Il luogo: Gotland, il fascino nordico dell’isola vichinga delle rose

 

Abbiamo già esplorato le isole del Mediterraneo (rileggi qui l’articolo), adesso è tempo di ritornare nel Grande Nord. Precisamente a Gotland, un’isola situata nel mar Baltico, al largo delle coste svedesi sud-orientali: appartenente alla Svezia, dista quaranta minuti di aereo da Stoccolma ed è ricca di storia, cultura, bellezze architettoniche e naturali. Le sue origini antichissime (risalgono al 5000 a.C.) sono circondate da affascinanti leggende; una di queste descrive Gotland come una terra che, generata dal mar Baltico, torna negli abissi ogni sera al tramonto. L’alone mitico che la ammanta si intreccia a doppio filo con la storia dell’isola, che vede protagoniste svariate popolazioni vichinghe: Gotland fu abitata dai Gotlandi, dai Geati e dai Goti, che poi si spinsero a Sud abbandonando la Scandinavia. L’isola ebbe un ruolo molto importante nel commercio tra il Nord Europa e l’Oriente. La sua posizione strategica sul mar Baltico, infatti, la fece entrare di diritto nella Lega Anseatica, che dal 1358 al 1862 detenne il predominio commerciale nell’ Europa Settentrionale e nel mare collocato tra la penisola scandinava e il continente. Non è un caso che il Medioevo, epoca in cui si costituì la storica alleanza, sia uno dei periodi che ha lasciato maggiori tracce architettoniche sull’isola: ne è un esempio Visby, la capitale di Gotland, circondata da imponenti mura fortificate e decretata Patrimonio dell’Umanità Unesco. Ma lasciando da parte il passato, che cosa rappresenta Gotland oggi? Alcuni la chiamano la “Capri del Nord”: le sue spiagge, le scogliere rocciose della sua costa, gli splendidi paesaggi e gli edifici di design, un connubio di stile tipicamente hygge e pura raffinatezza, la rendono oltremodo speciale. Ma Gotland non è solo questo. E’un’isola verdeggiante, ricca di reperti archeologici, e, su tutto, la patria di un’ottima cucina. Viene considerata, non senza una ragione, la capitale culinaria della Svezia.

 

 

Un altro dei suoi punti di forza è il clima mite. Qui, le rose fioriscono anche in Inverno: un particolare che è valso a Gotland l’appellativo di “isola delle rose”. La secolare isola vichinga appartiene a un arcipelago che comprende isolette come Fårö (dove il regista Ingmar Bergman visse e ambientò molti suoi capolavori),  Karlsö e Gotska Sandön. Vantando una superficie di 2994 km quadri, Gotland è la più grande isola svedese situata nel mar Baltico e la seconda isola, in quanto a estensione, dopo la danese Selandia. Abitata da circa 60.000 persone in tutto, l'”isola delle rose” è rimasta splendidamente selvaggia: alberi in via di estinzione come gli abeti rossi e l’antichissima specie equina dei Pony Gotland, che risale all’Età della Pietra, sopravvivono ancora nelle sue lande incontaminate.

 

 

Dal momento che ha radici così remote nel tempo, ospita numerosi resti archeologici che spaziano dal Paleolitico all’Età del Bronzo, dall’Era dei Vichinghi al Medioevo. Cosa visitare, dunque, in questa suggestiva località del mar Baltico? Non si può che iniziare con il capoluogo, Visby, raggiungibile dalla Svezia (partendo da Oskarshamn) in circa tre ore di traghetto. Visby è una città medievale fortificata che, come vi ho già detto, venne inclusa nella Lega Anseatica: la sua appartenenza a quell’importante alleanza commerciale è compresa tra il XII e il XIV secolo. Nel 1995, omaggiando la sua pittoresca bellezza, l’Unesco ha dichiarato Visby Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Il centro storico è percorso da un intrico di viuzze fiancheggiate da case in colori pastello e dai tetti a punta; risaltano le guglie della cattedrale, le chiese e gli edifici sorti all’epoca dei Vichinghi, le torri che intramezzano le mura. Potete visitare la città in tutta calma, a piedi, o decidere – in puro stile nordico – di effettuare i vostri spostamenti in bicicletta.

 

 

Un giro turistico non può prescindere dalle mura della città. Innalzate tra il XIII e il XIV secolo, sono lunghe 3,44 km e completamente edificate in pietra calcarea. Le intervallano trenta torri che oltrepassano i venti metri di altezza; torri ammantate, peraltro, di una potente aura di leggenda: in una di esse, la Torre della Fanciulla, si narra che fu murata viva la figlia di un orefice innamoratasi del re danese Valdemar Atterdag; ciò fu considerato un tradimento nei confronti della città; nella feritoia di un’altra torre, la Sankt Goransporten, è rimasta incastrata una pietra risalente alla guerra civile duecentesca. Dopo la costruzione delle mura, Vilby fu suddivisa in due aree ben distinte. All’interno delle fortificazioni si trovavano gli artigiani e i mercanti, che potevano commerciare con l’estero, all’esterno i pescatori e gli agricoltori, abilitati solamente al commercio interno. Alcuni spazi delle mura, oggi, sono stati adibiti a punti panoramici da cui ammirare lo splendore di Vilby e dei suoi dintorni.

 

 

Il Gotlands Museum è un altro must see: una vera meraviglia per tutti gli appassionati della civiltà vichinga. La fondazione della struttura risale al 1875. Al suo interno, il Museo ospita permanentemente reperti archeologici compresi in un arco di tempo che va dall’Età della Pietra all’Era dei Vichinghi. Accanto ad essi spiccano fossili rinvenuti nel mar Baltico, pietre runiche, e nella sezione dedicata ai secoli più recenti la ricostruzione di una fattoria settecentesca fa bella mostra di sè. Nel Museo viene anche custodito il tesoro vichingo più vasto del mondo: una ricchissima collezione di manufatti e monete in argento e bronzo.

 

 

La Cattedrale è famosa per le sue guglie, un dettaglio inconfondibile e iconico che simboleggia la città di Visby. Destinata ai mercanti tedeschi della Lega Anseatica, la chiesa fu inaugurata nel 1190. Nel 1125 venne dedicata a due tipologie di fedeli, gli abitanti di Gotland e i forestieri; a officiare la messa erano ministri di culto differenti. Nel 1500 le fu conferito lo status di Cattedrale. Questa maestosa chiesa medievale, che nel tempo ha conosciuto molte modifiche, viene tuttora utilizzata. Gli stili predominanti nella sua architettura sono il romanico e il gotico. A Visby esiste circa una decina di ulteriori chiese medievali, ma di esse rimangono solo le rovine. Le più rappresentative sono quelle delle chiese di San Nicola, San Clemente e Santa Caterina.

 

 

Nel Botaniska Tradgarden, il giardino botanico, è possibile effettuare una full immersion nella natura. Sorto nel 1855, si trova nei paraggi del mare; lo contraddistingue un vero e proprio tripudio di verde, piante e fiori esotici, prati tenuti in modo impeccabile. All’interno del giardino sono situate le suggestive rovine della chiesa di Sankt Olof.

 

 

Se siete appassionati del senso del mistero e della cultura ancestrale di quest’isola svedese, non mancate di visitare i suoi labirinti. Si trovano nei pressi della città di Vilby, e nella riserva naturale di Galberget è collocato il più celebre. I labirinti, denominati Trojaborg, sono stati costruiti in tempi remotissimi formando linee quasi circoncentriche con una serie di massi e pietre posati sulla terra. Ma a cosa servivano questi labirinti di sassi? Lo scopo era quello di farvi rimanere intrappolate la sfortuna e le entità malvagie. La maggior parte dei Trojaborg risale al Medioevo, e un buon numero di essi venne realizzato in prossimità delle aree costiere: i pescatori avevano l’abitudine di entrare in un labirinto poco prima di salpare, per propiziarsi una pesca fruttuosa e le migliori condizioni di navigazione; appena finivano di percorrerlo, correvano in tutta fretta sulla loro barca affinchè i troll, le entità malvagie e la malasorte rimanessero imprigionati nel labirinto. Il Trojaborg della riserva naturale di Galberget è stato scoperto nel 1740 e si pensa che sia stato realizzato nel Tardo Medioevo.

 

 

Accanto ai labirinti, a Gotland troviamo anche le navi di pietra, monumenti funerari tipicamente scandinavi dell’Età del Bronzo. All’interno di questi spazi composti da pietre conficcate nel terreno che riproducono la forma di una nave, si seppellivano i notabili della comunità. La forma del monumento serviva a garantire una buona traversata verso l’altra dimensione. Sull’isola, potrete ammirare le navi di pietra nei dintorni di Gnisvärd: una quarantina di case, tradizionali e coloratissime, abitate dai pescatori. Gnisvärd, villaggio estremamente suggestivo, è diventato celebre anche per la prosperosa pesca di aringhe.

 

 

Spostandoci verso la costa, incontriamo un altro tipo di roccia: i raukar, formazioni calcaree dalle forme alquanto bizzarre. Sull’isola di Fårö, di cui vi ho già accennato, si trovano le più spettacolari. Somigliano a colossi di pietra, e la leggenda vuole che il loro sguardo sia costantemente rivolto a Thor, figlio di Odino, divinità norrena del tuono e del fulmine. Fårö conta solo cinquecento abitanti, ma possiede un fascino unico: è selvaggia, incontaminata, vanta un mare cristallino, spiagge con dune di sabbia e un’esplosione di verde rigoglioso. Qui vivono le tipiche pecore di Gotland, che sfoggiano un riccioluto pelo grigio, e i rami degli alberi sembrano torcersi con il vento. Non è un caso che questa sorprendente isoletta sia stata scelta da Ingmar Bergman come location di molti suoi film: ricordiamo ad esempio “Persona” (1966), “L’ora del lupo” (1968) e il famosissimo “Scene da un matrimonio” (1973). Innamorato di Fårö, Bergman decise di viverci fino alla sua morte. Sull’ isola, in suo onore, è sorto il Bergman Center. La struttura include un cinema, una biblioteca interamente incentrata su Ingmar Bergman, e al regista svedese vengono dedicate mostre che celebrano il suo rapporto con Fårö. Esiste anche la possibilità di svolgere dei workshop creativi.

 

 

Tornando a Gotland, vale la pena di fare una visita a Villa Villacolle: è la casa dove venne ambientato il celebre telefilm “Pippi Calzelunghe”, ispirato al personaggio creato negli anni ’40 dalla scrittrice svedese Astrid Lindgren. Villa Villacolle si trova a una manciata di chilometri da Visby, precisamente all’interno del Kneippbyn Resort, un parco dei divertimenti per bambini che comprende un campeggio, un parco acquatico, piscine, scivoli d’acqua e giochi vari. C’è anche la possibilità di praticare windsurf, dato che il mare è a pochi passi dal Resort. Pippi Calzelunghe, in questo luogo, viene omaggiata con numerose e costanti pièce teatrali.

 

 

Veniamo ora a una delle eccellenze di Gotland: la buona cucina. Gotland straripa di ristoranti e bistrot, e nel 2013 è stata addirittura nominata Capitale Culinaria della Svezia. Il clima temperato dell’isola, infatti, rende il suolo particolarmente fertile. Proliferano la verdura, la frutta, le mele in particolare: il maggior produttore di sidro di tutta la Svezia, Halfvede Musteri, non a caso si trova proprio a Gotland. Ma soprattutto, Gotland è un autentico paradiso dei tartufi. Tutti gli anni ne vengono raccolti tra i sette e gli otto quintali, e pare che a Stoccolma siano richiestissimi. Sull’isola sono presenti anche diversi vigneti, e si produce il vino più a nord del mondo. Ma anche la birra non scherza: Gotland vanta la maggior densità di birrifici per abitanti di tutta l’Europa. E siccome in Svezia le bevande contenenti alcol in una percentuale maggiore al 3,5% sono proibite, un birrificio ha lanciato la Sleepy Bulldog, birra analcolica dal gusto squisito. Se adorate i dolci non perdetevi la saffranspannkaka, una torta-pancake allo zafferano tipica dell’isola: viene servita con panna montata e marmellata di more, ed è a dir poco irresistibile.

 

Foto via Unsplash

Foto del Trojaborg di Arkland, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

Foto della nave di pietra di Jürgen Howaldt, CC BY-SA 2.0 DE <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/de/deed.en>, da Wikimedia Commons

Foto della Saffranspannkaka di Toyah, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

 

Ferragosto, il tema della settimana

 

Inizia il weekend più rovente dell’anno: oggi, milioni di italiani diranno “bye-bye” alla routine quotidiana per imbarcarsi verso i lidi vacanzieri. Ma non ritorneranno, come d’abitudine, domenica sera. Lunedì, infatti, comincerà il periodo delle ferie per eccellenza: la settimana di Ferragosto. Siamo entrati nel cuore dell’estate, il 15 Agosto la stagione calda raggiungerà il suo apice. Le città si preparano a svuotarsi, ma, si spera, a riempirsi di turisti. Il cartello “Chiuso per Ferie” stazionerà in bella vista sulle vetrine di molti negozi. Il caldo, secondo le previsioni meteo, raddoppierà: l’ennesima fiammata dell’anticiclone africano provocherà un ulteriore innalzamento delle temperature, che potranno oltrepassare i 40 gradi. Si preannuncia un Ferragosto più bollente che mai; perciò, se vi accingete a partire, cercate di scegliere delle mete sufficientemente fresche. Il caos di questi giorni, associato al grande esodo estivo, è una delle principali minacce al nostro desiderio di relax. Sulle strade ed autostrade il traffico sarà intenso, si prevede un weekend da bollino nero. Le spiagge, soprattutto quelle più frequentate, registreranno il tutto esaurito. Le infuocate ondate di calore e (probabilmente) i ricordi traumatici delle restrizioni agli spostamenti causate dal Covid, hanno favorito un autentico boom di prenotazioni: prepariamo le valige e godiamoci le meritate vacanze, ma approfittiamo di questo periodo per rigenerarci e staccare la spina davvero. Magari, rifuggendo dalla calca e della troppa confusione. Senza dimenticare, poi, di  infilare in valigia un buon libro: ci accompagnerà nelle ore passate a rosolarci sotto il sole creando l’ideale equilibrio tra il relax e il divertimento più sfrenato. Avevate già intuito che sarà proprio Ferragosto il nuovo tema della settimana?

 

Il luogo: Lanzarote, la “isla diferente” dell’arcipelago delle Canarie

 

Il piacere profondo, ineffabile, che è camminare in questi campi deserti e spazzati dal vento, risalire un pendio difficile e guardare dall’alto il paesaggio nero, scorticato, togliersi la camicia per sentire direttamente sulla pelle l’agitarsi furioso dell’aria, e poi capire che non si può fare nient’altro, l’erba secca, rasente al suolo, freme, le nuvole sfiorano per un attimo le cime dei monti e si allontanano verso il mare, e lo spirito entra in una specie di trance, cresce, si dilata, manca poco che scoppi di felicità. Che altro resta, allora, se non piangere?

