

JIL SANDER

VIVETTA

PHILOSOPHY DI LORENZO SERAFINI

ANDREADAMO

BLUMARINE

TOD’S

EMPORIO ARMANI

MARCO RAMBALDI

PRADA

MAX MARA

MOSCHINO

ETRO

ICEBERG

ROBERTO CAVALLI

FENDI

VIVIENNE TAM

DEL CORE

DSQUARED2

SIMKHAI

BIBHU MOHAPATRA

AWAKE MODE

COMME DES GARCONS

NATHALIE CHANDLER

 

Tendenze capelli dell’ Autunno Inverno 2023/24: qualche anteprima vista in passerella

Il corto sbarazzino di VIVETTA

Un’occhiata alle tendenze capelli dell’ Autunno Inverno 2023/24 viste in passerella. Il bob resiste e acquista volume, la riga in mezzo impera, torna la frangia: la ritroviamo sia in versione mini che lunga e geometrica. Ma c’è anche un altro grande ritorno da segnalare, il tipico hairstyle afro della “Blaxploitation” anni ’70. La chioma iper voluminosa e fitta di ricci sfoggiata da “Foxy Brown” (l’attrice Pam Grier) nell’iconico film che Jack Hill girò nel 1974 aveva già fatto la sua comparsa alle sfilate Primavera Estate 2023, ma con la stagione fredda si inserisce a pieno titolo tra i top hair trends.

 

La mini frangia e le trecce arrotolate intorno alle orecchie di ANTONIO MARRAS

Il bob con volume di ANTEPRIMA

Gli afro hair di ZIMMERMANN

I capelli tirati a lucido e la coda bassa di GIAMBATTISTA VALLI HAUTE COUTURE

I “ricci e capricci” di GIORGIO ARMANI PRIVE’

La media lunghezza platinata di MENCHEN THOMAS

La riga in mezzo di ALBERTA FERRETTI

La frangia iper mini di AVELLANO

Le onde laterali di ROKH

La frangia geometrica di MARCO RAMBALDI

Il supercorto di Y/Project

Lo chignon minimale di SACAI

 

 

Rimandi tribali nell’hairstyle estivo

 

Le terre tropicali, i rimandi esotici, l’aspetto più “selvaggio” dell’estate sono da sempre associati all’ iconografia e allo stile di questa stagione: un concetto che, anno dopo anno, coinvolge soprattutto l’hairstyle. Trecce, treccine e tipiche acconciature tribali tornano alla ribalta non appena iniziano i mesi caldi, ma per l’estate 2023 si rinnovano e presentano sostanziali differenze rispetto a quelle che impazzavano un anno fa. Svariati brand le hanno riproposte in passerella, reinterpretandole con massicce dosi di estro e di genialità creativa. Alla base, ovviamente, c’è la treccia, declinata in innumerevoli versioni. Qui di seguito vi mostro alcuni esempi, tutti tratti dalle sfilate delle collezioni Primavera Estate 2023.

 

Jawara Alleyne

KNWLS

Bronx and Banco

Laruicci

Etro

Eenk

Naeem Khan

Akris

Etro

 

Foto di copertina di Bherbery Andres Balanta Bocanegra via Pexels

 

Il close-up della settimana

 

“La bellezza salverà il mondo”, scrive Dostoevskij ne “L’ idiota”. Sarà perchè la virulenza della pandemia di Covid ha risvegliato in noi un forte desiderio di rinascita, o perchè il periodo del lockdown e delle privazioni ci ha spinto a riscoprire la potenza rigenerante della bellezza, ma è ormai un dato di fatto: Venezia potrebbe essere idealmente incoronata “città italiana del 2021″. Tutti gli occhi sono puntati su di lei, tutti la scelgono come location, il che non sorprende; la perla della laguna vanta uno splendore indescrivibile, unico al mondo. E’ un gioiello ricco di sfaccettature la cui la preziosità ha incantato, nel tempo, miriadi di artisti e di intellettuali. Culturalmente vivacissima, Venezia ospita ogni anno appuntamenti di spessore quali la Biennale, il Salone Nautico, il Carnevale, la Venice Fashion Week (un’ affascinante vetrina del savoir faire artigianale locale). Molte notizie emozionanti la riguardano, in queste giornate dense di eventi: tra tutte, risaltano quelle che coinvolgono il fashion world, mai immune alla malia della Laguna. Lo sa bene Rick Owens, che di recente ha ambientato i suoi show tra Venezia e il Lido, ma lo sapeva bene anche Karl Lagerfeld, che, memore della valenza che la città lagunare rivestì nella vita di Mademoiselle, elesse la Serenissima a cornice della sfilata Cruise 2010 di Chanel. Oggi, su Venezia puntano due altri prestigiosi brand: Saint Laurent e Valentino.

