Orione

 

“Tre astri luminosi, vicinissimi tra loro, brillano poco sopra l’orizzonte boreale: sono “la cintura di Orione”, uno dei giganti del cielo. Nel Medioevo li chiamavano “i tre re Magi”. Orione proviene dall’astronomia mesopotamica, da dove deriva il suo nome: era URU-ANNA, e raffigurava l’eroe Gilgamesh in lotta contro il toro celeste, GUD-ANNA. Orione era noto ai Greci dalle epoche più antiche; quando Omero parla di Ulisse che naviga nella notte sulla sua zattera solo, diretto verso Itaca, sopra il capo gli fa splendere Orione mentre un’altra bestia celeste, l’Orsa, lo spia temendo che persino in cielo il gigante continui la sua vita di selvaggio cacciatore. Orione infatti era il grande cacciatore dei Greci; la sua del resto non è una semplice costellazione, ma un complesso di personaggi che gli stanno attorno e animano la sfera celeste come un mosaico: ai suoi piedi corre il Cane che lo accompagna nella caccia, e in cui avvampa una delle stelle più importanti del firmamento, Sirio; il Cane insegue la Lepre. Dall’altra parte del cielo lo Scorpione, che un giorno lo uccise (come vedremo), lo minaccia, mentre accanto a lui sta il Toro contro cui appunto anche Gilgamesh combatteva e che Orione sembra voler affrontare brandendo una clava o una spada. Lo si immaginava infatti con una spada in una mano, o sul fianco, e la pelle di un leone nell’altra, e gli antichi avevano una considerazione speciale per questa figura astrale (…) E’ nella costellazione di Orione che splende Betelgeuse, una grande stella pulsante, una delle stelle storicamente più studiate in astronomia: è lei (dice il suo nome in arabo) “il braccio del gigante”, ma la stella più vivida della costellazione sta più in basso, Rigel, “luce del cielo”, sul suo piede. Orione, diceva il mito più antico, era figlio di Poseidone e di Euriale, figlia di Minosse. Quando nacque, il suo genitore divino gli fece il dono di poter correre sopra il mare come se fosse terraferma, scavalcando la spuma delle onde.”

Giulio Guidorizzi, da “I miti delle stelle” (Raffaello Cortina Editore, 2023)

 

Acqua che all’acqua va…

 

Acqua che all’acqua va, di luce sfrangiata,
si apre l’onda in spuma.
Movimento perpetuo, arco perfetto,
che si erge, ricade e rifluisce,
onda del mare che il mare stesso nutre,
amore che di se stesso si alimenta.

José Saramago, da “Le Poesie”

 

 

La colazione di oggi: con i Tuareg per la cerimonia del tè

 

La colazione di oggi è avvolta in un fascino intenso, esotico e misterioso: prenderemo un tè con i Tuareg, i leggendari “uomini blu” del deserto del Sahara. Sicuramente, di loro avete sentito parlare: sono un antichissimo popolo nomade, di origini berbere, che si sposta tra l’ Algeria, la Libia, il Mali, la Nigeria, il Ciad e il Burkina Faso. Allestiscono le proprie tende tra le dune e la sera si riuniscono sotto un tetto di stelle. Se chiedete ai Tuareg di definirsi, vi risponderanno di essere “Kel Tamahaq”, ossia dei parlanti della lingua Tamahaq. Per trasferirsi da un luogo all’altro si servono di cammelli o dromedari. Il turbante è un autentico segno distintivo di questo popolo; il suo nome è tagelmust e copre il capo e il viso, lasciando intravedere solo gli occhi. Turbante e velo al tempo stesso, viene realizzato arrotolando dai tre ai dieci metri di stoffa. I Tuareg usano tingere la tagelmust immergendola nella polvere d’indaco. Non è raro, di conseguenza, che la colorazione si fissi permanentemente sulla loro pelle: da qui l’ appellativo di “uomini blu”. Per alcuni il soprannome deriva invece dal burnus, un ampio abito tra il blu e l’azzurro che, al pari della tagelmust, li protegge dal sole, dalle tempeste di sabbia e dal freddo notturno. Le donne indossano il velo, ma lasciano il viso scoperto. Tengono molto al loro aspetto; si ornano copiosamente di bracciali, orecchini e collane. La caratteristica principale che identifica una donna Tuareg, tuttavia, sono le decorazioni all’ henné: danno vita a dei magnifici arabeschi sul volto e sulle mani, mentre gli occhi appaiono straordinariamente intensi grazie al kajal. La polvere di kohl viene utilizzata anche dagli uomini, che affidano alla barba il compito di rivelare la propria età; i giovani hanno la testa rasata e una barba voluminosa priva di baffi, gli adulti ne sfoggiano una lunghissima abbinata a una chioma fluente.