(José Saramago)

 

L’estate è in dirittura d’arrivo, ma se già vi manca potete raggiungerla in sole cinque ore di volo. La troverete a Lanzarote, l’isola più a nord-est dell’arcipelago delle Canarie (le altre sono Tenerife, Fuerteventura, Gran Canaria, La Palma, La Gomera, El Hierro e Lobos): situata nell’Oceano Atlantico, dista 125 chilometri dall’ Africa e 1000 chilometri dalla Spagna (della quale fa parte in qualità di Comunità Autonoma). La superficie di 806 km2 la rende la quarta, per dimensioni, di tutto l’arcipelago, mentre a livello di popolosità si colloca al terzo posto dopo Tenerife e Gran Canaria. Eppure, Lanzarote ha ben poco in comune con le altre Isole Canarie. Il suo paesaggio avveniristico è spesso stato definito “lunare”: dire “Lanzarote” equivale a dire vulcani, immense distese di lava, spiagge sconfinate di sabbia nera che si alternano a quelle, bianche o color oro, di stampo tropicale. E poi fitti palmeti, rocce futuribili, montagne imponenti affiancate a pianure di terriccio rossastro, le tradizionali case bianche che si stagliano contro l’azzurro del cielo…Tutto intorno, l’oceano diffonde la sua massa acquosa declinata in moltepici sfumature di blu. I segni particolari dell’isola? Una natura spettacolare, un silenzio sospeso e, non ultimo, un clima gradevole 365 giorni all’anno. Il periodo migliore per visitarla è l’autunno, quando il caldo lascia spazio a temperature miti e il vento invernale è ancora lontano.

 

 

Decretata “riserva della biosfera UNESCO”, Lanzarote vanta oltre cento vulcani distribuiti su una superficie di 800 km2: il risultato è uno scenario dai connotati unici, che combina i suoi tratti lunari con un mare trasparente, i cactus e le palme da cocco. A valorizzare al massimo il paesaggio dell’isola è stato l’architetto e artista César Manrique, nativo di Arrecife, che ha creato opere artistiche ad ampio spettro dove la pittura, l’architettura, la scultura, i murales e le installazioni si integrano armoniosamente con il territorio. Su Manrique e la sua opera bisognerebbe scrivere un articolo apposito. La Fondazione a lui intitolata si trova a cinque chilometri da Arrecife, la capitale di Lanzarote, in località Taro de Tahiche.  Nell’ itinerario che ho intenzione di percorrere, il nome del visionario architetto lanzarotegno ricorrerà spesso, e a pieno merito: il grande amore che nutriva nei confronti dell’isola ha generato l’indissolubile connubio tra turismo, natura e arte che la contraddistingue.

 

 

Una curiosità: sapevate che Lanzarote, nonostante la natura vulcanica del suo suolo, abbonda di vigneti dai quali si ricavano famosissimi vini DOC? La varietà è denominata “Malvasia Vulcanica”. Preparatevi a degustarli, se intendete volare nella “isla diferente”: questo è il soprannome che l’isola si è guadagnata grazie ai suoi paesaggi onirici e incontaminati. Plinio Il Vecchio, tra il 77 e il 78 d.C. , nel suo trattato enciclopedico “Naturalis Historia” identificò le Canarie con il mito delle Isole Fortunate, un luogo idilliaco collocato nell’ Oceano Atlantico. Lanzarote viene definita “Purpura Insula”, “isola viola”, poichè l’economia dell’arcipelago si basava sulla produzione di porpora, garum (una salsa di pesce molto amata dai Romani) e sale, mentre a tutte le altre isole Plinio dà un nome: Tenerife è “Ninguaria”, Fuerteventura “Junonia”, Gran Canaria “Canaria”, La Palma “Junonia Major”, La Gomera “Capraria” e El Hierro “Pluvialia”. Il tratto distintivo paesaggistico di Lanzarote è senz’altro costituito dal suo vulcano, il Timanfaya, una delle cosiddette “Montagne del Fuoco” sparse sull’isola. Era il 1 Settembre del 1730 quando la “isla diferente” venne devastata da un tripudio di eruzioni vulcaniche che stravolsero completamente la sua fisionomia. Oggi il Timanfaya è l’unico vulcano rimasto attivo, ma non si verificano eruzioni da molto tempo. Il vulcano dà anche il nome a un grande Parco Nazionale situato nel sud-est di Lanzarote che comprende i comuni di Tinajo e Yaiza: la statua “El Diablo” di César Manrique è diventata il suo emblema.

 

 

Il Parco Nazionale di Timanfaya è dominato da rocce surreali, coni vulcanici e millenarie distese di lava: uno scenario avveniristico e incontaminato avvolto nel silenzio. Ma è un silenzio eloquente: come se la natura stessa tacesse di fronte a tanta meraviglia. Il Parco, che nel 1993 è entrato a far parte della riserva della biosfera UNESCO, vanta una palette cromatica che spazia dall’ocra al nero, dal marrone al ruggine. E’ possibile visitarlo a piedi addentrandosi lungo due percorsi appositi, oppure in autobus, usufruendo di un tour guidato. Tenete presente che l’accesso viene accuratamente monitorato per preservare l’unicità della flora e della fauna dell’area protetta. Se volete provare l’ebbrezza di una visita “diferente” come l’isola, optate per la groppa di un cammello: a poca distanza dall’ ingresso del Parco potete trovare l’ Echadero de Camellos, che vi offrirà l’opportunità di fare un giro in cammello nella zona delle “Montagne del Fuoco”.

 

 

Ma il suolo vulcanico non è di certo un’esclusiva del Parco: lo troverete in ogni angolo di Lanzarote, persino a livello sotterraneo. Un esempio? La Cueva de los Verdes, un luogo d’incanto nelle viscere della terra. La grotta, circondata da un’aura di leggenda, si è formata in seguito alle eruzioni del vulcano della Corona. A partire dal cratere del vulcano, si snoda per 6 km fino all’oceano e si dirama in oltre 16 cunicoli. Esiste anche un tratto sottomarino, il Tunnel dell’Atlantide, lungo circa 1 km e mezzo. Molti secoli orsono, la Cueva rappresentava un rifugio dai continui assalti dei pirati magrebini: i lanzarotegni, per proteggersi, erano soliti nascondersi nei suoi anfratti. La particolarità della grotta sono i colori, un’alternanza mozzafiato di ocra, verde, nero, grigio e rosso che emerge dall’oscurità delineando sbalorditive formazioni rocciose. Inoltrarsi nelle profondità della Cueva de los Verdes è come avventurarsi in un viaggio onirico nel sottosuolo.

 

 

Arte e natura si fondono nel Jameos del Agua, un capolavoro dell’architetto César Manrique. Manrique ha dato vita a una location naturale in cui risaltano un tunnel vulcanico e un laghetto originato da infiltrazioni di acqua marina. La struttura è unica in quanto a bellezza, una sorta di auditorium incastrato in un prezioso scrigno di formazioni geologiche. La grotta, che risale a 3000 anni fa, è stata generata da un flusso di lava. Accanto ad essa, incastonati tra le rocce, emergono un dancefloor e un bar, mentre il laghetto è circondato da un giardino tropicale. Il laghetto, tra l’altro, ospita nelle sue acque un piccolo crostaceo chiamato “jameito”: completamente bianco e privo della vista, questo animale non è rintracciabile in nessun’ altra parte del mondo.

 

 

Un’altra meraviglia sorta ad opera di César Manrique, l’ultima prima che nel 1992 decedesse in un incidente stradale, è il Jardin de Cactus: si tratta di un’immensa piantagione di cactus che comprende 13 famiglie di piante succulente reperite nei cinque continenti del globo. In totale, conta 4500 cactus appartenenti a 450 specie diverse. Il Jardin, calato in una natura selvaggia, è intriso di una suggestività potente: combina il verde intenso dei cactus con il nero della lava vulcanica e il blu del cielo dando vita ad una splendida armonia cromatica.

 

 

Per omaggiare César Manrique è tassativo visitare anche il Castillo de San José ad Arrecife, la Casa-Museo del Campesino nel cuore dell’isola e la sede della Fondazione intitolata all’artista, ubicata a Tahiche nel bel mezzo di un’antica colata lavica. Ad Harìa potrete invece visitare la Casa-Museo César Manrique, l’abitazione dove l’architetto nato ad Arrecife risiedette fino agli ultimi giorni di vita: è una dimora rustica immersa in un rigoglioso palmeto.

 

Un’opera di César Manrique

Un altro luogo emblematico dell’ intervento dell’artista sull’ isola è il Mirador del Rio, una struttura architettonica particolarissima. Si insinua nella roccia a 474 metri di altezza, sulla vetta del Promontorio di Famara, risultando a malapena percettibile; ma al suo interno è sorprendente. Potremmo definirla un belvedere che offre una vista straordinaria sull’ Isola Graciosa. Affacciato sul mare, vanta due vetrate panoramiche che lasciano senza fiato: Manrique le ideò per riprodurre gli occhi del Mirador.

 

 

Arrecife, la capitale di Lanzarote, è un importante centro commerciale e turistico. Conta circa 60.000 abitanti e il suo nome deriva dal termine “arrecifes”, in spagnolo “scogliere”: come quelle a picco sul mare nelle prossimità della città. Ad Arrecife potete fare shopping, acquistando una miriade di prodotti artigianali locali, ma anche ammirare le specificità paesaggistiche del luogo. Le barriere coralline, ad esempio, o le isolette che, in epoche remotissime, vennero plasmate dai flussi di lava. Non mancate di visitare le numerose fortezze che i lanzarotegni edificarono per difendersi dagli assalti dei pirati. La più antica è il Castillo de San Gabriel, situato su un isolotto chiamato Islote e raggiungibile tramite il Puente de las Bolas, uno scenografico ponte levatoio. Il Castillo de San José, invece, risale al XVIII secolo e dal 1975 ospita il MIAC (Museo Internazionale d’Arte Contemporanea) su iniziativa di César Manrique. Una delle maggiori attrazioni turistiche di Arrecife è poi il Charco de San Ginés, una laguna naturale nel cuore della città. Il Charco è circondato dalle case dei pescatori, e sulle sue sponde è possibile acquistare pesce fresco ogni giorno della settimana.

 

 

A Lanzarote anche i villaggi e i piccoli centri sono ricchi di fascino. Il fatto che siano sorti in un territorio tanto particolare li rende ancora più straordinari. All’ interno del Parco Nazionale di Timanfaya, ad esempio, è situato El Golfo, un borgo fronte mare dove ci si può deliziare il palato con squisiti piatti a base di pesce. A Yaiza si insediarono, secoli orsono, i primi abitanti delle Canarie. E’ una cittadina costruita nel tipico stile dell’ isola e collocata proprio nei paraggi delle eruzioni vulcaniche settecentesche del Timanfaya. Teguise è celebre per lo splendore del suo centro storico, un labirinto di vie acciottolate, e per il mercato della domenica che è un’autentica calamita per i turisti e gli autoctoni. Harìa, ribattezzata la “Valle delle Mille Palme”, vanta un tripudio di palmeti che si alternano alle tradizionali casette bianche lanzarotegne.

 

 

E veniamo alle spiagge, uno degli elementi paesaggistici più apprezzati da chi vola a Lanzarote. Puerto del Carmen, sulla costa orientale dell’ isola, è il principale centro turistico e vanta spiagge di ogni tipo, da quelle di sabbia dorata alle baie (come Playa Chica) pervase da sabbia scura di origine vulcanica. Altre spiagge da non perdere? Playa Famara, nel nord-ovest dell’ isola,  che si snoda per 5 km. Attorniata da imponenti scogliere rosate, è ricca di una sabbia finissima color oro. Qui potrete praticare ogni genere di sport acquatico, dato che Famara è abitualmente sferzata dal vento: surf, windsurf e kitesurf sono l’ideale. El Golfo, nel sud di Lanzarote, è stata originata dalle terribili eruzioni vulcaniche del XVIII secolo. E’ una spiaggia di sabbia nera: il mare si insinua negli antichi crateri. Proprio dietro El Golfo, spicca un grande lago verde (reso tale dalle alghe) dove è assolutamente vietato bagnarsi e persino sfiorarne l’acqua. Il Charco de los Clicos, questo il suo nome, è sorto dallo sprofondamento su se stesso di un millenario vulcano. L’acqua marina riversatasi nel suo cratere ha generato il lago, un must-see per i turisti. Charca de la Novia, sulla costa nord, è molto particolare. La sabbia bianca costeggia il mare azzurrissimo per un chilometro, ma le rocce di lava presenti sul posto fanno sì che, con l’alta marea, si creino specchi d’acqua vulcanici del colore della pece e dall’aspetto avveniristico. Situata nel sud di Lanzarote, Playa Papagayo viene considerata una delle più belle dell’isola. Non è molto distante da un’altra celebre spiaggia, Playa Blanca: questo segmento di costa include infatti una serie di calette separate da superbe scogliere entrate a far parte del Parco Naturale Los Ajaches. La sabbia è bianca, il mare turchese. Le scogliere riparano la spiaggia dal vento e le dimensioni ridotte la rendono immune dal turismo di massa; non è un caso che sia molto frequentata dai nudisti. Da Playa Papagayo, data la poca distanza, partono numerose escursioni per il Parco Nazionale di Timanfaya e la catena montuosa di Los Ajaches.

 

 

Foto via Pexels, Piqsels, Unsplash. Foto del Diablo di Timanfaya di César Manrique: Enric, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, da Wikimedia Commons

 

Ibiza: il fascino ineguagliabile della “Isla Blanca”

 

” Ibiza è pazzesca. La chiamano la Isla Blanca e la leggenda vuole che nessun ibicenco si permetterebbe mai di salutarti senza un sorriso. “
(Antonio Errigo)

 

Fu fondata dai Fenici nel 654 a.C.: la chiamarono Ibossim, era un porto importante nel bel mezzo del Mediterraneo. I Romani e i Greci si incantarono di fronte alle produzioni vinicole, ai giacimenti di marmo e piombo, alle folte pinete locali. Tant’è che furono proprio i Greci a dare a Ibiza e Formentera il nome di “Pitiuse” (dal greco “Pityûssai”, ovvero “ricoperte di pini”). All’epoca Ibiza, la più frizzante tra le isole che compongono l’arcipelago delle Baleari, era nota per la produzione di sale, lana, pesce secco o salato e salsa di pesce. Oggi, dire Ibiza equivale a “vita notturna”, “divertimento”, “clubbing à gogo”. Ma è veramente così? In realtà, la cosiddetta “Isla Blanca” è un’ isola estremamente versatile, dalle molteplici sfaccettature. Vanta un’ ottantina di spiagge di tutti i tipi, dalla più incontaminata alla più prettamente turistica, città pittoresche e intrise di testimonianze storiche, indizi della cultura hippie che incluse Ibiza, a suo tempo, tra le location cult del movimento…La Isla Blanca, soprattutto, sfoggia una natura rigogliosa e paesaggi mozzafiato: cale, baie e insenature si alternano lungo la sua costa frastagliata. I tramonti sono spettacolari, un’autentica attrazione turistica. Celebre è soprattutto il calar del sole che si ammira dalla baia di Sant Antoni, in colori intensi che esplorano tutte le gradazioni del rosso. E poi, certo, ci sono i locali: le discoteche iconiche, i ristoranti affacciati sul mare, i sunset bar, chiringuitos per tutti i gusti…ma ci arriveremo più avanti.