 

 

Anthony Vaccarello, direttore creativo dell’ iconica griffe francese, farà le cose in grande. In collaborazione con Doug Aitken, vincitore del Premio Internazionale della Biennale di Venezia 1999 con la spettacolare installazione video “Electric Earth”, manderà in scena la sua prossima collezione (presumibilmente di menswear) negli spazi di un maestoso allestimento creato dall’ artista californiano. L’ installazione, “che Saint Laurent offrirà alla città di Venezia e al suo pubblico”, come il gruppo Kering spiega in un comunicato stampa, farà bella mostra di sè durante la Biennale di Architettura e rimarrà visibile fino al 31 Luglio 2021. Dove si intende collocarla e quando verrà inaugurata, però, sono domande che al momento rimangono senza risposta. Valentino, naturalmente, in quanto a magnificenza non sarà da meno. Il défilé di Alta Moda Autunno/Inverno 2021/22 si terrà a Venezia il prossimo 15 Luglio, ma la location non è ancora nota. Quel che è certo, è che sarà possibile ammirare l’ evento in live streaming sia sui social del brand che sulla piattaforma della FHCM, la Fédération de la Haute Couture et de la Mode. La sfilata rientrerà infatti (seppure virtualmente) nella manifestazione della Paris Couture Week. Pierpaolo Piccioli ha motivato la scelta di Venezia in un approfondito press release: “L’ attuale modalità “viaggia con la fantasia” in cui ci troviamo mi ha spinto a sognare più in grande. La mia prossima collezione Couture si intitolerà “Valentino Des Ateliers” e l’ approccio generale a questo progetto ha molto a che fare con il nome stesso. Mi sono messo alla prova nell’ orchestrare una sinfonia di menti, anime e input creativi diversi. Tutte queste energie hanno portato la mia visione a Venezia, una città che genera genuinamente e spontaneamente vibrazioni su arte, teatro, musica, architettura, cinema e tutto ciò che ha a che fare con la creatività. Ecco perchè è stata una decisione naturale optare per questa idea.” Si prevede che in Laguna approderà un selezionato novero di ospiti, invitato  ad assistere alla sfilata in tutta sicurezza.

 

 

 

“Fashion Confidential”: dietro le quinte della moda con Mariella Milani

Un ritratto fotografico di Mariella Milani (foto © Simona Filippini)

