Il semla, uno dei dolci più golosi del Grande Nord

 

Oggi torniamo nel Grande Nord, precisamente in Svezia, per assaggiare un dolce del tutto speciale: il semla. Si tratta di un dolce, in realtà, non solo svedese, bensì ampiamente diffuso negli Stati Baltici e in Scandinavia, dove ha assunto differenti nomi; gli islandesi l’hanno battezzato bolla, gli estoni vastlakukkel, i danesi e i norvegesi fastelavnsbolle, i finlandesi laskiaispulla. La tradizione vuole che il semla si prepari il lunedì che precede Martedì Grasso, ma i popoli nordici non disdegnano di consumarlo anche durante la Quaresima. E non stupisce: questo dolce, un delizioso pain brioche al cardamomo, è una sorta di mini-panino che, una volta tagliato a metà, viene riempito di crema di mandorle  e abbondante panna montata. Una spolverata di zucchero a velo, e il gioco è fatto. Ma il semla, oltre ad essere goloso, è anche un dolce dalle origini antichissime e dalla storia molto particolare.

 

 

Risale, infatti, nientemeno che al XVI secolo. La versione originaria del semla era molto più rudimentale: si trattava di una tazza di latte caldo che conteneva un boccone di pane di segale. Eppure questo dolce, che prendeva il nome di hetvägg, era adorato dai reali e dalle classi altolocate nonostante la sua semplicità. L’usanza voleva che fosse preparato tutti i martedì di Quaresima. Ancora oggi, in diversi paesi nordici, è comune servire il semla con il caffè o una bevanda calda; in Svezia, ad esempio, viene intinto nel latte in onore dei vecchi tempi. Ma da dove deriva il nome di questo dolce? La provenienza è tedesca: il termine “semmel” corrispondeva a “semilia”, in latino “semola” e successivamente “pane”.

 

 

Le varianti del semla, in Scandinavia, non si limitano al nome. Qualche esempio? In Danimarca, ma anche in Islanda, il fastelavnsbolle e il bolla sono composti interamente di pasta sfoglia e farciti con marmellata e panna montata. Non è raro, inoltre, che vengano rivestiti di glassa al cioccolato. In Finlandia, il laskiaispulla contiene confettura di lamponi anzichè crema di mandorle.

Foto via Pexels e Unsplash

 

Viaggio in Lapponia

 

Re delle tende, sbanditi,
dispersi nel tempo e avvolti nel mistero,
vivono i lapponi nella luce della palude;
non coltivano terra, non innalzano dimore,
ma gregge, esodi, incantesimi e magie
verso lo sfolgorante azzurro
dell’eterna sera boreale.
(Anders Österling, da “Lapponi”*)

 

Come ha affermato lo scrittore, giornalista e documentarista Paco Nadal, “La Lapponia è il Natale”. Distese di ghiaccio sconfinate, la luce del giorno che svanisce dopo appena quattro ore, temperature che sfiorano i 25 gradi sotto zero…tutti elementi che rappresentano la norma, quando ci si trova oltre il circolo polare artico. Siamo vicini al “Tetto del Mondo”, alle porte del Polo Nord. Suddivisa tra le regioni più settentrionali di stati quali la Norvegia, la Svezia, la Finlandia e la Russia, la Lapponia è il regno della magia invernale. La neve predomina, le foreste sono sterminate, l’aria è tersa, e nel cielo divampano i colori dell’aurora boreale. C’è chi parla di “mal d’Artico”, un senso di profonda nostalgia che assale chi quelle lande le ha raggiunte e non può fare a meno di tornarci, fosse anche una sola volta all’anno. Perchè l’incanto della terra dei Sami, l’unico popolo indigeno europeo, quando ti rapisce non ti lascia più. E sei disposto a viverlo in full immersion, passo dopo passo, assaporando ogni dettaglio delle sue straordinarie meraviglie naturali. Approfondiremo prestissimo l’argomento con un post. Intanto, voglio dedicare la nuova photostory di MyVALIUM a un viaggio in solitaria intriso di fascino e infinito stupore.