 

 

A Ibiza, innanzitutto, la natura riveste un ruolo molto importante. Il verde la invade: tutto merito del clima mediterraneo, caratterizzato da una flora eterogenea. Oltre alla macchia mediterranea, sull’ isola proliferano gli olivi, i fichi, i mandorli, le carrube, i cactus, le palme da dattero, ogni genere di albero da frutto. Non è un caso che nell’ entroterra siano disseminati agriturismi e tenute agricole in cui alloggiare. Sono sempre molto suggestivi, costruiti nello stile tipico dell’ isola, in linea con i valori eco e bio e all’ insegna dello slow food. A proposito di natura, è tassativa una visita al Parco Naturale di Ses Salines: si estende – per un totale di 14mila ettari – nel sud di Ibiza e comprende l’area nord di Formentera. Il Parco è un inno alla biodiversità del Mediterraneo, include una vasta tipologia di habitat sia terrestri che marini. I suoi fondali, completamente ricoperti della pianta acquatica Posidonia, nel 1999 sono stati decretati Patrimonio dell’Umanità UNESCO. Anche la fauna del Parco, naturalmente, è molto ricca: le specie di volatili incluse nell’area ammontano ad oltre 210,  tra le quali spiccano le aquile pescatrici e i falchi pellegrini. Il paesaggio spazia dagli stagni alle scogliere rocciose, dalle saline ai rilievi sabbiosi, ma ingloba anche bellissime spiagge ed isolotti: risaltano (per citarne solo alcuni) le spiagge di Sa Caleta e Ses Salines e gli isolotti des Freus e des Penjats.

 

 

“Natura” significa anche “genuinità”, artigianalità, gusto per il “fatto a mano”. Se cercate oggetti e souvenir speciali da portarvi a casa dopo il vostro viaggio, fate un salto al mercatino hippy di Es Canar: l’artigianato è un must in questo luogo iconico dell’ isola. E’ sorto nel 1973, quando l’ Hotel Club Punta Arabì strinse un accordo con gli hippie che avevano invaso Ibiza. I responsabili dell’ Hotel suggerirono loro di vendere ai turisti i prodotti che creavano artigianalmente o che acquistavano in giro per il mondo. La proposta fu accolta con molto entusiasmo, anche perchè all’epoca l’isola non era ancora una meta del turismo di massa. Dalle cinque bancarelle iniziali, il mercatino di Es Canar è passato alle 500 odierne. Se cercate abiti, gioielli, accessori e tutto quanto di più sfizioso possa esistere, delizie gastronomiche e birra artigianale comprese, dovete visitarlo assolutamente. Lo trovate ogni mercoledì da Aprile fino a Ottobre. Alcuni, tuttavia, preferiscono il mercatino hippie di Las Dalias considerandolo meno turistico: è aperto il sabato, ma nel periodo estivo rimane attivo anche di domenica e il lunedì e martedì si svolge in orario serale, dalle 19 all’ una. Las Dalias è fantasioso, variopinto, una gioia per gli occhi. Basti pensare che in estate raduna fino a 20.000 persone. Il mercatino è nato nel 1985 accanto all’ omonimo bar, un locale frequentato da artisti e musicisti di spicco. Nel 2015, le famiglie che lavoravano a Las Dalias erano già 350.

 

 

Mi accorgo di non avervi detto ancora qual è la lingua originaria di Ibiza. Nella “Pitiusa” si parla l’ “ibizenco”, una variante del catalano (diffuso nelle Baleari sotto forma di dialetto, ma diverso in ogni isola). Niente paura, però: lo spagnolo è la lingua ufficiale e l’anima cosmopolita dell’ Isla Blanca fa sì che si comunichi normalmente anche in inglese, tedesco e italiano. Continuando a focalizzarci sulla natura, è d’obbligo citare le principali spiagge. Se amate gli scenari selvaggi, raggiungete Aguas Blancas: è piuttosto nascosta, circondata su tre lati da imponenti scogliere sormontate da una fitta vegetazione. Il mare è cristallino, il fondale roccioso. Chi pratica lo snorkelling, qui trova il suo paradiso. Aguas Blancas è una spiaggia naturista, ma se il nudismo vi fa storcere il naso sappiate che non dovete necessariamente adeguarvi.

 

 

Sa Caleta è una spiaggia molto celebre, contraddistinta da uno straordinario ambiente naturale. La delimitano scogliere dal colore rossiccio e un mare limpido. Posizionate lateralmente alla spiaggia risaltano le pittoresche capanne di legno dei pescatori, mentre al centro, proprio affacciato sul mare, si estende il ristorante di pesce Sa Caleta: un must see imperdibile in tipico stile mediterraneo. Se invece amate Ibiza per il divertimento e le folli nottate che offre, Playa d’en Bossa è la spiaggia che fa per voi. Si presenta come un lunghissimo litorale sabbioso dove ci si può rilassare sugli esotici Bali Beach Beds a baldacchino o prendere il sole full time. Chi ama gli sport acquatici può praticarli tutti (o quasi) in attesa della movida serale: i chiringuitos e i beach bar si moltiplicano, come le feste in spiaggia,  e i più iconici club della nightlife sono a un passo di distanza. Qualche nome dei locali più in? Il famosissimo Pacha, l’Amnesia (indimenticabili i suoi schiuma-party), l’Ushuaia, l’Hi e, last but not least, l’esclusivo beach club Blue Marlin Ibiza fondato dall’ italiano Mattia Ulivieri.

 

 

La spiaggia di Ses Salines appartiene al Parco Naturale di Ses Salines ed ha tratti quasi tropicali: inserita in un panorama mozzafiato, esibisce una sabbia di un bianco abbagliante e un mare terso. Dietro la spiaggia è situato un fitto bosco di conifere.

 

 

Vediamo ora quali sono i centri abitati più interessanti da visitare a Ibiza. Eivissa, la capitale, concentra in sè i due volti principali dell’isola: la scatenata vita notturna e la storia, gli scorci panoramici, la suggestività. Marina Botafoch e Ibiza Nueva sono i due porti turistici dove stazionano gli yacht dei Vip. Le star che approdano a Ibiza provengono da tutto il mondo e la maestosità dei loro yacht (in certi casi simili a castelli galleggianti) lascia sbalorditi. In queste zone della città, ovviamente, si susseguono i ristoranti stellati, le boutique dei grandi marchi, caffè e bar di assoluto prestigio. E’ qui che trovate il Casinò, ma anche locali e club ultra-luxury come il Lìo, il Club Chinois, il Pacha e il Blue Marlin.

 

 

Dalt Vila (ossia “città più alta”) è invece il centro storico di Eivissa, una splendida testimonianza dei popoli e delle culture che nei secoli si sono avvicendati sull’ isola: dai fenici ai romani, dai cartaginesi agli arabi e  ai catalani. Dalt Vila è arroccata su un monte. Uno dei suoi segni distintivi è rappresentato dalle mura difensive che nel Rinascimento fecero costruire re Carlo I e Filippo II di Spagna per proteggerla dagli attachi dei francesi e degli ottomani. La città alta consta di un labirinto di viuzze tortuose e acciottolate che rivela vedute panoramiche di rara bellezza: il percorso in salita è ricco di bastioni e ampie terrazze da cui godersi la visuale. Al centro storico si accede tramite una porta cittadina posta alla fine di un ponte levatoio in pietra. Il Portal de Ses Taules permette di raggiungere Plaza de Vila,  la piazza principale di Eivissa; da lì è possibile inoltrarsi nell’ intreccio di stradine che progettò Giovan Battista Calvi. Dalt Vila non manca di ristoranti iper suggestivi: tra i suoi bastioni e nei luoghi panoramici si cena a lume di candela, godendo della splendida vista del Mediterraneo, seduti su enormi cuscini posizionati sui gradini acciottolati…Non perdetevi la Cattedrale di Nuestra Senora de las Nieves, la Chiesa del Hospitalet, il Castello Almudaina e il Museo d’Arte Contemporanea, famoso a livello mondiale.

 

 

Sant Antoni de Portmany è una città tipicamente turistica, meta delle orde di giovani che approdano a Ibiza in cerca di una scatenata vita notturna. La denominazione “Portmany” proviene dal latino “Portus Magnus”: un riferimento alla baia del luogo, che fungeva da grande porto naturale. Nata come villaggio di pescatori, negli anni ’50 la città ha iniziato a popolarsi di hotel e resort di ogni tipo. Chi cerca la movida la trova qui, ma a Sant Antoni si può ammirare anche il più bel tramonto dell’ isola. Basta raggiungere il Sunset Strip, percorrendo il lungomare a partire dal porto: in questa zona si trovano locali notissimi come il Cafè del Mar, il Mambo, il Savannah, detti appunto “sunset cafés”. Ci si siede a sorseggiare tranquillamente un cocktail contemplando il sole che cala con le note dei ritmi di tendenza in sottofondo. A Sant Antoni, straripante di beach bar e club, si tengono inoltre i “boat party” più belli di sempre: feste in barca  organizzate rigorosamente al tramonto (e quando, sennò?).

 

 

Santa Eularia des Riu evidenzia uno scenario agli antipodi da Sant Antoni: è una città tranquilla, immersa nella natura, contraddistinta dalle tipiche abitazioni bianche ibizenche. Il lungomare è punteggiato da palme da datteri, nel centro urbano proliferano gallerie d’arte, eleganti boutique e ristoranti di grido. A Santa Eularia, infatti, potete gustare tutte le prelibatezze enogastronomiche dell’ isola. Nei paraggi della città, dove scorre l’unico fiume di Ibiza (chiamato proprio Santa Eularia des Riu), non mancate di visitare l’area dei caratteristici mulini.

 

 

Sant Josep de Sa Talaia, a circa 15 km da Eivissa, si trova a sud dell’isola ed è collocato ai piedi della montagna più alta di Ibiza, Sa Talaia appunto. Dal punto di vista architettonico, Sant Josep è rimasto lo stesso d’un tempo: le case sono bianche, edificate nel tradizionale stile ibizenco, abbondano le chiese e le torri difensive del 1600 e 1700. Le spiagge che circondano la città sono numerosissime, tutte baie deliziose e molto frequentate; Sant Josep, inoltre, è situato di fronte a una serie di isolotti tra cui il celebre Es Vedrà. Il centro urbano prolifera di negozi, ristoranti, bar, pizzerie, boutique, ma lo stile di vita è a misura d’uomo. Impossibile non visitare gli importanti i siti archeologici nei dintorni, l’insediamento fenicio di Sa Caleta e quello punico-romano di Ses Paises; da visitare tassativamente sono anche la grotta naturale di Cova Santa e il Puig de Missa, una collina da dove si gode il panorama più spettacolare di Sant Josep. Sulla cima della collina, affacciata su una valle in cui scorre il fiume Santa Eularia, è situata un’imponente chiesa seicentesca dichiarata Bene di Interesse Culturale. Accanto alla chiesa sorge il Museo Etnografico di Ibiza.

 

 

Voglio concludere le segnalazioni relative ai luoghi con un posto magico, l’isolotto di Es Vedrà. Svettante sul mare con la sua altezza di 380 metri, quest’isola rocciosa è posizionata di fronte alla spiaggia di Cala d’Hort (sulla costa sud-ovest di Ibiza). Le leggende che circondano Es Vedrà sono innumerevoli: c’è chi dice che la abitino le Ninfe del Mare, altri affermano che sia popolata dalle Sirene. Secondo alcuni sarebbe addirittura un residuo di Atlantide, il leggendario impero sommerso. Ma una cosa è certa. Pare che, nei suoi paraggi, i radar e le bussole magnetiche impazziscano rendendo impossibile la navigazione. Durante il tramonto, Es Vedrà si ammanta di un alone di puro incanto. Per ammirarla alla perfezione, è consigliabile osservarla da una delle torri difensive di Sant Josep de Sa Talaia: la Torre de Savinar.

 

 

Un finale all’ insegna dell’ happy hour per celebrare la vagheggiatissima Isla Blanca. Ecco alcune bevande tipiche che vi consiglio assolutamente di provare!  Le hierbas ibicencas vantano una tradizione bicentenaria e si ottengono mixando l’alcol con delle erbe aromatiche all’anice. Di solito, nei ristoranti offrono un chupito di hierbas a conclusione del pasto. Il tinto de verano è una sorta di sangria priva di frutta: viene preparata combinando il vino rosso con la gassosa, e si serve con molto ghiaccio. La frigola è un liquore al timo dal colore aranciato. E’ tassativo rinfrescarlo con del ghiaccio abbondante. Se poi cercate qualcosa da accompagnare al vino, optate per un pintxo ibicenco: è un delizioso stuzzichino realizzato, ad esempio, con dei gamberi all’aglio infilzati in un bastoncino e serviti su una fetta di pane.

 

 

Foto via Pexels, Pixabay e Unsplash

 

Il luogo: Tarifa, la “città del vento”

 

Oggi vi porto in un posto straordinario, decisamente mozzafiato: Tarifa. E’ situata in provincia di Cadice, in Andalusia, ed è la città più a sud non solo della Spagna, ma di tutta l’ Europa continentale. Affacciata sullo Stretto di Gibilterra, viene considerata un trait d’union tra l’ Europa e l’ Africa; di entrambi i continenti ha assorbito i colori, i paesaggi e le culture. La zona meridionale della città, Punta de Tarifa, è un promontorio poco distante dall’ Isola de Las Palomas, collegata con una strada apposita al centro urbano. Ma Tarifa non rappresenta solo un crocevia tra l’ Europa e l’ Africa. Punta de Tarifa, in particolare, è un meeting point di due importanti distese d’acqua, l’ Oceano Atlantico (a ovest) e il Mar Mediterraneo (a est). Potreste anche solo pensare a un’ area geografica più affascinante? Da Tarifa, il Marocco dista solo 14 chilometri: nel panorama che si gode dalla città, il monte Jabel Moussa è nettamente distinguibile al di là del mare.

 

Il monte Jabel Moussa, sulla costa del Marocco, visto da Tarifa.

Oltre alla sua posizione, all’ estremità meridionale della Costa de la Luz, Tarifa possiede moltissimi altri punti di forza. Uno su tutti? 10 chilometri di spiagge bianche e incontaminate: da segnalare Playa Chica, Playa de los Lances e Playa de Valdevaqueros, sempre battuta dal vento e brulicante di turisti che praticano sport come il kitesurfing e il windsurf (Tarifa, non a caso, viene soprannominata “la città del vento”). A Punta Paloma, più a nord, si possono ammirare i mulini a vento sulla cima delle colline, mentre Playa de la Caleta, dove si alternano sabbia e rocce, è circondata da una natura selvaggia. Il mare su cui si affaccia, di un turchese vibrante, è l’ideale per gli amanti dello snorkeling e delle immersioni subacquee. A Playa de los Lances, invece, si può cavalcare lungo la spiaggia e inoltrarsi nel verde grazie a dei tour a cavallo organizzati ad hoc. Trovandosi nello Stretto di Gibilterra, inoltre, Tarifa è una meta di riferimento per gli appassionati di whale e dolphin watching (l’ osservazione delle balene e dei delfini). Ma non è finita qui: le rotte di svariati uccelli migratori passano proprio per la “città del vento”. Esistono luoghi specifici per ammirarle, ad esempio il Mirador del Estrecho e il Centro Ornitologico Cig’ena.