In TV, al Tg2, incastonati tra le notizie di cronaca, sport ed economia, spiccavano i servizi dedicati alla moda: erano piacevoli parentesi, preziose oasi di evasione dove una voce fuori campo commentava, con garbo unito a una sottile arguzia, le creazioni più sublimi proposte dai couturier e i look di volta in volta chic, minimal o eccentrici che sfilavano in passerella. Quella voce, inconfondibile, apparteneva a Mariella Milani, giornalista e critica di moda che vanta una carriera di ben 33 anni in RAI. Per me, televisivamente parlando, dire “fashion world” e dire “Mariella Milani” sono ancora oggi un tutt’uno. Adoravo il suo eloquio, la sua narrazione; il suo modo di raccontare la moda che risultava coinvolgente per qualsiasi tipologia di spettatore, dall’ “archetipa” casalinga di Voghera ai più quotati esperti del fashion system. Con lei, quel mondo spesso considerato effimero, esclusivo, distante dalle esigenze della gente comune, si calava felicemente nella realtà quotidiana. La Milani era in grado di esaltare l’ eccellenza sartoriale di un abito e, al tempo stesso, di illustrare con bonaria ironia certe eclatanti stravaganze. Inutile dire che il pubblico televisivo, perlopiù ancorato al concetto di portabilità dei capi, la venerasse. Questo suo tipo di approccio, che contribuiva senza dubbio ad avvicinare la moda alle masse, probabilmente scaturiva da un background professionale che aveva incluso ruoli di conduttrice del Tg2, cronista d’assalto, inviato speciale, capo redattore, autrice di reportage…Settori molto lontani dalla moda ma quanto mai contigui alle problematiche sociali, agli umori della gente. Un’ esperienza culminata con “Diogene”, la sua, rubrica quotidiana che la vedeva nelle vesti di paladina dei diritti dei consumatori. Al “fashion”, la Milani è approdata nel ’94 e sarà lei stessa, nella conversazione che segue, a raccontarci in che modo. Va detto che, da allora, il suo amore per la moda (seppure mantenendo sempre un occhio critico) si è elevato a livello esponenziale. Oggi del “regno delle passerelle” parla su Instagram, dove organizza dirette, dialoghi virtuali con i protagonisti del Made in Italy e con le influencer più significative, cura speciali rubriche incentrate sui capi cult, su mitici designer e sulle icone di stile. Ma oltre ad occuparsi di moda sul suo feed, Mariella Milani ha deciso di approfondirne il mondo: ce lo presenta in un volume, “Fashion Confidential“, pubblicato per i tipi di Sperling & Kupfer nel Febbraio scorso. La passione per il cinema dell’ autrice si riflette in tutti i capitoli, i cui titoli citano quelli di film pertinenti con l’argomento trattato; nelle pagine del libro, tuttavia, sono la moda e soprattutto il suo universo il nucleo portante. Perchè in “Fashion Confidential”, con estrema competenza e il consueto tono  tra l’ironico e il disincantato, di moda si parla a tutto campo: personaggi, eventi irripetibili (un esempio? La leggendaria sfilata di Fendi lungo la Grande Muraglia cinese), talenti eccelsi e mai dimenticati, ricordi personali e aneddoti, ma anche atmosfere, zone d’ombra, mood e modelli comportamentali si alternano in un pot-pourri ricco di sfaccettature. Ampio spazio, naturalmente, è dedicato al profondo mutamento che l’ avvento del Covid-19 ha imposto al settore. E’ un mondo in continuo divenire, il fashion world, e oggi lo è più che mai; gli influencer la fanno da padroni e la digitalizzazione si estende a macchia d’olio. Cosa pensa Mariella Milani di tutto questo? Lo scopriremo leggendo il suo libro o ascoltandolo, in versione podcast, ogni lunedì su Spotify Italy (qui trovate il link) e sulle principali piattaforme di podcast hosting. Intanto, però, godetevi questa brillante intervista che mi ha fatto l’ onore di concedermi.

Ha iniziato a raccontare la moda nel 1994, con la RAI, ma il suo background annoverava settori totalmente differenti: si è occupata di cronaca, di dossier, di difesa dei diritti del cittadino, e ha esplorato universi, come quello della criminalità organizzata, ben distanti dal glamour delle passerelle. Come ha vissuto questo totale cambio di rotta?

Ho iniziato quasi per caso, per una proposta che ironicamente definisco “indecente”. Mi occupavo di tutt’altro ma, come spesso accade in RAI, la mia redazione era stata chiusa e l’allora direttore del Tg2 Clemente Mimun volle affidarmi la moda perché la raccontassi con un tono dissacrante e ironico, adatto a un pubblico generalista. Confesso che inizialmente mi sembrava riduttivo, avendo affrontato mondi ben più insidiosi, ma con la curiosità di una bambina – che mi appartiene ancora oggi – mi sono buttata a capofitto in un’avventura assolutamente nuova.

La moda, comunque, non le era indifferente…Penso agli impeccabili tailleur Armani che amava indossare, di cui peraltro parla nel suo libro. Come e quando è scoccata la scintilla con il pianeta dello stile?