 

 

Passiamo ora al tradizionale rito del tè nel deserto. Per i Tuareg ha una valenza conviviale, è un modo di ritrovarsi e rilassarsi dopo il lavoro quotidiano (la sussistenza degli “uomini blu” è essenzialmente legata alla pastorizia, al commercio delle spezie e di materie prime quali l’ avorio e il sale), ma non solo: bevendo tè si cementano amicizie, si dà il benvenuto agli ospiti, si inaugurano alleanze, si instaura un trait d’union tra la cultura nomade e le altre culture. Il rituale del tè, insomma, è una vera e propria cerimonia che si celebra al tramonto o nelle notti stellate. La teiera e il Tuareg sono un tutt’uno: l’ “uomo blu” la porta con sè ovunque. Una leggenda vuole che, quando il tè gorgoglia nel barad (la teiera, appunto), la mente si distenda e il cuore sintonizzi i propri battiti con il borbottio della bollitura. Il particolare più suggestivo del cerimoniale del tè è che non ne viene servito uno, bensì tre. Se ne bevono tre tazze, ognuna delle quali riveste un significato ben preciso. Il primo tè, un tè verde contraddistinto da un aroma pungente e assai amaro, viene chiamato “tè della morte”; il secondo, molto più dolce ma leggermente aspro, è il “tè della vita”; il terzo, dal gusto delizioso ed estasiante, è il “té dell’amore”. A quest’ ultimo solitamente si aggiungono foglie di menta nanah, una menta selvatica diffusa nei paesi del Maghreb.

 

 

Il denominatore comune dei tre tè del cerimoniale è la schiuma che galleggia sulla bevanda. Per i Tuareg, che il tè sia spumoso è estremamente importante. Sono soliti versarlo con un gesto deciso, mantenendo alta la teiera, proprio per ottenere molta schiuma: come recita un antico proverbio Tuareg, infatti, “un tè senza schiuma è come un Tuareg senza turbante”. Finora vi ho parlato di “tazze” di tè per convenzione, in realtà si tratta di bicchieri di vetro di dimensioni medio-piccole. Il tè va sorseggiato lentamente, assaporato con calma, in segno di gratitudine e stima nei confronti di chi l’ha appena offerto.

 

 

Ma come si prepara, il tè dei Tuareg? Ecco – in sintesi – il procedimento. Il primo tè è un tè verde. L’acqua e le foglie di tè vanno fatte ebollire rapidamente; una volta tolto dal fuoco, l’ infuso viene zuccherato in abbondanza. Per areare la bevanda, bisogna travasarla a più riprese. Infine, il tè si versa nei bicchieri con il caratteristico gesto che lo rende spumoso. Il secondo tè va preparato nella stessa teiera, e con le stesse foglie di tè, del primo. Si aggiunge l’acqua, che tuttavia deve raggiungere l’ ebollizione molto più lentamente. Il tè viene lasciato bollire sul fuoco per almeno quattro minuti, dopodichè si zucchera e si travasa varie volte. La preparazione del terzo bicchiere avviene sulla falsariga del secondo, con un paio di differenze: durante la bollitura si aggiungono foglie di menta nanah e, per dolcificare il tè, va utilizzata una minore quantità di zucchero (pari all’incirca a un cucchiaino). La bevanda dei Tuareg ha un gusto particolarissimo, del tutto speciale. Si beve calda e zuccherata, ma il suo aroma è molto fresco. Disseta, riduce la sensibilità al calore, reidrata e reintegra le energie perse a causa delle alte temperature. Last but not least, il suo profumo risulta inebriante e irresistibile.

 

 

Per concludere, un cenno alle proprietà innumerevoli delle foglie di tè verde e della menta nanah. Il tè verde è un potente antiossidante che combatte i nefasti effetti dei radicali liberi; in più, diminuisce i livelli di colesterolo LDL e dei trigliceridi prevenendo le patologie cardiovascolari. Altre virtù associate al tè verde: favorisce la perdita di peso, aumenta il metabolismo, contrasta la ritenzione idrica e contiene circa il 50% di caffeina in meno rispetto al tè nero. La menta nanah, una menta di origini egiziane, è utilizzatissima in tutti i paesi arabi per la preparazione del tè verde alla menta. E’ un toccasana per la digestione, un efficace antibatterico e antinfiammatorio. Svolge un’azione rilassante, rigenerante e energizzante in caso di ansia e stress. Ha inoltre la preziosa facoltà di abbassare la temperatura corporea, rinfrescando tutto l’organismo.