 

 

Tornando alle spiagge, molte di quelle affacciate sull’ Atlantico presentano tratti tipicamente africani: sono movimentate da una serie di dune, come la Playa de Los Alemanes, e nella Playa de Bolonia una duna – la Duna de Bolonia – raggiunge la sbalorditiva altezza di 30 metri. Anche a Punta Paloma svetta un’ enorme duna di sabbia, che quando soffia il vento di Levante invade persino la strada asfaltata. Il panorama che si ammira dalla sua cima è strepitoso: combina l’azzurro dell’ Oceano con i toni dorati della sabbia e il verde intenso della pineta circostante.

 

 

Ma qual è la storia di questa magnifica “terra di mezzo”? A fondare Tarifa furono i Greci, poi divenne la prima colonia romana in territorio spagnolo. Nel luglio del 710 d.C. fu conquistata dal comandante berbero Tarif b.Malik, da cui prese il nome. Da quel momento,  la città sperimentò un lungo periodo di dominazione islamica. Gli Arabi la soprannominarono “l’ isola della tariffa” in quanto chiunque approdava nel suo porto era tenuto al pagamento di un pedaggio. Il re cristiano Alfonso VI, nel 1083, riuscì a penetrare nell’ agglomerato urbano, ma Tarifa venne riconquistata solo nel 1292 da Sancho IV re di Castiglia. La sua posizione, ovviamente, la rendeva uno sbarco perfetto per gli Arabi del Marocco, e fino ad allora si erano susseguite innumerevoli lotte che contrapponevano i Cristiani ai Musulmani. Nel 1340 spettò al re Alfonso XI di Castiglia difendere Tarifa dall’ invasione dei Mori. Il 20 Ottobre di quello stesso anno, il sultano Abu-l-Hasan fu sconfitto definitivamente durante la battaglia del “rio Salado”, un torrente nei paraggi della “città del vento”.

 

 

Cosa vedere a Tarifa? Innanzitutto, va precisato che è la meta ideale per chi sogna una vita di spiaggia unconventional: la natura incontaminata e selvaggia, i numerosi sport che è possibile praticare, i paesaggi e i panorami sorprendenti la rendono assolutamente speciale. C’è da aggiungere che ogni spiaggia include un gran numero di chiringuitos, i caratteristici chioschi-bar del litorale sud spagnolo. Lì potete trovare di tutto, dagli alimenti alle bibite, dai dolci al pesce fresco. Una particolarità, quest’ ultima, tipica della Costa de la Luz. Per quanto riguarda il territorio urbano di Tarifa, è tassativa una visita nella città vecchia. Noterete che il centro storico abbonda di vie e vicoli fiancheggiati da case completamente candide, punteggiate di tanto in tanto dai colori prorompenti dei vasi di fiori.

 

 

In Avenida Andalucia troverete la Puerta Jerez, ciò che rimane delle antiche mura della città, composta da due diverse parti. La prima comprende l’ unica porta superstite, la Puerta de la Almedina; è stata edificata in stile Mudéjar dopo la Reconquista, ed è intrisa di influenze arabe. Il resto delle mura è architettonicamente più classico e più tipicamente “spagnolo”. La Chiesa di San Matteo, in calle Sancho IV el Bravo, risale al XV secolo e il suo interno è impreziosito da tre navate con volte a vela gotica. Una curiosità: come molte chiese andaluse, è stata innalzata su un’antica moschea. Il Castillo de Guzmàn è un must-see assoluto: si trova a sud di Tarifa e dai suoi piani superiori si può godere di un panorama spettacolare, il mare e la costa del Marocco in lontananza. Il castello fu costruito dal califfo di Cordoba Abd ar-Rahman III nel 960, ma il suo nome è un omaggio ad Alonso Pérez de Guzmàn, detto Alonso el Bueno, un eroe della Spagna della Reconquista. La fortezza, dalla pianta a trapezio regolare, evidenzia uno stile impregnato di riferimenti romani e bizantini. A circa 8 chilometri da Tarifa e a 300 metri sul livello del mare risalta il Mirador del Estrecho, un osservatorio panoramico affacciato sullo Stretto di Gibilterra. Lo scenario che si apre ai vostri occhi è a dir poco straordinario: nelle giornate limpide è possibile ammirare lo Stretto e suggestive aree della costa africana, come la città di Ceuta (centro urbano autonomo spagnolo nel Nord Africa), il monte Jebel Moussa e il porto di Tangeri, Tanger Med, inaugurato nel 2019. Sull’ Isola de Las Palomas, invece, potrete spaziare con lo sguardo dal Mar Mediterraneo all’ Oceano Atlantico. Un edificio molto visitato nell’ isolotto è il Castillo de Santa Catalina, risalente al 1933. Architettonicamente è piuttosto particolare, ricco di torri e merli, e ricorda un palazzo del Rinascimento; tuttavia, le guerre e i bombardamenti hanno deteriorato il suo stile originale, modificato da svariati restauri.

 

Un particolare del Castillo di Guzmàn el Bueno

Il Castillo de Santa Catalina, sull’ isolotto di Las Palomas

Per chi ama fare shopping, Tarifa offre un’ ampia gamma di occasioni. La via da tenere d’occhio è calle Batalla del Salado: qui si alternano le boutique delle più prestigiose griffe internazionali, i negozietti di souvenir e i grandi esercizi commerciali specializzati nell’ abbigliamento e nell’ attrezzatura da surf. Gli appassionati di questo sport troveranno una scelta di brand da lasciare senza fiato! L’ anima europea-africana di Tarifa fa sì che proliferi il “fatto a mano” in stile etnico, sia che riguardi gli abiti che i tessuti e i gioielli: sbizzarritevi a curiosare e a fare acquisti nelle numerose botteghe a tema. Il mercato vecchio è un incantevole mercato coperto in pieno centro storico. Al suo interno vengono vendute la frutta, la verdura, al suo esterno pesce fresco in quantità. Ogni martedì mattina, inoltre, si tiene il classico mercato che propone, tra l’altro, splendide ceramiche, pregiate stoffe e dosi massicce di frutta secca (non dimentichiamo che il dattero è un tipico frutto dell’ Africa settentrionale). In quanto a locali, ristoranti, discoteche e nightlife in generale, Tarifa non vi lascerà delusi. Il divertimento aleggia nell’aria e sono svariati i club dove si balla sotto un tetto di stelle. Se poi avete bisogno di un consiglio su dove alloggiare, ecco un nome e un indirizzo: The Riad Tarifa, un meraviglioso hotel boutique al n.10 di calle Comendador. E’ stato allestito in un edificio del XVII secolo e vanta interni che riproducono quelli di un riad marocchino, ricco di cortili e di giardini con tanto di fontana. Sul rooftop ci si può estasiare di fronte alla stupenda vista dall’ alto di Tarifa

 

 

Tarifa è un luogo magico. Connette due distese acquose, due continenti e le rispettive culture. La mitologia, nella sua storia, gioca un ruolo importante. E’ in quella zona geografica che vennero collocate le Colonne di Ercole: una sorta di frontiera dello scibile, del mondo più evoluto culturalmente. La letteratura classica dell’ Occidente situa le leggendarie Colonne nello Stretto di Gibilterra. La prima sul promontorio della Rocca di Gibilterra (mitologicamente identificato come monte Calpe), la seconda sul monte Jebel Moussa (il mitologico monte Abila). Oltre a esplorare le entusiasmanti attrazioni che offre Tarifa, i suoi monumenti, i suoi locali, le sue spiagge, che cosa potreste fare per rendere il vostro soggiorno ancora più interessante? Una visita alla vicina città di Tangeri, per esempio, adorata da un folto novero di artisti ed intellettuali del secolo scorso. Personaggi del calibro di Henri Matisse, Albert Camus, William Burroughs, Paul Bowles, Jack Kerouac, Gore Vidal, Jean Genet, Ian Fleming e più recentemente Rudolf Nureyev, i Beatles e Mick Jagger la tramutarono in un vero e proprio paradiso decadente. Da Tarifa, Tangeri può essere raggiunta in traghetto in soli 35 minuti.

 

 

Foto, dall’alto:

Foto 2 “Estrecho de Gibraltar” di Gaspar Serrano via Flickr, CC BY-NC-ND 2.0

Foto 5 di César Comino García, CC BY 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/3.0>, via Wikimedia Commons

Foto 10 di Ziegler175, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

Foto 12 di Luis Rogelio HM, CC BY-SA 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0>, attraverso Wikimedia Commons

Foto 13 di Benjamín Núñez González, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, attraverso Wikimedia Commons

Foto 14 di Jelger, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, attraverso Wikimedia Commons

Foto 18 di sunshinecity from Italy, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons

Foto 21 di Manfred Werner, CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons

Foto 27 di Jelger, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, attraverso Wikimedia Commons

Il luogo: Zante, viaggio nell’ isola che diede i natali a Foscolo

 

” Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque
Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso…”

(Ugo Foscolo, da “A Zacinto”)

 

Il suo nome è Zante, ma anche Zacinto, o meglio Zakynthos come la chiamano gli autoctoni. Appartiene all’ arcipelago greco delle Isole Ionie (che include anche Corfù, Cefalonia, Itaca, Leucade, Cerigo, Passo) ed ha una superficie di 405 km 2 su cui sono distribuiti 40.000 abitanti. Se amate la natura selvaggia ma non disdegnate la nightlife e il divertimento, Zante fa al caso vostro: è un’ isola singolarissima, ricca di sfaccettature. Secondo la mitologia greca, a Zante nacque Venere; non soprende, dunque, che sia una sorta di paradiso terrestre lambito dal mare più azzurro che ci sia. Leggende a parte, Zakynthos diede i natali al poeta Ugo Foscolo. Non va dimenticato, infatti, che per ben sei secoli – a partire dal 1194 e fino al 1797 – l’isola fu soggetta al dominio della Repubblica di Venezia. Ma quali sono le origini di Zante e perchè le venne attribuito quel nome? Omero fu il primo a citarla in un testo, lo fece sia nell’ Iliade che nell’ Odissea. Si narra che, in tempi antichissimi, la Dea della Caccia Artemide vagasse di continuo nei rigogliosi boschi di Zante, e che suo fratello Apollo solesse decantare la bellezza di quei luoghi accompagnandosi con la lira. In onore dei due Dei venivano organizzati eventi, gare e svariati spettacoli, finchè, tra il 1500 e il 1600 a.C., sull’ isola approdò Zakynthos (il figlio di Dardano, Re di Troia) e la colonizzò. Zakynthos era partito dalla città di Psofida, in Arcadia; a Zante fondò un’ acropoli a cui diede lo stesso nome. Considerato colui che scoprì e popolò l’isola, Zakynthos divenne la sua icona. Appariva sulle monete e si tramutò in una sorta di emblema: era raffigurato mentre reggeva tra le mani un serpente, perchè – come asserivano le leggende – al suo arrivo fece piazza pulita dei serpenti che si addensavano nel territorio. A tutt’ oggi, Zakyhthos (in italiano Zacinto) viene considerato l’ eroe supremo dell’ isola che nel 2011 prese il nome di Zante.

 

 

Omero la ribattezzò “Fiore di Levante”, Foscolo le dedicò un sonetto, “A Zacinto”: le meraviglie naturali di Zante sono state celebrate sin dalla notte dei tempi. Il verde pervade l’ intera isola, le spiagge sono molteplici e collocate in spettacolari insenature, le pareti rocciose cadono a strapiombo sul mare. Il paesaggio è straordinario, caratteristico. Abbondano gli ulivi, i vigneti, le piantagioni di cedri, che fanno dell’ agricoltura una delle ricchezze principali dell’ isola. Tipico di Zante è il corinzio nero senza semi, detto ribes: la coltivazione di questa varietà d’ uva risale a epoche antichissime; secoli orsono, il ribes veniva esportato nel Mediterraneo attraverso il porto di Corinto. Altre risorse sono rappresentate dall’ allevamento degli ovini, da due giacimenti minerari situati a ovest dell’ isola, dall’ artigianato e, naturalmente, dal turismo. Anche perchè Zante è una meta per tutti i gusti. Chi ama il relax e i panorami incontaminati la adorerà, chi è in cerca di mondanità potrà trovare “movida” in abbondanza lungo la costa meridionale. A ovest si concentrano scogliere altissime, nelle zone interne sono presenti luoghi in cui la civiltà sembra non essere ancora arrivata: vecchie mulattiere attraversano un territorio straripante di piante selvatiche e costellato da mulini d’ altri tempi. Il clima, senza dubbio, favorisce questo tipo di paesaggio; a Zante le primavere sono piovose e le estati caldissime, ma secche. E se le temperature raggiungono normalmente i 40-45 gradi, risultano sopportabili grazie all’ assenza dell’ afa.

 

 

Se dovessimo scegliere uno scorcio specifico per identificare l’ isola, punteremmo di sicuro sulla spiaggia del Relitto o del Navagio (in italiano, naufragio). Si trova sulla costa nord-occidentale ed è collocata tra due promontori rocciosi: appare come un’ insenatura di spiaggia bianchissima dove dal 1980 giace il relitto della motonave Panagiotis, che quell’ anno naufragò dopo essere rimasta incagliata in una secca. La vecchia nave arrugginita risalta sul candore della cala, che alterna sabbia e ciottoli: non è un caso che questa location sia una delle più fotografate di Zante. Per ammirarla dall’ alto, e godere al tempo stesso del blu intenso del mar Ionio, basta percorrere un sentiero panoramico laterale alla spiaggia. Navagio Beach, da notare, è raggiungibile soltanto via mare.

 

 

Dato che parliamo di spiagge, eccone qualcun’ altra da non lasciarsi sfuggire. Se amate praticare lo snorkeling, puntate su Makris Gialos: è una spiaggia composta di sabbia e ciottoli situata nei paraggi di stupefacenti grotte subacquee. A pochi passi dal villaggio di Alykes troverete invece la spiaggia di Xigia: su questa cala incassata tra due scogliere rocciose vi sentirete in un vero e proprio angolo di Eden. Il fondo è sabbioso (l’ optimum per chi detesta camminare sui ciottoli), e nelle immediate vicinanze si apre una grotta dove scorre una sorgente naturale di acqua sulfurea. Grazie all’alta concentrazione di zolfo, il mare su cui si affaccia la spiaggia sfoggia una nuance di turchese mozzafiato. Il fondale sabbioso – ricoperto però da numerosi ciottoli –  contraddistingue anche la spiaggia di Limni Keri, un paesino posizionato di fronte all’ isola di Marathonissi. Circondata da un gran numero di pini marittimi e di taverne, questa piccola baia, al tramonto, è impregnata di un’ atmosfera incredibilmente suggestiva. La collocazione alle pendici di Capo Marathia, un maestoso promontorio, fa sì che la spiaggia sia un perfetto punto di partenza per le escursioni nel Parco Marino Nazionale, nell’ isola di Marathonissi e nelle grotte e calette di Capo Marathia. Kaminia Beach si trova nel cuore del golfo delle Tartarughe: il suo fondo di sassi candidi è raggiungibile solo tramite una scaletta assai ripida. Non è il massimo della comodità, ma se adorate le spiagge nascoste vale la pena di farci un salto! Porto Roxa, completamente attorniata dalle rocce, abbina il relax al divertimento sfrenato. Le taverne abbondano e il calar del sole è tutto da ammirare. Non è raro, inoltre, ottenere ombrelloni e sdraio gratuiti in cambio di una consumazione nei suoi brulicanti locali.