È iniziata esattamente quando, negli anni Ottanta, mi è stata affidata la conduzione dell’edizione delle 13 del Tg. Volevo apparire come una giornalista seria e affidabile e niente come una giacca o un tailleur di Armani, simbolo indiscusso del power dress, avrebbero potuto darmi l’autorevolezza che cercavo. Devo confessare che dilapidavo fortune nelle sue boutique…

 

L’ immagine che Mariella Milani ha scelto per il suo profilo Instagram e per il podcast di “Fashion Confidential”

Il suo debutto come giornalista di moda e di costume risale agli anni ’90, l’epoca d’oro degli stilisti-superstar, del boom del Made in Italy e delle top model. Com’è stato immergersi in quel mondo ambitissimo dove il lusso, il sogno e la fantasia a briglia sciolta (basti pensare alle favolose creazioni di John Galliano per Dior Haute Couture) rappresentavano i vessilli supremi?

Non posso nascondere che all’inizio mi sentivo un’aliena catapultata in un universo sconosciuto. Mi chiedevo come avrei potuto catturare l’attenzione del pubblico del telegiornale, generalista per definizione… al professore universitario o alla “famosa” casalinga di Voghera non sarebbe certo importato nulla della lunghezza degli orli delle gonne ma, con ironia e un pizzico di irriverenza, sono riuscita a trovare il mio stile e il mio posto in quell’universo patinato e accattivante.

Quali eventi, personaggi o situazioni ricorda, di quel periodo, a titolo emblematico del suo splendore? Nel libro che ha scritto ne cita molti; ce ne menzioni qualcuno per chi non l’ha letto ancora.

Sicuramente la sfilata di John Galliano per Dior nel Foyer de l’Opera di Parigi nel 1998 è uno dei momenti più belli che ho vissuto nella moda. Eleganza e sontuosità senza eguali… e non a caso è anche uno dei prossimi racconti che farò nel Podcast di “Fashion Confidential”. Altra esperienza meravigliosa è stata la sfilata di Fendi sulla Grande Muraglia cinese nel 2007: ottanta metri di passerella per il primo – e unico credo – show visibile anche dalla Luna.

A proposito del suo libro, uscito di recente: “Fashion Confidential” ha come sottotitolo “Quello che nessuno vi ha mai raccontato sul mondo della moda”. Come è nata l’idea di esplorare un universo – che conosce ormai a menadito – da un’angolazione diversa, potremmo dire “da dietro le quinte”?

Per vocazione – e scelta – sono sempre stata una giornalista senza peli sulla lingua e il mio libro non poteva certo avere un approccio diverso… Volevo raccontare il mio punto di vista perché sono consapevole di aver vissuto anni che non torneranno più e se non avessi messo la mia esperienza nero su bianco, sarebbe andata perduta.

 

La copertina di “Fashion Confidential”, edito da Sperling & Kupfer

Pensa che il pianeta moda venga a tutt’ oggi mitizzato? E a suo parere, per quale motivo?

Assolutamente sì. La moda viene vista come un sogno, un mondo aspirazionale ma credo che questo succeda perché, in realtà, pochi sanno cosa ci sia davvero dietro le quinte. Non è tutto party e bling-bling, è prima di tutto un lavoro per milioni di persone e spesso ci si dimentica di questo aspetto.

L’ avvento del web, e soprattutto della pandemia di Covid, hanno stravolto radicalmente le coordinate del fashion system. Cosa ci aspetta in tal senso? La moda continuerà a mantenere il suo appeal o la digitalizzazione dilagante e le nuove priorità esistenziali lo ridimensioneranno definitivamente?

Panta rei, tutto scorre, diceva Eraclito… e, anche se gli anni che ho vissuto non torneranno , credo che nulla sia definitivo. Il mondo della moda è stato messo a dura prova negli ultimi anni e nell’ultimo periodo in particolar modo, ma spero – soprattutto per i giovani – che ci sarà un nuovo Rinascimento.

Nell’introduzione di “Fashion Confidential” scrive: “La vera moda è eccessiva, geniale, carismatica, ironica, sempre capace di reinventarsi, in bilico tra sogno e realtà”. Quali designer o Maison dell’era pre-pandemica assurgerebbe ad esempi di questa sua opinione?

Sicuramente Yves Saint Laurent, Valentino Garavani, Azzedine Alaïa, Cristobal Balenciaga, Rei Kawakubo… ma sono tanti per citarli tutti.

La sostenibilità e il concetto del “buy less, buy better” saranno i cardini della moda post-Covid?