 

Foto di Yaroslav Shuraev via Pexels

* contenuta inPoesia svedese”, a cura di Giacomo Oreglia, Casa Editrice Italica, Stockholm-Roma

 

13 Gennaio, festa di San Canuto: in Svezia, Finlandia e Norvegia la stagione natalizia termina solo in quella data

Natale in Svezia

Esistono paesi dove le festività natalizie non terminano con l’Epifania. Sapevate, ad esempio, che in alcune località scandinave si concludono solo il 13 Gennaio? E’ una data che cade una settimana dopo la festa della Befana e coincide con la solennità di San Canuto: esattamente, cioè, il ventesimo giorno successivo al Natale. San Canuto sancisce la conclusione del periodo natalizio in Svezia, Finlandia e buona parte della Norvegia. Non si tratta di una festa di precetto, nè di un giorno festivo; anticamente, la ricorrenza del 13 Gennaio era intitolata a San Canuto, duca dello Schleswig e figlio del re di Danimarca Eric I, ma molti anni dopo venne dedicata a Canuto IV di Danimarca, martire, santo e re oltre che patrono di questo paese. In Svezia, quindi, la stagione natalizia dura un mese intero: ha inizio con la festa di Santa Lucia, il 13 Dicembre, e termina a San Canuto il 13 Gennaio. Ma come nasce la tradizione di far finire le festività il ventesimo giorno (tjugondag jul per gli svedesi, tyvendedag jul per i norvegesi, nuutinpäivä per i finlandesi) dopo il Natale?Lo scopriremo proprio ora.

 

Natale in Norvegia

La festa di San Canuto in Scandinavia

Tutto ebbe inizio nel XVII secolo, precisamente nel 1680, quando la commemorazione del martirio di San Canuto Lavard, avvenuto il 7 Gennaio del 1131, fu posticipata al 13 Gennaio. San Canuto IV, re di Danimarca, aveva regnato dal 1080 al 1086 donando un costante sostegno alla Chiesa e cercando di rinvigorire il potere reale. Assassinato da un gruppo di aristocratici ribelli, divenne il patrono della Danimarca e nel 1101 la Chiesa Cattolica approvò il decreto sul suo martirio. A fornirci le più antiche testimonianze sulla ricorrenza del 13 Gennaio fu lo scienziato, scrittore e professore svedese Olof Rudbeck il Vecchio, magnifico Rettore dell’Università di Uppsala.

 

Natale in Finlandia

Le tradizioni della “festa di Knut”

Il 13 Gennaio è il giorno in cui in Svezia, Finlandia e Norvegia si dà l’addio al Natale. Le vacanze terminano ufficialmente, gli addobbi e le decorazioni natalizie vengono rimossi. Secondo lo julgransplundring (“saccheggio dell’albero di Natale”), un’usanza svedese che affonda le radici nel XIX secolo, ogni ornamento natalizio va infatti tassativamente tolto. Albero di Natale compreso, com’è ovvio. A tal proposito, prima di smontare l’albero, le famiglie sono solite organizzare una danza attorno allo stesso: sia in Svezia che in Finlandia vengono predisposti giochi, balli e festeggiamenti intorno all’abete per celebrarlo e ringraziarlo dell’atmosfera natalizia che ha contribuito ad esaltare. Un’altra tradizione, più che centenaria, vede protagonista un gruppo di persone travestite da San Canuto: hanno un cappello, una lunga barba grigia, il volto celato da una maschera e si recano di casa in casa. Questa usanza viene detta dei “knutgubbar”, da Knut che significa Canuto in svedese. Il 13 Gennaio, nonostante il periodo natalizio giunga al termine, in Scandinavia si festeggia. I party sono all’ordine del giorno: ci si ritrova con familiari e amici degustando per l’ultima volta i cibi e le bevande natalizie. I bambini sono soliti invitare i compagni di classe a mangiare una torta insieme. Ma attenzione! Le porte delle case vanno chiuse attentamente: agli spiriti e ai folletti del Natale è proibito entrare.

 

 

Il lato eco-sostenibile del 13 Gennaio

Tutti conosciamo la spiccata coscienza ecologica dei popoli scandinavi. Bene: sappiate che neppure in quest’occasione viene meno. Dopo il 13 Gennaio, infatti, gli alberi di Natale vengono “smaltiti” sostenibilmente. In molte città si organizzano addirittura processioni dove persone di ogni età portano con sè il proprio albero per destinarlo al riciclo.