 

 

Una visita al Parco Nazionale Marino è imprescindibile. E’ sorto nel 1999 a tutela delle tartarughe acquatiche Caretta caretta, una specie tipica del mar Mediterraneo che è solita nidificare sulla costa sud-occidentale di Zante (si contano circa 1300 nidi l’anno). L’ area del Parco include quattro isolotti situati a sud dell’ isola: Marathonissi, Pelouso e le due isole Strofadi. Le tartarughe, ad alto rischio di estinzione, raggiungono le spiagge ogni mese di Giugno per sotterrare le loro uova nella sabbia. Dopo circa 55 giorni queste si schiudono e i cuccioli si dirigono autonomamente verso il mare.

 

 

Le Grotte di Keri rappresentano un’ ennesima meraviglia locale. Sono posizionate a sud-ovest di Zante, nei pressi del promontorio di Capo Marathia, e si raggiungono solamente via mare tramite barche private o turistiche. Queste grotte si sviluppano lungo la costa a strapiombo, che favorisce una notevole profondità dei fondali: le imbarcazioni, in genere, possono accedervi senza problemi. Nelle grotte con un ingresso molto stretto si può invece entrare a nuoto. In questa zona è consigliabile soffermarsi ad ammirare i Mizitres, due faraglioni uniti da una sottilissima lingua di sabbia alle pareti rocciose del litorale. La spaccatura che squarcia un faraglione rende possibile esplorare quest’area a nuoto osservando le innumerevoli stelle marine che la popolano. Anche sulla costa nord-occidentale dell’ isola è presente una serie di grotte incantevoli. Si tratta delle celebri Grotte Blu, formazioni geologiche che partono da Agios Nikolaos ed arrivano fino a Capo Skinari: una zona ideale per praticare lo snorkeling. Il nome delle grotte si ispira ai particolarissimi riflessi azzurri che l’acqua marina proietta al loro interno. Come avviene per le Grotte di Keri, alcune Grotte Blu sono visitabili con una piccola imbarcazione oppure a nuoto (un metodo riservato ai più esperti).

 

 

Un tour ideale dell’ isola di Zante comprende i luoghi, i paesaggi e gli edifici più disparati: antichi mulini, strade panoramiche, monasteri secolari come, ad esempio, San Giorgio delle Rocce, situato nel paese di Anafonitria. Il complesso architettonico si staglia su un promontorio e vanta una magnifica vista mare. Consta di una torre a base circolare, una serie di alloggi e una chiesetta che i pirati distrussero nel 1553. Successivamente, venne ricostruita in tipico stile veneziano. Un altro monastero molto caratteristico è quello di Eleftherotria, il monastero della Madonna Liberatrice. Si trova nei pressi di Macherado e somiglia ad un castello ricco di torri, archi e merlature. Il tour prosegue a Zante, capoluogo dell’ isola e suo porto principale. Un terribile terremoto rase al suolo la città nel 1953, annientando ogni traccia dell’ antico dominio veneziano. I portici, i palazzi e i luoghi di culto che si rifacevano strutturalmente alla Serenissima vennero riedificati in stile moderno. Le uniche testimonianze risalenti ai tempi che furono sono rappresentate dalla chiesa di San Dioniso (dove vengono conservate le reliquie del santo), la chiesa di San Nicola del Molo, l’ edificio della Banca Nazionale e la piazza di San Marco, un nome scelto non a caso. Imperdibile una passeggiata nei tortuosi vicoli, costeggiati da case con cortili adornati di fiori, e il panorama che abbraccia la baia di Zante. Proprio dietro la città, nel punto più alto della collina Strani, spicca poi un delizioso borgo che circonda i resti di un castello veneziano: merita di essere visitato senza esitazione. E la vita notturna, le discoteche, i pub? Oltre che a Zante, si concentrano a Argassi e Laganas. Quest’ ultima località, situata nel sud dell’ isola, viene soprannominata “la piccola Las Vegas” ed è tutto dire. Nightclub, negozi, hotel e ristoranti si susseguono in un’ esplosione di insegne al neon che accendono la notte di mille colori. I supermercati, i locali e gli esercizi commerciali rimangono aperti pressochè h24 e anche la spiaggia, che si snoda per chilometri e chilometri, è frequentatissima a ogni ora del giorno e, ça va sans dire…della notte! Zante, insomma, è l’isola perfetta per qualsiasi esigenza e qualsiasi stile di vita. E voi, quale aspetto di Zakynthos preferite?

 

Il luogo: la spiaggia delle Due Sorelle, un gioiello incastonato nella Riviera del Conero

 

” Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare. “

(Giacomo Leopardi, da “L’Infinito”)

 

Il caldo improvviso e travolgente di questi giorni fa sì che gli scenari marini ricorrano nei nostri weekend. Oggi voglio parlarvi, quindi, di una delle baie più “selvagge” e meravigliose d’Italia: la Spiaggia delle Due Sorelle, emblema iconico della Riviera del Conero. Dal porto di Ancona al centro balneare di Numana si snoda un litorale roccioso e frastagliato di cui il promontorio del Monte Conero (572 m. di altezza sul livello del mare) costituisce il rilievo principale. La costa si estende per una ventina di chilometri ed è contraddistinta da una bellezza tale da esser stata dichiarata, nel 1987, Parco Regionale del Conero. Per averne un’ idea, pensate a un mare (il mare Adriatico) color turchese, limpido e cristallino. Poi immaginate un monte, conosciuto non a caso come il “Paradiso delle Marche”, che cade a picco su questo mare: è ammantato di boschi e di una rigogliosa macchia mediterranea, tra cui un tripudio di ginestre. La Riviera del Conero è tempestata di baie, deliziose spiagge di ghiaia e ciottoli, scogli, calette, grotte inaspettate… raggiungibili esclusivamente via mare o percorrendo una serie di sentieri.

 

 

Sono molte le spiagge che seducono, con la loro meraviglia, i turisti e i locali. Ne cito solo alcune: Mezzavalle, un vero e proprio eden da godere in piena libertà. Portonovo, una baia pittoresca dove spicca l’inconfondibile “palafitta” color cielo del Clandestino Susci Bar. La Spiaggia dei Gabbiani, una piccola insenatura cosparsa di sabbia vellutata. La Spiaggia dei Sassi Neri, che, al contrario, vanta una riva rocciosa composta da sassi e da scogli molto scuri. E poi c’è la Spiaggia delle Due Sorelle, incontaminata e ricca di ciottoli candidi e sabbia finissima. E’ “wild” al punto tale da poter essere raggiunta soltanto dai traghetti in partenza da Portonovo, oppure tramite barca, canoa o sup. A Nord si erge la coppia di faraglioni, le “Due Sorelle” appunto, che sono un po’ il suo simbolo. Gli speroni rocciosi rappresentano d’altronde una costante di questo tratto di costa, affacciata su un mare che spazia dal verde smeraldo a un azzurro talmente intenso da sembrare caraibico. Ma come nasce il nome le “Due Sorelle”? Pare che i faraglioni, bianchi e gemelli, siano stati così battezzati perchè la loro conformazione ricorda quella di due monache in preghiera.

 

 

Per godervi la spiaggia appieno, non tralasciate di ammirarla al tramonto, quando il sole la inonda di splendidi colori. L’atmosfera è magica e la distesa d’acqua che avete di fronte vi sembrerà sconfinata. Questo gioiello immacolato, incastonato tra le rocce, viene considerato la spiaggia più bella delle Marche e Legambiente lo annovera nella Top 15 delle spiagge d’Italia. La Spiaggia delle Due Sorelle è l’ideale per poter vivere a stretto contatto con la natura: bisogna essere muniti di un ombrellone e di acqua e cibo propri, se si vuol trascorrere una giornata nei suoi spazi. Non sono presenti bar, locali o ristoranti, è proibito fumare e lasciare sulla spiaggia rifiuti o mozziconi di sigaretta. Trovandosi all’ interno del Parco Regionale del Conero, inoltre, raccogliere piante e impossessarsi di pietre o sassi dalla forma particolare è vietato nel modo più assoluto. Ma non voglio di certo scoraggiarvi, con questa lista di divieti! La Spiaggia delle Due Sorelle è la location perfetta se volete prendervi una pausa dal caos o dalle classiche spiagge in cui la musica gracchia dagli altoparlanti e il cicaleccio dei bagnanti azzera il relax. Sappiate che esiste anche una leggenda molto suggestiva che la riguarda: si narra che anni e anni orsono, in quella zona, si udissero urla laceranti provenire dal mare. Al largo viveva una bellissima Sirena che era solita ammaliare i marinai con il suo aspetto seducente e il suo canto melodioso. Costoro ne erano irrimediabilmente attratti e, conquistati da quel magnetismo, la raggiungevano senza esitazione. 

 

 

Ma la Sirena li attirava a lei per poi incatenarli nella Grotta degli Schiavi, una mitica cavità marina situata a Nord degli scogli delle Due Sorelle. Questa Grotta è tuttora avvolta nel mistero. Lunga ben 70 metri, si pensa che sia esistita almeno fino agli anni ’30 del ‘900, quando una frana ne occluse l’apertura. Pare che al suo interno fosse presente una  spiaggia ghiaiosa, ed eminenti personalità dell’ anconetano assicurarono che dalla roccia delle sue pareti sgorgasse acqua purissima. Anche il nome del luogo ha un’ accezione di volta in volta storica o mitologica. Secondo alcuni, la Grotta venne così denominata poichè gli Schiavoni, pirati originari dei Balcani, la utilizzavano a mò di rifugio. Altri affermano che i pirati solessero incatenare nella Grotta i loro prigionieri, e che gli anelli fissati sulla roccia sarebbero tuttora distinguibili. Secondo un’ altra leggenda, gli Schiavoni rapirono una Principessa e la imprigionarono a vita nella Grotta: le lacrime infinite della donna generarono una sorgente all’ interno della cavità. Tornando alla Sirena, pare che avesse come complice un terribile Demone marino. Costui venne abbattuto e tramutato in una roccia che, squarciatasi in due blocchi, diede origine ai faraglioni delle Due Sorelle. Ancora oggi, navigando in barca o traghetto davanti all’ ingresso della Grotta, si dice che si odano le urla dei marinai imprigionati e il rumore lugubre delle loro catene.

 

 

Esiste un’ ulteriore leggenda legata alla Grotta, e senza dubbio è intrisa di immenso fascino. Si narra che la Grotta non sia altro che la nota e ricercatissima “stanza del tesoro” in cui culmina il Buco del Diavolo del Monte Conero. Secondo le credenze popolari, infatti, all’ interno del Monte sarebbe presente un intricato labirinto di cunicoli.  Questi condurrebbero a una “stanza del tesoro” che conterrebbe un altare, una gallina d’oro circondata da dodici pulcini d’argento e un baule ricolmo di ricchezze. Per accedere a quei cunicoli, si dovrebbe passare attraverso una fenditura situata alle pendici del Conero. Impossessarsi del tesoro, però, pare che non sia così semplice: chiunque lo trovasse, sappia che non può portarlo via con sè a meno che non scriva sull’ altare della Grotta, con il proprio sangue, il nome esatto del Demone dimorato nei cunicoli. La spiegazione storica dei tunnel scavati nella roccia, invece, li identifica con una sorta di acquedotto interno al Monte costruito in epoca romana o preromana.  

 

 

Oltre alle atmosfere paradisiache, al relax più assoluto, al connubio mozzafiato tra il paesaggio marino e quello montano, la Spiaggia delle Due Sorelle offre la possibilità di vivere una singolarissima esperienza: presenziare al magnifico evento naturale della riproduzione dei polpi a cavallo tra l’ Autunno e l’ Inverno.

 

 

Foto: n.3 dall’ alto, di Giorgio Montesi, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons. N.4 di Marche Tourism via Flickr, CC BY-NC-SA 2.0. N.5 di Antonio Castagna via Flickr, CC BY 2.0. N.6 di Enrico Pighetti via Flickr, CC BY 2.0.

 

Sulla strada

 

” E così in America quando il sole tramonta e me ne sto seduto sul vecchio molo diroccato del fiume a guardare i lunghi cieli sopra il New Jersey e sento tutta quella terra nuda che si srotola in un’unica incredibile enorme massa fino alla costa occidentale, e a tutta quella strada che corre, e a tutta quella gente che sogna nella sua immensità, e so che a quell’ora nello Iowa i bambini stanno piangendo nella terra in cui si lasciano piangere i bambini, e che stanotte spunteranno le stelle, e non sapete che Dio è Winnie Pooh?, e che la stella della sera sta tramontando e spargendo le sue fioche scintille sulla prateria proprio prima dell’arrivo della notte fonda che benedice la terra, oscura tutti i fiumi, avvolge le vette e abbraccia le ultime spiagge, e che nessuno, nessuno sa cosa toccherà a nessun altro se non il desolato stillicidio della vecchiaia che avanza, allora penso a Dean Moriarty, penso perfino al vecchio Dean Moriarty padre che non abbiamo mai trovato, penso a Dean Moriarty. “

 

Jack Kerouac, da “Sulla strada”

 

 

 

 

 

Sulle tracce del Principe Maurice – Un’estate da red carpet e gli indizi di un autunno eclettico

Il Principe Maurice, con tanto di Flassy Mask, sul red carpet della Mostra del Cinema di Venezia

Nonostante la pandemia dilagante, l’ estate del Principe Maurice è trascorsa in un susseguirsi di progetti, sorprese ed eclatanti novità. Potremmo definirla un’ “estate da red carpet”, e non solo metaforicamente: le sue apparizioni sul tappeto rosso della 77ma Mostra Internazionale del Cinema di Venezia sono state salutate da un autentico tripudio di applausi e scatti. Merito, forse, anche di una stagione che lo ha decretato “Principe del Lido” a tutti gli effetti, supremo testimonial di un’isola che ha contribuito a riportare agli antichi fasti. “Il Lido veniva chiamata “l’Isola d’Oro”, racconta, “un secolo orsono era una delle mete turistiche più esclusive del mondo. Non è un caso che vanti tuttora un’ eccellente offerta ricettiva. Parliamo di strutture del calibro dell’ Hotel Des Bains, che Thomas Mann inserì in “La morte a Venezia”, dell’ Hotel Excelsior, prima sede della Mostra del Cinema, dell’ Hotel Ausonia Hungaria, che con la sua facciata di maiolica in stile Liberty è uno dei più splendidi edifici Art Nouveau che io abbia mai visto. La spiaggia dell’ isola, Bandiera Blu, è lunga dodici chilometri, il mare è trasparente, e poi c’è la Terrazza del Blue Moon che è il fiore all’ occhiello del litorale. Gestirla artisticamente mi ha permesso di scoprire il Lido a 360 gradi: ci sono due stupende riserve naturali del WWF, l’Oasi Dune degli Alberoni e quella di San Nicolò , chi ama lo sport può sbizzarrirsi tra impianti di tiro a segno, maneggi, campi da tennis e da golf…Sulla pista del piccolo aereoporto turistico, pensate, atterrò nientemeno che D’Annunzio con il velivolo tramite cui raggiunse Fiume. ” L’attenzione del Principe si focalizza anche sugli eventi che hanno reso celebre  l’Isola d’Oro: “La Biennale Cinema ovviamente è il top, ma in generale la location si presta a feste che definirei “alla Grande Gatsby“. Ho in mente di creare un Carnevale d’Estate che – Covid permettendo – verrà inaugurato l’ anno prossimo!” Oltre al resoconto dei mesi estivi del nostro eroe, in questa intervista troverete delle ghiotte anticipazioni relative ai suoi progetti autunnali. Ve li sintetizzo con un sibillino “Ciak, si gira!” che potrete approfondire qui di seguito…

Dopo un’estate per te sfavillante, eccoci arrivati all’ autunno: una stagione che spesso coincide con nuovi progetti, in cui si formulano i veri buoni propositi. Quali sono i tuoi? Mi riferisco sia ai progetti che ai propositi.