Assolutamente sì, la sostenibilità è una priorità per la moda – e la società in generale. Non a caso ho dedicato a questo tema due capitoli del libro…

Cito ancora dal suo libro: “se sei una persona di valore ma non hai un potere reale o virtuale, hai poche speranze”, dichiara, rivolgendosi ai tanti giovani che vorrebbero dedicarsi alla comunicazione della moda. Eppure la moda è anche cultura, genialità creativa, fenomeno di costume, espressione. Privilegiare la visibilità a discapito del valore non rischia di relegarla allo stereotipo che la associa unicamente all’ apparenza, all’effimero?

Al di là di rischi e stereotipi, purtroppo questa è la realtà e non si può fingere di non vederla. Posso dire, però, che negli ultimi tempi si stanno riscoprendo il valore della qualità e della competenza e questo non può che essere un bene anche se, al primo posto, per emergere nella moda è fondamentale avere le relazioni giuste.

 

 

La moda è una geniale combinazione di arte e marketing. Oggi, tuttavia, i vari influencer hanno pressoché soppiantato la figura del giornalista, il web ha spodestato la carta stampata e molte riviste si vedono costrette a chiudere i battenti. Cosa pensa di questo fenomeno?

Analizzando il grande successo raggiunto, attraverso i social, da influencer e blogger – diventati i nuovi brand ambassador – ho riflettuto su una parola: democratizzazione. Credo siano da ritrovarsi in questo bisogno, che era evidentemente impellente, le ragioni un tale cambiamento. Il digitale è stato una sorta di “tana libera tutti” e l’informazione classica non ha tenuto il passo con l’evoluzione degli ultimi anni. È rimasta pressoché immobile, ancorata a un linguaggio e a strumenti quasi obsoleti e questo ha fatto sì che perdesse terreno.

Che consiglio darebbe a un giovane che sogna un futuro nel giornalismo di moda?

Spesso mi viene chiesto come poter fare il mio mestiere ma la verità è che nemmeno io so rispondere. È un lavoro che si è fortemente evoluto e, come dicevamo, il digitale ha avuto un impatto non indifferente. Sicuramente un’esperienza all’estero potrebbe essere molto utile per capire da che parte sta andando il mondo e cosa aspettarci dal futuro e soprattutto avere uno sguardo più cosmopolita.

Nel suo libro non risparmia critiche, sempre benevole e ironiche, al cosiddetto “circo della moda”. Lo definisce “un universo (…) popolato da designer spesso isterici e narcisisti, modelle dive o trattate come numeri, buyer considerati star, star, stylist, influencer, giornalisti, fotografi e PR (…) occupati in funamboliche capriole per dimostrare di essere il perno della giostra. Non è tutt’oro quel che luccica?

Ebbene no. È ora di sfatare questo mito. (sorride, ndr)

 

 

Tra pandemia, cambiamenti climatici e emergenza ambientale, si preannuncia un futuro contrassegnato dall’ incertezza. Crede che un nuovo Rinascimento sia possibile, che la moda possa tornare ai suoi proverbiali fasti, o vede più impellente un mutamento radicale del sistema?

L’ultimo capitolo del mio libro si chiama “Il sipario strappato”, dal famoso film di Hitchcock. Ho scelto questo titolo perché, anche se non c’è futuro senza passato, gli anni d’oro che ho vissuto non torneranno e siamo difronte a un momento di grande cambiamento. Concludo con la frase di un visionario come Steve Jobs: “think different”, perché penso che la moda debba davvero iniziare a pensare in modo diverso.

Vorrei concludere questa intervista con una riflessione. La moda è, da sempre, espressione dei tempi: lo stile hippie, ad esempio, incarnava la nascita di un mondo nuovo e di nuovi ideali. Oggi, l’attenzione dei giovani si concentra prevalentemente sul marchio e sui modelli di sneakers che è imprescindibile avere. Dove finisce la moda e dove comincia l’omologazione? Non a caso, lei ha concluso il suo libro citando appunto lo slogan “Think different” di Steve Jobs…

Senza sapere quale fosse l’ultima domanda l’ho preceduta… credo che l’omologazione sia una delle cause della disaffezione dei consumatori a cui la moda doveva far fronte anche prima che scoppiasse la pandemia. Finché l’imperativo sarà esclusivamente vendere, continuerà a esserci sicuramente più omologazione che moda.