 

Foto via Pexels e Unsplash

 

Santo Stefano in Svezia: “Staffan Stalledräng”, l’antica ballata dei Cantori della Stella

 

Oggi torniamo in Svezia per festeggiare Santo Stefano, una ricorrenza molto importante nella tradizione di questo paese della penisola scandinava. Qui, Santo Stefano viene considerato il protettore dei cavalli; non è un caso che un noto canto della processione di Santa Lucia abbia come titolo “Staffan Stalledräng”, ovvero “Stefano lo stalliere”. Si tratta di un motivo millenario che affonda le sue origini nell’usanza dei Cantori della Stella: diffusasi massicciamente nel XVI, tale tradizione vedeva protagonisti dei gruppi dei ragazzi che, vagando di casa in casa nel periodo natalizio, eseguivano dei canti di questua. Solitamente, uno dei Cantori reggeva tra le mani un bastone sul quale troneggiava una grande stella che rappresentava la Stella di Betlemme; i componenti del gruppo erano camuffati da Re Magi. I Cantori della Stella erano una realtà che accomunava i paesi più disparati: in Europa si era propagata in Svezia, Norvegia, Finlandia, Inghilterra, Austria, Germania, Svizzera, Italia, Spagna, Polonia e Lituania, approdando poi anche in Russia. Al di là dell’Oceano Atlantico, la tradizione si era spinta fino in Messico e in Alaska.

 

I Cantori della Stella (М. Гермашев, Public domain, da Wikimedia Commons)

Ma cosa diceva questo antico canto di Santo Stefano? Basandosi su una leggenda che il monaco e teologo tedesco Giovanni di Hildesheim divulgò nel Medioevo, descriveva il Santo in modi diversi: di volta in volta lo dipingeva nel ruolo di stalliere, cacciatore o servitore del re Erode. Secondo una ballata molto nota in Europa a quell’epoca, Santo Stefano fu colui che avvistò per primo la Stella di Betlemme; ne rimase affascinato al punto tale da decidere di abbandonare per sempre la corte di Erode con l’intento di raggiungere Gesù. La ballata, conosciuta in Inghilterra con il titolo di “St. Stephen was a clerk” o “Saint Stephen and Herod”, era un canto natalizio in cui si parlava di Santo Stefano, un servo alla mensa di Erode, e di come si incantò dinanzi alla Stella di Betlemme che apparve nel cielo la notte della Natività. Non appena la vide, Stefano ebbe quasi un’illuminazione: si separò subito dal re della Giudea per seguire la Stella che lo avrebbe condotto da Gesù. Nella penisola scandinava, la stessa ballata aveva come titolo “Staffan och Herodes” ed esordiva affermando che Stefano era uno stalliere. Questa ballata si basava su una leggenda nordica medievale ben precisa.

 

I Cantori della Stella in un’immagine del 1842 (http://www.show.ro/bucuresti/, Public domain, da Wikimedia Commons)

La leggenda narra di Staffan (Stefano), uno stalliere alla corte di Erode, che una sera, mentre sta dando da bere ai cavalli del re, rimane folgorato da una luminosa stella appena apparsa nel cielo. E’ la Stella di Betlemme, che annuncia la nascita di Gesù; quando lo comunica a Erode, tuttavia, quest’ultimo gli risponde che si tratta di un fatto inverosimile, paragonandolo a un pollo arrosto che all’improvviso comincia a volare. In quel momento, però, il pollo arrosto servito sulla sua tavola prende il volo e si posa sulla sedia dove abitualmente siede il re. Erode si infuria e ordina alle sue guardie di togliere la vita a Staffan. Subito dopo, decreta il massacro di tutti i bambini di Betlemme al di sotto dei due anni di età: il suo scopo era uccidere Gesù, il “re dei Giudei”, la cui nascita gli era stata confermata dai Magi. Conosciuta anche con il nome di “Staffan Stalledräng“, la ballata “Staffan och Herodes” è molto celebre sia in Svezia che in Finlandia, Danimarca, Norvegia e nelle Isole Faroe. Di recente è entrata a far parte dei cori di Santa Lucia, ma originariamente – come ho già accennato a inizio articolo – apparteneva al repertorio dei Cantori della Stella, in Svezia Stjärngosse, che la intonavano di casa in casa con i loro canti di questua.

 

I ragazzi stella della processione di Santa Lucia, con il tipico cappello a punta tempestato di stelle (foto di Holger Motzkau 2010, Wikipedia/Wikimedia Commons (cc-by-sa-3.0), CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons)

Gli Stjärngosse, nel periodo natalizio, si esibivano in ogni casa e fattoria per ricevere del cibo in cambio. Non era raro che improvvisassero versi dal carattere buffo, oppure eclatante, per sollecitare una ricompensa da parte delle famiglie, oppure che ricorressero a sottili minacce per non rimanere a stomaco vuoto. Nell’Ottocento, la ballata di Steffan cominciò ad associarsi a un evento ben preciso, la processione di Santo Stefano del 26 Dicembre. Il canto ispirato alla leggenda che Giovanni di Hildesheim narrò nel 1370 diventò parte integrante delle celebrazioni. Fino al 1770, invece, la tradizione degli Stjärngosse aveva implicato che “Staffan Stalledräng” venisse interpretato dai Cantori il giorno dell’arrivo a Betlemme dei Magi, per la loro implicazione nella leggenda. Oggi, i ragazzi stella della processione di Santa Lucia hanno preso il posto degli Stjärngosse: rappresentano i valletti della Santa, e indossano una sorta di divisa: camicione bianco ampio e lungo fino ai piedi e cappello a forma di cono ornato di stelle dorate. In mano tengono una candela, sostituita a volte da una bacchetta con la stella tipica degli Stjärngosse.