I progetti sono importanti, in vista, ma non sono ancora delineati. Una delle conseguenze dell’emergenza Covid è questa sorta di last minute su tutto. Un mio proposito è quello di   dedicarmi nuovamente al teatro: sto iniziando a scrivere un monologo dove, grazie alla tecnologia, riuscirei a interagire con un me stesso virtuale, olografico. Un altro progetto importante riguarda un’ulteriore evoluzione del format “dinner show”, non solo riferito alle atmosfere degli anni ‘20 e ‘30 del 2.0 ma che va oltre, si proietta in una modalità totalmente innovativa. Dobbiamo puntare sulle cene perché, purtroppo, la situazione dei locali è ancora penalizzata e non si sa per quanto tempo lo sarà. La collaborazione con Flavia sarà strettissima dal punto di vista dei costumi, perché conosce bene le mie esigenze. Con lei sono al sicuro! Il nostro rapporto ha un senso persino a questo livello. Oltre che su Flavia, poi, posso contare su dei collaboratori eccellenti: cito ad esempio Simone Fucci, alias Simon The Prince. Questo ragazzo straordinario che fa l’attore e il performer, ma in realtà è anche un ottimo regista, assistente regista e assistente di produzione, è diventato il mio braccio destro. L’ho portato con me sul red carpet della Mostra del Cinema! Dal momento che diffonde un messaggio importante sulla libertà di genere e sul rispetto delle identità sessuali, ho pensato di donargli questa magnifica vetrina. Ha avuto un successo notevole anche perché si muove sempre con molta naturalezza, con una grande eleganza.

 

Con Alberto Barbera, direttore della Mostra del Cinema…

…e insieme all’ attore, regista e performer Simon The Prince

La tua estate al Lido, con tanto di red carpet alla 77ma Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, rimarrà negli annali. Quali fotogrammi porti impressi nella mente, di quella fantastica stagione?

Cominciamo proprio dalla Mostra del Cinema, dove sono stato invitato sia all’ apertura che in chiusura. Ho potuto piluccare qualche film, sebbene fossi molto impegnato. Devo dire che la mia amicizia con il direttore Alberto Barbera è diventata ancora più forte: lo ammiro tantissimo per il coraggio che ha avuto organizzando questo Festival in tempi di Covid. E’ stato qualcosa di esemplare non solo per l’ambiente del cinema, della cultura, ma in generale. Da Venezia è partito un messaggio rivolto al mondo intero: bisogna – in sicurezza – osare, fare, continuare a vivere. Io, come sai, ho portato avanti il mio progetto della Terrazza del Blue Moon al Lido; un progetto un po’ condizionato dalle regole anticovid,  ma anche sostenuto dall’ entusiasmo di chi ha collaborato con me e soprattutto delle strutture che mi hanno ospitato, perché la  bellissima Terrazza appartiene a Venezia Spiagge SpaVela Spa e la municipalità di Venezia  hanno mirato a valorizzare il restauro di quest’opera architettonica veramente straordinaria progettata dall’ archistar Giancarlo de Carlo a fine anni ’90. Il suo restauro è stato presentato l’anno scorso, ma la riapertura al pubblico quest’anno. Io sono stato il testimonial di questa sua nuova attività e la cosa mi ha gratificato e onorato. Lì ho vissuto dei momenti davvero magici, romantici e quasi esoterici, in comunione con la Luna. Siccome sono notoriamente “lunare” mi sono trovato perfettamente a mio agio, e ho potuto  dar  vita ad eventi speciali dedicati in particolare alla Luna piena. Devo dire che la visuale sul mare che si gode dalla Terrazza, in realtà, era lo spettacolo più bello!

 

Una spettacolare performance del Principe sulla Terrazza del Blue Moon

La Burlesque performer Giuditta Sin mentre si esibisce durante l’ evento “Blue Full Moon” del 3 Settembre scorso

Una suggestiva foto scattata la stessa sera dello show “Blue Full Moon”

Poco prima di approdare al Lido, però, hai vissuto un’esperienza – o sarebbe meglio dire una “High Experience” – in netto contrasto con il glamour della Mostra del Cinema, ma decisamente spettacolare a livello di emozioni e di contatto con la natura…Potresti parlarcene?

L’esperienza che ho vissuto è stata davvero agli antipodi della mondanità della Mostra, ma non meno entusiasmante. In Luglio ho trascorso una settimana a Livigno insieme a tutto lo staff di Metempsicosi. Sono tornato a collaborare con i miei vecchi amici dell’Insomnia, tra cui dj/producers quali  Joy Kiticonti, Ricky LeRoy, Mario Più, 00Zicky, tutti nomi che nel mondo della notte sono celeberrimi, per un esperimento nuovo chiamato “High Experience”: musica elettronica sperimentale fatta in alta quota per poche persone privilegiate e motivate. Mi sono abbandonato ad improvvisazioni vocali ed ho interpretato in libertà canzoni del mio repertorio. È stato stupendo! Lì, a più di 2000 metri di altitudine,  la scenografia è divina nel vero senso della parola; quella corona di montagne lascia senza fiato! Non si trattava solo di un esperimento artistico, bensì di un’esperienza totale dedicata ai sensi: degustazioni, passeggiate, fruizione della natura con i suoi profumi, scalate, attività anche avventurose…Mi sono cimentato in arrampicate bizzarre che non avrei mai immaginato, fuori esercizio come sono, di riuscire a fare! E’ stata una parentesi straordinaria in compagnia di amici carissimi con i quali ho condiviso momenti davvero unici. Voglio ringraziare gli organizzatori di questa incredibile avventura, in particolare Leonardo Brogi che è il manager della Metempsicosi e che, insieme ad alcuni sponsor locali, ha avuto l’idea di coinvolgerci in una full immersion da sogno. Hanno anche organizzato dei convegni: c’è stato un momento in cui ho dovuto raccontarmi ai presenti con la mia musica e sintetizzare il motivo per cui ero arrivato fin lì. E’ stata una sfida molto bella, sia dal punto di vista artistico che umano. Livigno è deliziosa! Tra l’altro, nel raggiungerla insieme a un caro amico, ho vissuto un’esperienza inaspettata. A Merano l’auto si è guastata! Abbiamo dovuto passare una notte in loco ed ho scoperto una città pazzesca, una parte di Italia – il Sud Tirolo – che mi ha incantato.  Al ritorno, mentre ero diretto a Milano, ho fatto tappa a Sankt Moritz e, ironia della sorte, mi sono ritrovato all’ Hotel Des Bains sapendo che dopo due giorni sarei arrivato all’ Hotel Des Bains del Lido di Venezia! Non c’è che dire, la mia estate è stata bellissima e speciale!

 

 

La High Experience di Livigno: sound elettronico ed esperienze multisensoriali ad alta quota

Il Covid, purtroppo, è ancora una realtà e le discoteche (almeno per il momento) rimangono chiuse. Ma un’icona come il Principe Maurice, con il suo talento, le sue competenze e la sua poliedricità, non è associabile esclusivamente al mondo della notte. In quali direzioni ti stai diversificando, oltre che nel dinner show?

Io nasco con il mondo della notte. Tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio dei ‘90 sono riuscito a creare qualcosa di alternativo e da lì è partito il progetto del Teatro Notturno. Questo progetto, però, si può portare ovunque e non solo nelle discoteche. Perché è un teatro che ha le sue atmosfere, a volte anche un po’ oscure, dark, ma con quell’ autoironia e quel senso del grottesco che lo rendono fruibile da tutti gli animi. Da qualche tempo a questa parte si è affacciata l’opportunità di una nuova carriera, sia cinematografica che nella fiction. Sono in cantiere parecchi progetti interrotti giocoforza a causa del lockdown. Per una miniserie a cui mi sto accingendo a prender parte c’è la concreta possibilità di essere programmati su piattaforme televisive importanti ed internazionali: si tratta di una serie criminale, d’azione, dove due bande di motociclisti si fronteggiano. E’ molto bello il messaggio che viene dato: le due gang fanno parte della malavita veneta, ma sono contrarie alla droga. Questo trasmette positività ai giovani e mi piace molto. Il titolo della serie è “Rockers”. Io interpreto un insospettabile notabile trevigiano che vive in una villa antica, ma ha una doppia personalità e traffica in armi e in diamanti. Sono molto cattivo! E’ qualcosa di bizzarro, perché non ho mai recitato in questo tipo di ruoli…sarà una bella prova d’attore! Ho sempre bisogno di stimoli e di provocazioni. Il fatto che il mondo della notte sia in crisi è per me un dispiacere, ma al tempo stesso uno stimolo per tentare nuove strade. E devo dire che sono abbastanza fortunato: la mia fama di performer spontaneo, abituato a improvvisare ma con una solida preparazione alle spalle, mi ha aperto strade che non avrei mai immaginato! Al mondo della notte devo tutto, anche la capacità di poter cambiare e di tornare, quando sarà il momento, sempre molto volentieri. Soprattutto per tutelare i diritti di chi in quel mondo lavora, diritti ancora adesso calpestati. Tornando a “Rockers”, la serie è stata presentata durante la Mostra del Cinema di Venezia nello spazio della Regione Veneto, in quanto è sotto il patrocinio della Film Commission regionale, della Film Commission Treviso e dell’associazione Ville Venete & Castelli perché gireremo soprattutto in quelle località. Non posso dire più di tanto se non che le riprese dovrebbero partire entro fine anno con tutte le precauzioni anticovid del caso. Non è facile, però credo che sia cosa buona e giusta iniziare. Bisogna reagire. Il messaggio della Mostra del Cinema è stato forte e chiaro: ricominciamo altrimenti ci perdiamo, ci abbandoniamo a un’inerzia che non ci appartiene. Soprattutto a noi italiani!

 

Una chicca in anteprima per voi: il trailer della serie “Rockers”!

 

La presentazione alla Mostra del Cinema di “Rockers”, serie destinata alle piattaforme TV  che vede Maurice tra i protagonisti

Uno scatto del party dedicato alla serie

Il Principe insieme all’ attore romano Mirko Frezza, protagonista principale di “Rockers”

Ti vedremo anche in TV: una splendida anticipazione, per tutti i lettori di VALIUM! La notizia è ancora top secret o può essere rivelata almeno in parte?

Si tratta di una trasmissione che è una sorta di candid camera, e visto che non hanno ancora girato tutte le puntate non può essere svelata. Per me è stata un’esperienza piuttosto forte, perché a un certo punto, all’ insaputa della vittima (non posso dire troppo, però cerco di spiegarvi), sono subentrati dei fattori umani e ho dovuto far forza su me stesso per calarmi nel ruolo del cinico che interpreto…Però ci sono riuscito! Mi sono detto: “Beh, ma allora posso fare anche il cattivo!”. E’ tutto collegato nella mia vita, c’è un legame un po’ per tutto…Mi arrivano degli indizi che poi si sviluppano, una serie di coincidenze sempre molto fortuite in cui mi trovo ad affrontare nuove sfide e soprattutto nuovi stimoli, che – specialmente in questo periodo – sono fondamentali.

Non molli mai, neppure la pandemia è riuscita a scoraggiarti…sei da ammirare! Sapevi che l’elemento alchemico collegato all’ autunno è il ferro? Il ferro come determinazione, forza di volontà, autocoscienza ed energia interiore. Quanto ti riconosci in queste caratteristiche?

Posso dirti che sono abituato a battere il ferro finchè è caldo! (ride, ndr) Non è che io sia privo di sconforti, però ritengo che la vita mi abbia temprato abbastanza, pur senza togliermi la sensibilità che in me proviene anche dall’ estro artistico. Mi riconosco parecchio nell’ elemento del ferro, anche se il mio vero elemento è l’acqua. Se reagisco, se mi rialzo ogni volta è perché ho avuto dei grandi esempi in questo senso: li ho seguiti e li porto avanti con quel coraggio che mi ha dato l’esperienza. Perché mi riconosco nell’ acqua? Il fuoco forgia il ferro, ma è l’acqua che lo tempra. La cosa più importante, nella metafora del ferro, è che non va fatto arrugginire! (ride, ndr) Il ferro puoi forgiarlo come vuoi, ma una volta che l’hai temprato rimane solido ed eterno soltanto se non lo fai arrugginire.

 

Un’ immagine “cosmica” e un po’ esoterica del Principe Maurice sulla Terrazza del Blue Moon

Quanto ha influito l’amore sul tuo rinnovato dinamismo?

Io vivo d’amore. Sono sempre vissuto d’amore, per cui dal momento in cui lo incontro sulla mia strada e lo riesco a conclamare mi sento più forte. E’ l’amore che mi fortifica. Ho la necessità di condividere, e la cosa bella riguardo alla mia unione con Flavia è che noi condividiamo anche le nostre passioni e le fomentiamo a vicenda, perché lavoriamo nello stesso ambiente. Nel vortice dell’estate scorsa, per fortuna, sono riuscito a ritagliarmi del tempo con lei, che è venuta a trovarmi in due occasioni, una delle quali è coincisa con un importante appuntamento veneziano: la Regata Storica. Siamo stati invitati dal Sindaco nella “machina”, la struttura istituzionale sul Canal Grande dove le autorità e i vip possono assistere comodamente a quello che è uno degli eventi più antichi, tradizionali e prestigiosi della Serenissima. Poi, per la prima volta nella mia vita, sono riuscito finalmente ad andare a vedere e a sentire l’opera che amo di più in assoluto, “Didone ed Enea” di Henry Purcell, in programma al Teatro La Fenice. Dato che a causa del Covid hanno dovuto eliminare molti posti a sedere, il direttore della scenografia Massimo Checchetto (che è anche il direttore artistico del Carnevale di Venezia) ha fatto trasferire tutte le poltrone dal parterre al palcoscenico, quindi si assisteva allo spettacolo sia dai palchi che dalle poltronissime genialmente sistemate lì dove normalmente si svolge lo spettacolo. Flavia ed io eravamo proprio “on stage” e guardando il parterre e ci sentivamo parte della scenografia dell’opera. Dietro di noi c’era la prua di una nave in costruzione: un elemento simbolico che trasmetteva un messaggio ben preciso. Era come dire “Stiamo costruendo questa nave e dobbiamo navigare insieme verso nuovi traguardi dello spettacolo.”, una metafora davvero bellissima.