 

Il cappello dei ragazzi-stella svedesi tramutato in decorazione natalizia (foto Unsplash)

La versione svedese di “”Staffan Stalledräng” (che come abbiamo visto, in Scandinavia conta molteplici varianti) si concentra soprattutto sull’avvistamento della Stella di Betlemme da parte di Staffan e sulla sua fuga notturna, in cavallo, alla volta della grotta in cui era appena nato Gesù. Staffan, quindi, non viene fatto uccidere da Erode ma cavalca ininterrottamente “prima che il sole sorga”, come recita un verso del canto.

 

Una riproduzione dei protagonisti della processione di Santa Lucia (foto Pixabay)

 

L’Avvento in Europa: miti, credenze e tradizioni

La corona dell’Avvento

L’Avvento (dal latino “adventus”, “venuta”) è un periodo incantato che, giorno dopo giorno, ci accompagna verso la Natività. Rappresenta l’inizio dell’anno liturgico nella Chiesa d’Occidente e prende il via la quarta domenica prima di Natale: quest’anno, di conseguenza, è cominciato proprio ieri. In Europa, le tradizioni dell’Avvento sono innumerevoli. La maggior parte di esse ha radici antiche, e viene tramandata di generazione in generazione. Tra le più note ricordiamo le ghirlande, la corona dell’Avvento, i mercatini natalizi, il calendario dell’Avvento, oltre a una serie di dolci e bevande tipici (come lo sono il glögg nei paesi scandinavi e il nostro vin brulé): queste usanze, impregnate di una forte valenza simbolica, fanno da denominatore comune alla quasi totalità delle nazioni del Vecchio Continente.

 

Un mercatino natalizio a Riga, in Lettonia

La corona dell’Avvento è diffusissima. Creata nel 1833 ad Amburgo da Johann Henrick Wichern, un pastore protestante, comprendeva 24 candele, una per ogni singolo giorno dell’Avvento; le candele dedicate alle domeniche avevano dimensioni più grandi. Con il passar del tempo, il suo utilizzo si propagò soprattutto nei paesi anglosassoni e di lingua tedesca. La struttura della corona dell’Avvento è caratteristica. La base è composta da rami di sempreverde disposti in modo circolare: il cerchio, con la sua continuità, sta a simboleggiare la vita eterna di cui Cristo ci fa dono. I sempreverdi sono un emblema di speranza, mentre le candele, quattro come le domeniche di Avvento, vanno accese una alla volta l’ultimo giorno della settimana. Di solito sono bianche, per rappresentare la purezza, oppure viola (simbolo di sacrificio), rosse o rosa (simbolo di gioia). Del calendario dell’Avvento parleremo in un post specifico; in questo articolo ci soffermeremo sulle principali tradizioni dell’Avvento in alcuni paesi europei.

 

Germania

La stella di Natale, il fiore dell’Avvento tedesco

La stella di Natale è il fiore per antonomasia dell’Avvento: i tedeschi lo utilizzano abbondantemente per le decorazioni natalizie e per i loro regali. Il calendario dell’Avvento è popolarissimo sia tra i bambini che gli adulti. In questo periodo si prepara lo Stollen, un pane dolce arricchito di frutta secca e canditi, e ci si riunisce attorno alla corona dell’Avvento cantando inni natalizi. Una celebrazione molto importante è costituita dalla festa di San Nicola, che ricorre il 6 Dicembre: la notte precedente i bambini lucidano accuratamente le proprie scarpe mentre recitano una poesia. Le poseranno poi sul davanzale, insieme a un piatto di carote e biscotti, in previsione del passaggio del Santo in groppa al suo asino. Nikolaus riempirà le scarpe di regali e si rifocillerà con i biscotti, lasciando le carote all’asino. Ad accompagnarli ci sarà Krampus, una figura demoniaca e mostruosa munita di corna, campanacci che suonano mentre avanza e vestita con abiti consunti. Krampus porta sempre con sè una frusta con cui punisce i bambini che si sono comportati male.