 

La Regata Storica di Venezia: un evento che il Principe ha vissuto insieme a Flavia Cavalcanti, la sua “dolce metà”

Maurice e Flavia nel giorno della Regata

La coppia al Teatro La Fenice in occasione della messa in scena dell’ opera “Didone ed Enea” di Henry Purcell

Dopo anni di underground, ti stai affermando nel mondo dello spettacolo mainstream. Che sensazioni provi?

Diciamo che il mio personaggio inizia ad essere riconosciuto e guardato da media importanti perché sta uscendo un po’ di più allo scoperto nel mainstream. In fondo, anche la diatriba che qualcuno ha fomentato sul fatto che Achille Lauro mi imiti, che porti avanti il discorso del trasformismo, della fantasia, del riferimento storico, della trasgressione, tutti valori che ho fatto miei negli anni ‘90 con il Cocoricò, ha contribuito ad innalzare la fonte (ossia me stesso) oltre il livello dell’underground…Sabato 3 Ottobre, su RAI 2, “Tg2 weekend” ha proposto un servizio speciale dedicato al sottoscritto a cura della giornalista Carola Carulli. Era al Lido per la Mostra del Cinema e non le è sfuggito quello che stavo combinando sulla Terrazza del Blue Moon: è venuta a trovarmi insieme alla troupe, si sono entusiasmati e hanno voluto farmi questo omaggio. A proposito di Mostra del Cinema, le mascherine Flassy che ho sfoggiato all’ inaugurazione e in chiusura della kermesse hanno divertito anche il direttore Barbera, che si è complimentato tantissimo per il fatto di veder trasformato un “must have” sanitario in un feticcio fashion. Grazie all’ inventiva di Flavia e Vassy Longhi ho avuto l’onore di essere stato pubblicato come top mask assieme a Tilda Swinton! Ma la cosa bella delle mascherine, declinate anche in versione eccentrica come le mie, è che hanno salvato la Mostra del Cinema: è filato tutto liscio, senza contagi. Il messaggio era senza dubbio giocoso, fashion, glamour, ma salutare. Alla Mostra sono stato abbastanza iconizzato…Il cinema è una mia grande passione e non hai idea di quanto sia bello, per me, cominciare a viverlo da dentro. Sono molto emozionato e motivato! Sfilare sul red carpet è sicuramente un riconoscimento, qualcosa di prestigioso, piacevole, simpatico e, nel mio caso, anche ironico. Ho sempre indossato qualcosa che facesse sorridere, che si distaccasse un po’ da quei paludamenti che si vedono in giro. Ha funzionato e funziona ancora: il mio look è piaciuto ai fotografi e di conseguenza ai giornali. Il red carpet è stata una bella vetrina, l’ennesimo passo verso il mainsteram. Ringrazio la Biennale, ringrazio il direttore Barbera che mi invita sempre con grande piacere – un piacere reciproco, devo dire!

 

Ancora uno scatto del Principe alla Biennale Cinema 2020

Una curiosità a bruciapelo: qual è, a tuo parere, la differenza tra “successo” e “fama”?

Il successo lo hai quando realizzi i tuoi sogni, è più “personale”. La fama è il riconoscimento generale e possibilmente duraturo del tuo successo. L’una è l’auspicabile compendio dell’altro, un coronamento. Preferisco l’idea di successo a quella di fama. Certo che il fatto di essere riconosciuto, amato ed ammirato da tante persone diverse per età e condizione sociale, mi fa un piacere enorme. Innanzitutto perché ho notato che sono stati premiati, oltre al mio lavoro, la mia umanità e il mio rispetto per ogni tipo di impiego: per me siamo tutti importanti, quando lavoravo al Cocoricò anche la signora che puliva i bagni era una protagonista. Aver riscontrato il grande affetto nei miei confronti nel prestigioso contesto della Mostra del Cinema è stato molto gratificante e mi ha anche incoraggiato a portare avanti l’attività della Terrazza, qualcosa di non facile in tempi di Covid: sarebbe bastato un contagio per mandare all’ aria tutto.

 

Prima della rappresentazione di “Didone ed Enea” al Teatro La Fenice

Flavia tra le “poltronissime” sistemate on stage

Dove potremo rivederti, a brevissimo?

Ho appena ricominciato con i dinner show all’ Odissea di Treviso, ma ci saranno sviluppi anche in altre città.  In questo momento mi trovo a Milano e il fatto di essere con Flavia, che ha molte relazioni lavorando ad un ottimo livello nel suo settore, fa sì che stiano nascendo dei progetti in loco. Mi riferisco sempre a spettacoli che, purtroppo, non danno adito alle danze, visto che è a tutt’oggi proibito ballare. Vorrei esibirmi in svariate parti d’Italia. Come ti accennavo, il Covid ci ha abituati a confrontarci spesso con situazioni last minute, ma non è detto che dal last minute scaturiscano delle brutte cose. Anzi: c’è l’entusiasmo del dover far tutto subito, delle idee da sviluppare nell’ immediato… Ci sono già grandi progetti, variegati e ancora rigorosamente top secret che – nel caso andassero in porto – vi comunicherò nella prossima puntata di questa rubrica!

 

Maurice “in Terrazza” con il Sindaco di Venezia Luigi Brugnaro

All’ evento mondano “No Paparazzi” della Mostra del Cinema insieme all’ artista internazionale Florence Aseult e ad alcune amiche

Biennale Cinema in versione glamour: cocktail party vip all’ esclusiva Terrazza Campari

Il Principe con Fabio Testi…

…con Ottavia Piccolo…

…e con Floriano Cattai, alias Lyzard, autore della serie “Rockers” oltre che raffinato sound designer e produttore di musica elettronica

La High Experience: l’elettronica tiene alto il suo vessillo anche sulle Alpi. Nelle foto qui di seguito, alcune immagini di Livigno e di Maurice insieme ai dj Joy Kiticonti e Mario Più

 

 

 

 

 

 

Photo courtesy of Maurizio Agosti

 

 

 

Sulle tracce del Principe Maurice: un’estate nel segno della Luna

 

Soltanto a pochi eletti è concesso di chiedere la luna e di ottenerla: il Principe Maurice è uno di quei fortunati. Innamorato da sempre dell’ astro d’argento, “lunare” per definizione (il che instaura un’ intrigante contrasto con la solarità di Flavia Cavalcanti, la sua neo-sposa), l’ icona del Teatro Notturno ha appena inaugurato un progetto interamente dedicato alla luna. Lo scenario è quello, incantevole, del Lido di Venezia. Qui, tra sontuosi edifici Liberty e spiagge dorate, si erge la Moody Terrace Blue Moon, il nuovo regno del Principe: una terrazza fronte mare dove aleggia una magia che sembra scaturire proprio dai bagliori lunari. Sulla Terrazza ci si ritrova, ci si incontra, si degustano cocktail sopraffini…Ma soprattutto si rimane ipnotizzati dalle esibizioni di un Maurice “luminoso” e dalla musica del sound designer Francesco Trizza. A completare questa portentosa alchimia sono artisti di primo livello, star di un entertainment nato per stupire. Il tutto sotto il cielo stellato estivo e, naturalmente, sotto il plenilunio: i party più spettacolari nascono come omaggio alla luna piena ed al suo incanto. Siete interessati al prossimo evento? Il “Blue Full Moon Party” si terrà esattamente domani, il 5 Agosto. Leggete l’ intervista qui di seguito per saperne di più! Poliedrico e inesauribile come sempre, il Principe non poteva riservare le sue energie ad un unico progetto. Il periodo post-quarantena lo vede scatenatissimo, preso in un vortice di serate Speakeasy e di dinner show. Questa conversazione fiume, però, accende i riflettori anche su un aspetto più intimo: l’ amore per Flavia Cavalcanti, con la quale è convolato a nozze un mese fa. In un botta e risposta tra il romantico e il giocoso, Maurice ci racconta tutto sul loro incontro e sulla loro relazione. Vi invito a rimanere sintonizzati su VALIUM, perchè si tratta di domande speculari a cui, la settimana prossima, risponderà anche Flavia. Ma non vi anticipo altro, per ora. Non mi resta che augurarvi una buona lettura!

 

Show time in Terrazza all’ happy hour

Il Principe e la “sirena” (Chiara Baltieri): scene da una fiaba

Riprendiamo il filo da dove eravamo rimasti tre mesi fa. Cosa hai fatto non appena sei “tornato in libertà” dopo la quarantena?

Intanto mi sono dato corpo e anima al dinner show. Esordio a Mantova, in un locale che si chiama Mascara, dove abbiamo sperimentato per la prima volta in Lombardia la formula delle cene spettacolo. Diciamo che, grazie alla gavetta fatta all’ Atelier Curiosité dell’Odissea Fun City lo scorso inverno, sia io che Simone Fucci (in arte Simon The Prince) eravamo già rodati su questo genere. Infatti è stato un successo! Le cantanti che normalmente cantavano nelle orchestre si sono riproposte in maniera eccellente come entertainers. La formula è un po’ sempre la stessa: io intrattengo e canto, Simon fa le sue performance oltre a curare la regia e le scenografie in tutti i loro dettagli, poi c’è qualche ospite che si esibisce nel Burlesque oppure in numeri acrobatici. Il dinner show l’abbiamo cominciato a Mantova prima di trasferirci nella sua “sede naturale”, l’Odissea Fun City di Spresiano, vicino a Treviso.

 

Il dinner show, una delle nuove dimensioni del poliedrico Maurice

Al momento, appunto, ti esibisci soprattutto durante i dinner show: so che ti intriga molto questa dimensione che attinge vagamente al cabaret…

Come ti ho accennato nelle precedenti interviste, è la mia nuova dimensione artistica e mi piace molto. Ormai in discoteca c’è il rischio di chiusura in ogni momento, perché purtroppo non si riescono a rispettare le direttive della prevenzione anti-Covid. Invece il dinner show funziona, funziona benissimo e siamo arrivati a dei numeri importanti. lo e Simon ci esibiamo nella sontuosa Sala Live della grande struttura di cui ti dicevo.  La prima volta che sono salito sul palco mi sembrava di essere a Las Vegas! Ma adesso le serate verranno portate avanti più da Simon che da me, perché nel frattempo mi sono buttato in un’altra straordinaria avventura…

 

Spresiano (TV) o Las Vegas? Lo spettacolare Atelier Dinner Show dell’ Odissea

So che sei coinvolto in grandi progetti al Lido di Venezia. Che ci racconti di tutto questo?

Il Lido è la spiaggia di Venezia. Era chiamata “l’Isola d’ oro” e ha vissuto il suo massimo splendore cento anni fa, quando era una meta turistica esclusiva prescelta persino dalle teste coronate d’Europa. Negli anni ‘20 del 900 il Lido rappresentava quello che rappresentano oggi Montecarlo o Dubai, con il valore aggiunto di un’architettura Art Nouveau che si nota soprattutto nei meravigliosi edifici adibiti a hotel – a cominciare dal leggendario Grand Hotel Des Bains dove Thomas Mann ha scritto “Morte a Venezia” e dove Visconti ha girato il film omonimo. Tornando a me, sull’ Isola d’oro ho pranzato al Ristorante New Blue Moon Rive Gauche dove ero ospite di un amico carissimo, Paolo De Grandis, che si occupa d’ arte ad alto livello e collabora anche con la Biennale. Ho notato subito che la terrazza del Blue Moon, un’opera d’arte dell’archistar Giancarlo De Carlo, era stata restaurata, ma non era aperta al pubblico perché nessuno ancora se ne era potuto o voluto occupare.  Ho chiesto alla titolare della licenza, Angela Ghezzo (nota imprenditrice lidense), di farmela vedere ed è stato subito colpo di fulmine: ho scoperto la mia location dell’estate.  L’ho chiamata Moody, “lunatica” (ride, ndr.) Tutti gli eventi che organizzerò sulla terrazza saranno un omaggio all’ astro d’argento. Anche perché la prima notte che sono passato da quelle parti, a inizio Giugno, mi ha accolto il sorgere di una luna rossa enorme che mi ha emozionato fino alle lacrime. Ho detto a me stesso: “Io questa estate rimarrò qui”, e così è stato. Mi avvalgo della collaborazione con Venezia Spiagge, società partecipata proprietaria della struttura, di Vela, la partecipata che organizza tutti i grandi eventi della Città di Venezia, e del Comune. Un progetto, quello della riqualificazione di questa importante struttura, fortemente voluto dall’ Assessore Michele Zuin, responsabile al bilancio e alle società partecipate, che ha visto nell’ iniziativa il giusto coronamento degli sforzi della giunta per restituire ai lidensi come lui questo spazio prestigioso. Ho ideato una stagione di riapertura della Moody Terrace Blue Moon – questo il suo nome completo – per testarla in vista del vero rilancio post covid nei prossimi anni. C’è molta curiosità!

 

Chiara Baltieri e le sue acrobazie “lunari”

Abbiamo debuttato il 31 Luglio. La formula è quella di una terrazza lounge dove si bevono ottimi drink: abbiamo barman qualificatissimi che provengono dal Danieli, dal Cipriani…tutti hotel più che prestigiosi. Io mi occupo della direzione artistica per animare gli aperitivi e i dopocena. Il clou della terrazza sono gli spettacoli, immancabilmente dedicati al tema della luna. Venerdì scorso, ad esempio, l’acrobata Chiara Baltieri ci ha lasciati a bocca aperta con le sue evoluzioni all’ interno di una grande “luna luminosa”; sabato è stato il momento di Janet Fischietto, star internazionale del raffinato Burlesque targato VooDoo Deluxe, mentre per il 5 agosto ho organizzato una kermesse dove ho invitato tutti gli artisti che conosco – attori, musicisti, performer…- ad esibirsi in performance-tributo alla luna piena. L’ evento si chiamerà “Blue Full Moon Party” e la musica sarà curata dal sound designer Francesco Trizza; io contribuirò con i miei emotional set e live. Le kermesse più strepitose che inneggiano alla luna piena sono due: come ho già detto la prima avrà luogo il 5 Agosto e la seconda il 2 Settembre, quando inaugurerà la Mostra del Cinema. Per il 7 agosto è poi in programma una serata fashion in collaborazione con Tango Philosophy , un brand fondato dalla bellissima e dinamica Giulia Rosmarini. Le linee semplici, i tessuti di grande qualità e le personalizzazioni con la stampa a batik di formelle create da Chiara sono i cardini del marchio. Secondo me, è una nuova frontiera del lusso discreto! L’ evento,  seguito da una vendita, si svolgerà dalle 17 alle 21. Essendo occupato alla Terrazza soltanto nel weekend, il giovedì mi esibisco, con Francesco Trizza e nell’incredibile ed affascinante cornice dell’Hotel Ausonia Hungaria, in quelli che abbiamo chiamato “Speakeasy, afterdinner ’20.2.0”. La nostra epoca è un po’ proibizionista a livello di comportamenti quotidiani, e noi vogliamo reagire con questi appuntamenti clandestini, segreti, molto raffinati, che negli anni ’20 del ‘900 venivano denominati appunto “speakeasy”. Sono serate eleganti, dannunziane…Mi dà una grande gioia poter contribuire al rilancio del turismo di Venezia in uno stile che davvero potremmo definire “anni ’20 due punto zero”!