 

Lo Stollen, un tipico dolce natalizio

Austria

Salisburgo in una notte d’Avvento

I festeggiamenti iniziano la vigilia di San Nicola, il 6 Dicembre, quando un uomo che impersona il Santo bussa di porta in porta e lascia regali ai bambini; il suo seguito è composto da un drappello di angeli e dal terrificante Krampus: secondo la mitologia cristiana, costui sarebbe stato un demone che San Nicola riuscì a sconfiggere. Da allora, Krampus fu obbligato a seguirlo nel ruolo di devoto servitore. Le domeniche vengono trascorse in casa, alternando i racconti natalizi all’accensione delle candele della corona dell’Avvento.

 

Norvegia

Lo Julebrød, letteralmente “pane di Natale”

La prima domenica di Avvento, a Oslo, lo shopping impazza e vengono accesi l’albero di Natale e le luminarie natalizie. Proliferano i mercatini, si tengono i concerti tipici del periodo. Una tradizione molto diffusa è la Julebord, che potremmo tradurre più o meno come “tavolata natalizia”: ad organizzarla sono i datori di lavoro, gli amici, gli studenti, i colleghi di ufficio, gli appartenenti a determinate associazioni e così via. Durante la Julebord, che può essere una cena o un pranzo, si assaporano i piatti natalizi in compagnia. Uno dei dolci più preparati è lo Julebrød, un pane soffice farcito con uva passa e canditi che somiglia vagamente al nostro panettone.

 

Svezia

Le candele dell’Avvento

Il 1 Dicembre si accende la candela dell’Avvento, che viene fatta ardere qualche millimetro al giorno fino alla notte di Vigilia. Le grandi celebrazioni hanno inizio con la festa di Santa Lucia, il 13 Dicembre, collegata tematicamente al Solstizio d’Inverno: è il trionfo della luce sul buio. Processioni di ragazze vestite di bianco e con una corona di candele vengono organizzate da mattina a sera; le ragazze intonano i canti tradizionali di Santa Lucia per le strade, negli istituti scolastici, nelle case e nei luoghi di culto (per saperne di più sul giorno di Santa Lucia in Svezia, clicca qui). I dolci tipici dell’Avvento sono i pepparkakor, biscotti speziati con cannella e zenzero, e le casette al pan di zenzero.

 

Regno Unito

Un Christingle

L’accensione dell’albero di Natale e delle luminarie sono importanti eventi cittadini, corredati da fastosi spettacoli e fuochi di artificio. Il calendario dell’Avvento è una tradizione molto comune, ma lo è ancor più il Christingle, un simbolo natalizio il cui nome deriva da Christkindl, in tedesco “Cristo bambino”. Per prepararlo servono un’arancia, emblema del mondo; un nastro rosso che circondi l’arancia, emblema del sangue di Gesù; una candela da infilare nell’arancia, emblema della luce che Cristo ha portato nel mondo; quattro marshmallow o frutta secca in egual numero, da infilzare in altrettanti stecchini: sono gli emblemi dei quattro punti cardinali, delle quattro stagioni e dei doni che ci offre la natura. I Christkindl vengono conservati fino alla fine delle feste e sono utilizzati a mò di veri e propri oggetti devozionali.

 

Repubblica Ceca

Il ramo di ciliegio “dei desideri”

I mercatini natalizi, soprattutto il più grande, quello allestito in Piazza della Città Vecchia, sono una delle meraviglie di Praga. La tradizione della corona dell’Avvento è molto sentita, ma accanto ad essa ne spicca un’altra, decisamente singolare: il 4 Dicembre, festa di Santa Barbara, i cechi recidono un ramo di ciliegio e lo inseriscono in un vaso pieno d’acqua che conservano nella loro dimora. Attendono poi la fioritura del ramo, che se avviene entro il 24 Dicembre farà sì che i desideri del padrone di casa si realizzino nel nuovo anno. Quella del ramo di ciliegio è una tradizione precristiana che ha origini molto lontane del tempo. Anche nella Repubblica Ceca, così come in Austria e in Germania, si festeggia San Nicola: il Santo, accompagnato da un angelo e da Krampus, vaga di casa in casa per portare doni e dolci ai bambini. Attualmente, è possibile incontrare il terzetto anche nei mercatini natalizi. Se vi capita, cercate di non lasciarvi spaventare troppo dai Krampus!

 

Polonia

L’Avvento a Varsavia

In Polonia esiste una tradizione particolarissima che risale nientemeno che al XIII secolo: la roraty, una Messa che in periodo di Avvento si celebra alle 6.30 di ogni mattina in tutte le chiese nazionali. Il nome roraty deriva da un termine latino, “rorate”, con cui esordisce il canto che dà il via alla Messa. Se però pensate che alla roraty assistano solo donne anziane, vi sbagliate di grosso. A partecipare sono soprattutto bambini e giovanissimi che si alzano di buon’ora per recarsi nelle chiese quasi buie, illuminate soltanto dal chiarore delle candele, tenendo in mano una lanterna accesa. L’atmosfera è estremamente suggestiva: lanterne e candele rischiarano l’edificio religioso, che si illumina completamente con la recita del “Gloria in excelsis Deo”. Ai bambini viene consegnato ogni giorno il tassello di un bellissimo puzzle come ricompensa per la loro assiduità.

 

Ungheria

I Mezeskalacs, biscotti al pan di zenzero ornati come pizzo pregiato

La corona dell’Avvento è l’usanza principale. Poi ci sono i mercatini di Natale, che anno dopo anno si sono moltiplicati a dismisura: nella sola Budapest, oltre al celebre Vörösmarty tér, ce n’è un numero illimitato. I bambini ungheresi ricevono regali sia a Natale che la notte di San Nicola. La sera del 5 Dicembre, dopo averle ben lustrate, lasciano le loro scarpe sul davanzale della finestra; quando San Nicola, in ungherese Mikulàs, passerà, depositerà una calza di arance e mandarini nelle scarpe dei bambini buoni. Chi non si è comportato bene, invece, riceverà un regalo da Krampus: un mucchio di ramoscelli di betulla. In Ungheria, inoltre, l’albero di Natale si prepara la notte di Vigilia e viene decorato con miriadi di golosità al cioccolato e al marzapane. Accanto al Bejgli, un dolce tipicamente natalizio, risaltano i Mezeskalacs, biscotti al pan di zenzero e miele decorati con arabeschi di glassa talmente raffinati da sembrare ornamenti in pizzo.

Foto via Pexels, Pixabay e Unsplash.

Foto del Christingle di Vincent Angler from Gods waiting-room, Angleterre, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons

 

Il kanelbulle, la deliziosa girella alla cannella che dalla Svezia si è diffusa in Scandinavia e persino in America

 

Il kanelbulle, pur essendo ormai diffuso in tutto il Nord Europa e in Nord America, può essere considerato il dolce-simbolo della Svezia. E’ una girella alla cannella tempestata di granella di zucchero, e tra i dolci che accompagnano il caffè durante la fika regna sovrana. Si prepara farcendo l’impasto con burro e cannella dopo averlo lasciato lievitare; in seguito, dalla miscela si ricavano striscioline che vengono abilmente arrotolate a mò di chiocciola e spennellate con dell’uovo battuto. Il tutto viene cotto in forno per circa un quarto d’ora, fino a doratura. Una volta sfornati, i dolcetti vengono cosparsi di sciroppo di glucosio e guarniti con granella di zucchero. Basta osservarle anche solo in foto, per realizzare che queste girelle sono un’autentica delizia. Dei kanelbullar esistono diverse varianti: molte di esse esaltano il gusto speziato unendo il cardamomo alla cannella, altre prevedono la sostituzione della cannella con la vaniglia (in questo caso si parla di vaniljbullar), altre ancora (dette toscabullar) sono farcite con mandorle e glassa al burro. La squisitezza rimane, com’è ovvio, il denominatore comune di tutte le versioni.

 

 

Ma qual è la storia dei kanelbullar? Di loro non si sa molto. Quel che è certo è che cominciarono a diffondersi massicciamente nella Svezia del 1920 e divennero la pasta più gettonata alla fine della seconda guerra mondiale. Per omaggiare i kanelbullar, gli svedesi hanno addirittura istituito una Giornata Internazionale della Girella alla Cannella: la data è stata fissata al 4 Ottobre. Kaeth Gardestedt, project manager del Hembakningsrådet (Consiglio per la Panificazione Domestica) e fautrice dell’iniziativa, si è prefissata di incrementare la preparazione artigianale dei prodotti da forno; e quale dolce se non il kanelbulle poteva diventare il portabandiera del progetto? Nel 1999, quando il Kanelbullens Dag è stato istituito, cadeva inoltre la Giornata Internazionale dei Bambini, che in Svezia viene festeggiata il primo lunedì di Ottobre; unire i due festeggiamenti parve subito un’ottima idea. Il 4 Ottobre resta a tutt’oggi una ricorrenza celebratissima, tant’è che anche la Finlandia ha adottato il Kanelbullens Dag. Le girelle alla cannella, infatti, sono estremamente popolari in ogni paese della Scandinavia, dove sono presenti con nomi diversi: i norvegesi le chiamano skillingsbøller, i danesi kanesnegle, i finlandesi korvapuusti. Gli americani, come è ben noto, le hanno invece ribattezzate cinnamon rolls.