 

La locandina dell’ evento fashion del brand Tango Philosophy e, qui sotto, un video in stile VOGUE della patinatissima Moody Terrace

Il sound designer Francesco Trizza

Janet Fischietto, special guest della Moody Terrace Blue Moon

Al Lido sei praticamente in pianta stabile, per quanto riguarda la tua residenza attuale. Stai abbinando il lavoro a una sorta di vacanza?

Assolutamente! Sento la mancanza della mia Palma di Maiorca ma capisco benissimo perché il Lido, all’ epoca, sia diventata una meta turistica d’eccellenza. Ci sono alberghi come l’Excelsior e l’Ausonia Hungaria che sono il top dei top, chi risiede qui ha la spiaggia ma alle spalle ha anche la laguna meravigliosa! E poi, prendendo il battello, in venti minuti si arriva in piazza San Marco. Il Lido può essere raggiunto in auto con il ferryboat, l’isola è ricca di strade…Le strutture di cui prendere nota sono tantissime, in prevalenza edificate dagli inizi del ‘900 fino all’ epoca fascista. Il Covid, fortunatamente, non ha messo KO la Mostra del Cinema: saranno 18 i film in concorso provenienti da tutto il mondo, tra cui 4 italiani. Certo, i toni mondani verranno smorzati un po’…Ma questo non fa che impreziosire la Mostra, che abbandona la “grandeur” a favore di una squisita raffinatezza – garantita dal Direttore Alberto Barbera che ha graziosamente fatto da “padrino” all’apertura ufficiale della Moody Terrace. E’ stato un onore!

 

Alberto Barbera (qui insieme al Principe Maurice), direttore della Mostra del Cinema di Venezia, ha fatto da padrino all’ apertura della Moody Terrace

Una panoramica della Terrazza, la location più glamour dell’ estate

Il Lido di Venezia, anche detto “Isola d’Oro”

Settembre è più vicino di quanto sembri. A quali progetti ti dedicherai il prossimo autunno, se è lecito chiedertelo?

E’ lecito chiedermelo, ma purtroppo è lecito anche risponderti che la situazione Covid, con il probabile ritorno di pandemia che incombe, lascia tutto abbastanza in sospeso. Io fino a metà Settembre sarò impegnato al Lido. Tra l’altro ho avuto anche il sostegno di Red Bull, con cui ho un rapporto di collaborazione che spazia dal Carnevale di Venezia al Life Ball di Vienna: ha creduto nel mio progetto e ne sono entusiasta. Tutta la linea Organics di Red Bull, composta al 100% da ingredienti naturali, sarà promossa sulla Moody Terrace Blue Moon perché è molto in linea con le nuove filosofie di alimentazione. Sono davvero soddisfatto della sinergia che si è creata tra pubblico, privato e aziende che mi hanno dato fiducia nonostante i tempi poco rosei…Sono dei bei segnali. Tornando ai miei progetti, dopo la Mostra del Cinema farò ritorno al dinner show dell’Odissea Fun City e poi, probabilmente, mi rivedrete a teatro con delle repliche di “Eros e Thanatos”. I miei impegni cinematografici sono stati interrotti dal Covid, ma sono sempre nell’aria, e anche i miei impegni televisivi pare che stiano ripartendo. Quello che posso dirti per ora è che la Sala Live dell’Odissea diventerà ancora più spettacolare e che Las Vegas, stavolta, ci farà un baffo!

 

Janet Fischietto davanti al maestoso “Grande Albergo Ausonia Hungaria”: una vera diva

Il vero scoop che ci hai regalato questa estate è quello del tuo matrimonio con Flavia Cavalcanti (rileggi qui la “breaking news” di VALIUM). Naturalmente, vogliamo sapere tutto sull’argomento! Come, dove e quando vi siete conosciuti tu e Flavia?

Volevamo che il matrimonio rimanesse una cosa intima fino alla fine del lockdown, poi i nostri propositi sono svaniti perché il mio testimone, Alessandro Filippi, ha voluto organizzarci a sorpresa il pranzo di nozze con una quarantina di amici. E anche se mi ha fatto piacere, devo dire che mi ha messo un po’ nei pasticci (ride, ndr.)…perché in molti, poi, mi hanno chiesto come mai non erano stati invitati! Come sapete, mi sono sposato a Milano. Ma di recente ho incontrato Luigi Brugnaro, il sindaco di Venezia, che scherzosamente mi ha invitato a ri-sposarmi anche qui altrimenti sarà geloso…Ho trovato la sua battuta molto simpatica e penso proprio, quindi, che ripeteremo il matrimonio in quel di Venezia! L’ incontro tra me e Flavia risale alla notte dei tempi. Lei era appena arrivata in Italia e ci siamo visti per la prima volta al Cocoricò circa 27 anni fa. Io mi esibivo in un saliscendi con delle altalene dove avevo fatto montare delle gabbie: era una performance molto forte, molto spaziale, in cui calavo tra il pubblico dal culmine della Piramide per portare pace, amore e luce: un alieno Annunaki, insomma… Flavia è rimasta estremamente impressionata da tutto questo, ha voluto subito conoscermi e da lì, nel corso del tempo, è nata un’amicizia vera e propria.

 

Il Principe e Flavia Cavalcanti a Ibiza dieci anni orsono

La vostra amicizia è durata quasi trent’anni. Hai sempre saputo che “sotto sotto” c’era di più?

C’era una grande affinità. Io ho avuto le mie storie e lei le sue, però quando ci trovavamo a tu per tu e affrontavamo argomenti anche molto profondi, filosofici…eravamo sempre sulla stessa lunghezza d’onda. Ti posso dire che in tutti questi anni, persino quando abbiamo collaborato professionalmente, non abbiamo mai litigato. Ed è qualcosa di molto raro! Negli ultimi tempi ci siamo frequentati sempre più spesso, quando andavo a trovare mia sorella in Brianza mi fermavo anche da lei a Milano. Finchè un giorno, mentre da Milano mi accingevo a ritornare a casa mia a Venezia, il governo ha messo l’Italia in quarantena. Al che ho detto a Flavia: “Scusa, ma se invece di andarmene da solo a Venezia io mi fermassi qui da te? Sei sola anche tu…”. Lei ha sorriso e mi ha risposto “Si, fermati qui”. Abbiamo trascorso la quarantena insieme e in quel periodo il nostro legame si è consolidato ulteriormente.

 

Maurice e Flavia insieme a FrancescoTrizza e a Massimiliano Armocida. Sullo sfondo, il Grand Hotel Ausonia Hungaria

Qual è stato il preciso istante in cui ti sei reso conto di amarla?

La scintilla che è scattata tra noi non è quella della passione travolgente dei ragazzini. Il nostro amore è maturato in trent’anni, conclamandosi probabilmente con il fatto di essere obbligati a stare insieme dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina. In quella circostanza siamo riusciti a sostenerci, a comprenderci, a consolarci, a sfogarci vicendevolmente. Il lockdown ci ha fatto capire che tra noi c’era qualcosa di più e ci ha fatto decidere di promettercelo per sempre, di voler invecchiare insieme. Avevamo affrontato il discorso anche in passato; a Flavia avevo fatto una proposta un po’ “aerea” dicendole: “Potremmo anche sposarci”, e lei si era emozionata. La prova del nove, però, è stata la quarantena! Le nostre nozze erano già programmate, quando è stato sancito il blocco dei matrimoni a causa del Covid. Abbiamo dovuto aspettare che il Comune ci “recuperasse” e un bel giorno, dal lunedì al mercoledì, ci hanno chiamato dicendoci che avevano una data libera. Il nostro non è il rapporto fuoco e fulmini di una coppietta, ma un rapporto più maturo e forse, proprio per questo, ancora più prezioso. Sapevo di amare Flavia sin da quando l’ho conosciuta, in realtà. L’ amore è al di sopra di tutto, non ha livelli…Quando si conclama con una convivenza o una condivisione può diventare un rapporto di coppia. Ma va oltre l’attrazione fisica, la carnalità…L’ amore è amore. Io ho sempre amato Flavia: è una creatura speciale, straordinaria.

 

Flavia in un momento di relax all’ Ausonia Hungaria. Di recente, la coppia ha trascorso una mini luna di miele proprio al Lido di Venezia

Perché un matrimonio a sorpresa, quasi “in incognito”?

Le circostanze legate alla pandemia non ci hanno permesso di inviare partecipazioni, inviti o cose del genere. Per cui, visto che dovevamo rimanere sottotono in quel senso, abbiamo pensato di far calare un velo di riservatezza sulla notizia. Invece è trapelata e va benissimo così! Non ci sembrava il caso di fare le cose in grande in questo difficile momento storico, ma in effetti abbiamo sbagliato perché sarebbe stato un bel messaggio da dare alla gente: il Covid non ha portato solo morte e disperazione, l’amore è riuscito a trionfare ugualmente!

Cos’hai pensato subito dopo aver detto “Sì”?

Mi sono commosso! Ho provato un senso di soddisfazione e di liberazione al tempo stesso, perché il desiderio di sposarci era rimasto inappagato troppo a lungo. In quel momento lì, invece, ha potuto realizzarsi… Quindi ho pianto, anche Flavia ha pianto: entrambi di gioia, naturalmente! E’ stato veramente bello.

 

Maurice e Flavia nel giorno delle loro nozze

Parlaci di tre qualità che adori di lei…

Sono più di tre, mi è difficile sintetizzarle! La prima è la solarità, che abbino al rapporto straordinario che Flavia ha con la natura e la bellezza. Combinerei quindi la solarità con la sensibilità e la creatività: queste tre doti sono un tutt’uno, circolano in lei creando un vortice di energia positiva. Poi certo, adoro anche la sua sensualità…E’ simpatica, ammiccante, maliziosa e questo mi diverte molto. Amo l’ironia di Flavia e il fatto che sia una persona determinata, non si lascia mai andare alla disperazione. Quando abbiamo dovuto indossare le mascherine, tanto per farti un esempio, si è detta “Ok, le faccio a modo mio.”, e insieme a Vassy Longhi ha ideato le Flassy Mask. Ha dunque virato sul creativo, ma anche sull’ ironico e sul funzionale, il disagio associato alle nuove abitudini imposte dal Coronavirus.  Questa capacità di volgere al positivo situazioni negative è una qualità che apprezzo, ma ci sono ancora tante altre doti che ammiro in lei: la profondità, la curiosità. Ama le stesse cose che amo io, come la grande bellezza della nostra meravigliosa Italia. A proposito: non vedo l’ora di andare a vedere la grande bellezza del suo grande paese (il Brasile, ndr.)!

E i suoi tre difetti che invece detesti?

Fammi pensare…è un po’ difficile trovarli. Un suo difetto potrebbe essere che a volte è troppo passionale: ha un senso della giustizia che la porta ad essere un po’ eccessiva, si scalda molto. Il fatto di essere delusa, tradita, in particolare nei sentimenti ma anche nell’ operatività, non la lascia indifferente. Quando incontra opportunismo e falsità diventa, direi, “aggressiva”, quantomeno verbalmente. E’ qualcosa che mi turba, però che capisco e accetto. Ecco poi un altro difetto: Flavia piange spesso e tanto, anche di gioia…Non è una piagnucolona, ma è assai veemente nei sentimenti. Sebbene non sia un vero e proprio difetto, non voglio vederla piangere. Neanche di gioia! Poi non noto altre lacune: il suo fisico è perfetto, è una donna interessante e affascinante, ha un’eleganza naturale sia quando veste sportiva che chic…Un terzo difetto, forse, è che lei mi crede più ingenuo di quanto io non sia. Perché sa che sono una persona buona e pensa che la mia bontà mi porti, magari, ad essere vittima degli arrivisti. In realtà cerco di dare a tutti delle chance, ma lo faccio anche per mettere alla prova: io ti dò fiducia, vediamo come sai gestirla. Questo Flavia lo vede come un difetto, io invece vedo come un difetto il suo vederlo come un difetto! Come direbbe lei: “siamo d’accordo che non siamo d’accordo!” (ride, ndr.) E’ molto protettiva nei miei confronti. Lo apprezzo, ma so sempre perfettamente con chi ho a che fare.

 

Luna piena sulla spiaggia del ristorante New Blue Moon Rive Gauche, location di una cena romantica di Maurice e Flavia durante la loro mini luna di miele

Tu sei la luna, Flavia il sole. Raccontaci un aneddoto che dichiara al mondo la vostra complementarietà.

Anche solo da come ci vestiamo si capisce subito che lei è il sole e io la luna. Ci sono momenti in cui i ruoli si invertono, però caratterialmente io sono un po’ più “oscuro” (nel senso buono del termine), più dark: sto parlando dell’oscurità che accompagna il sogno e la fantasia. Invece lei è il sole, è scoppiettante…pura energia. Quando ci vedono insieme, questo contrasto dà adito a aneddoti che divertono noi per primi e chi è con noi in quel momento. Ma in fondo, tutto è relativo. Perché la luna, quando è piena, riflette la luce del sole, mentre il sole è molto affascinante, magico direi, quelle poche volte che viene eclissato dalla luna. E’ quasi un momento esoterico. Per cui, questa complementarietà tra noi esiste ed è bella anche a livello di immagine.

Una domanda tra il serio e il faceto. Hai giurato di rimanere con lei “finchè morte non vi separi”. Ma quale azione, abitudine o comportamento non potresti mai perdonarle?

Il fatto che al mattino lei deve avere i suoi tempi di recupero e la si può giusto salutare. Io sono già tutto pimpante, coccolone, affettuoso, invece Flavia quando si sveglia ha bisogno di almeno mezz’ora per ritornare a poco a poco alla socialità. Ma quando lo impari, lo sai: prevenire è meglio che curare!  Ecco, lei ha bisogno di ingranare. Basta lasciarla in pace e quando poi ha ingranato arriva, sorridente e meravigliosa, e si fa colazione insieme. Quei momenti vanno capiti, è necessario prendere coscienza del suo rito mattutino del silenzio. Ma non c’è nulla che io non possa perdonare a Flavia, anche perché i “difetti” che ho citato sono più che accettabili e diventano delle peculiarità. Abbiamo deciso di sposarci proprio perché ci accettiamo. Anch’io ho i miei momenti cupi, lei se ne accorge…si eclissa un attimo e poi, quando ho sconfitto il malumore, torniamo al nostro ménage sempre gioioso e luminoso. C’è davvero tanta luce attorno a noi!

 

Ancora uno scatto del Lido: qui, il leggendario Hotel Des Bains dove Thomas Mann ambientò “Morte a Venezia”

 

Photo courtesy of Maurizio Agosti