 

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Proverbi svedesi: alcune perle di saggezza popolare

 

In attesa di passare in rassegna le delizie della fikabröd, rimaniamo in Svezia e ci intratteniamo con alcune perle di saggezza: ecco un elenco dei più noti e significativi proverbi svedesi.

 

 

Piangi di meno, respira di più; parla di meno, dì di più; odia di meno, ama di più e tutte le cose buone saranno tue.

 

 

La coscienza pulita è il cuscino migliore.

 

 

Il pomeriggio sa cose che la mattina non ha mai sospettato.

 

 

Una felicità condivisa è una doppia felicità, un dolore condiviso è mezzo dolore.

Colui che sa tutto non impara mai niente.
Le scorciatoie sono spesso strade più lunghe.

Il Signore a tutti gli uccelli dà un verme, ma non glielo fa trovare nel nido.

 

 

A volte si riesce meglio con la coda della volpe che con l’artiglio del leone.

 

 

Una buona risata allunga la vita.

 

 

Le parole dell’uomo ubriaco sono i pensieri dell’uomo sobrio.

 

 

Le farfalle dimenticano di essere state una volta bruchi.

 

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La fika: alla scoperta della pausa conviviale e rilassante adorata dagli svedesi

 

Cos’è la fika? In Svezia, questo termine indica una pausa conviviale e rilassante che si effettua come minimo due volte nella stessa giornata. Per gli svedesi, la fika è irrinunciabile ed è parte integrante della quotidianità: più che uno stile di vita, è ormai un’istituzione. Durante la fika, che generalmente ha inizio intorno alle dieci del mattino e alle tre del pomeriggio, ci si incontra con gli amici (o con i colleghi di lavoro) e si beve un caffè accompagnandolo ai più tipici, oltre che golosi, dolci svedesi. E poi si chiacchiera, si ride, ci si confronta…la fika è un break rigosamente all’insegna del relax, potremmo definirla un rito sociale. Dove ci si riunisce? A casa, in caffetteria, in un bar…ovunque sia possibile sorseggiare un buon caffè, bevanda-simbolo di questo break. La valenza della fika, tuttavia, va ben oltre l’identificazione con una pausa caffè. E’ il tempo che viene dedicato alla socialità, a se stessi, dimenticando per un attimo le incombenze giornaliere. Nulla vieta di effettuarla anche da soli, all’occorrenza: sono momenti che si assaporano, di solito, tuffandosi tra le pagine di un libro. L’importanza della fika è talmente rilevante che in molti luoghi di lavoro viene considerata un appuntamento fisso e imprescindibile. I dipendenti possono usufruire del break, organizzato sia di mattina che pomeriggio, per poi tornare a svolgere le proprie mansioni con rinnovata energia.

 

 

La storia

Il caffè, nelle origini della fika, riveste un ruolo decisivo. In Svezia, questa bevanda venne proibita più volte: rimane celebre l’editto promulgato dal re Gustavo III, che sancì il divieto di bere caffè dal 1794 al 1820. Il consumo clandestino di caffè, tuttavia, proseguì. Il termine fika deriverebbe da uno slang che si impose nell’Ottocento: colloquialmente, invertire le sillabe dei sostantivi era molto cool. E “kaffi” era precisamente il vocabolo con cui, a quell’epoca, gli svedesi designavano il caffè. Invertendo le sillabe si otteneva fika, un nome che ha attraversato i secoli per giungere fino a noi. All’inizio, al caffè si accompagnavano sette diversi tipi di biscotti preparati artigianalmente; intorno al 1940 venne pubblicato un libro di ricette, “Sju Sorters Kakor”, che in Svezia riscosse un enorme successo; era incentrato proprio sui biscotti destinati alla fika. Anticamente, la bontà dei biscotti era la priorità. Si realizzavano in famiglia e si offrivano agli ospiti, che ne avrebbero apprezzato la delizia. Con il passar del tempo, la fika andò tramutandosi in un rito prettamente associato alla socialità.

 

 

Bevande e dolci della fika

Durante la fika si beve solo caffè? La risposta è no. Oggi esistono molte alternative: le più comuni sono il , il latte o la cioccolata calda. Per quanto riguarda il caffè, in Svezia si prepara versando acqua calda sul caffè macinato e si serve ben caldo dopo averlo filtrato. La fika viene effettuata con calma, seduti comodamente attorno a un tavolo o a un tavolino; non c’è bisogno di dire che la fretta sia bandita, così come il consumo al banco del bar. Il dolce che tradizionalmente si accompagna al caffè, o alla bevanda scelta, è il kanelbulle, una prelibata girella alla cannella le cui origini risalgono a circa un secolo orsono. Ma non ci sono solo i kanelbullar: il termine fikabröd (“pane per la fika”) sta ad indicare tutta la varietà di dolci, siano essi torte, biscotti o dolcetti (su VALIUM troverete un approfondimento a breve), degustati nel corso di questa pausa rigenerante. Tra essi, figurano preparazioni tipicamente svedesi come la kladdkaka, considerato il dessert della fika per antonomasia. La kladdkaka è una torta al cioccolato (che può essere fondente, bianco oppure al latte) soffice e pastosa, solitamente guarnita con frutti di bosco. Accanto ad essa abbiamo altre delizie locali: ad esempio la prinsesstårta, pan di Spagna con crema alla vaniglia ricoperto di marzapane, ma anche il kringel, un dolce al burro simile al brezel, e poi la morotskaka, una torta che combina le carote con le mandorle e le spezie, oppure ancora i chockladbollar, dolcetti sferici a base di cocco e cioccolato. Ce n’è abbastanza, credo, per far scoccare un amore a prima vista tra noi e l’incantevole break svedese che risponde al nome di fika.

 

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Scandi Winter

 

Non so come la pensate voi, ma quando Dicembre si avvicina la mia mente prende il volo in direzione dei paesi scandinavi. Per me, le lande innevate del Nord Europa sono luoghi che esprimono alla perfezione la mia visione dell’Inverno e della magia natalizia. Atmosfere, cultura, paesaggi, cibo, usanze, fiabe e tradizioni danesi, finlandesi, norvegesi e svedesi (rigorosamente in ordine alfabetico) si fondono in un incantevole connubio da cui traggo ispirazione. Domani, per esempio, andremo in Svezia: scopriremo che cos’è la fika (posso solo anticiparvi che non si discosta molto dal concetto danese di hygge) ed esploreremo tutti i piccoli rituali che ad essa si accompagnano. Sarà un viaggio affascinante nella cultura e nella socialità svedese. Per saperne di più, naturalmente…rimanete sintonizzati su VALIUM.

 

Il luogo: Gotland, il fascino nordico dell’isola vichinga delle rose

 

Abbiamo già esplorato le isole del Mediterraneo (rileggi qui l’articolo), adesso è tempo di ritornare nel Grande Nord. Precisamente a Gotland, un’isola situata nel mar Baltico, al largo delle coste svedesi sud-orientali: appartenente alla Svezia, dista quaranta minuti di aereo da Stoccolma ed è ricca di storia, cultura, bellezze architettoniche e naturali. Le sue origini antichissime (risalgono al 5000 a.C.) sono circondate da affascinanti leggende; una di queste descrive Gotland come una terra che, generata dal mar Baltico, torna negli abissi ogni sera al tramonto. L’alone mitico che la ammanta si intreccia a doppio filo con la storia dell’isola, che vede protagoniste svariate popolazioni vichinghe: Gotland fu abitata dai Gotlandi, dai Geati e dai Goti, che poi si spinsero a Sud abbandonando la Scandinavia. L’isola ebbe un ruolo molto importante nel commercio tra il Nord Europa e l’Oriente. La sua posizione strategica sul mar Baltico, infatti, la fece entrare di diritto nella Lega Anseatica, che dal 1358 al 1862 detenne il predominio commerciale nell’ Europa Settentrionale e nel mare collocato tra la penisola scandinava e il continente. Non è un caso che il Medioevo, epoca in cui si costituì la storica alleanza, sia uno dei periodi che ha lasciato maggiori tracce architettoniche sull’isola: ne è un esempio Visby, la capitale di Gotland, circondata da imponenti mura fortificate e decretata Patrimonio dell’Umanità Unesco. Ma lasciando da parte il passato, che cosa rappresenta Gotland oggi? Alcuni la chiamano la “Capri del Nord”: le sue spiagge, le scogliere rocciose della sua costa, gli splendidi paesaggi e gli edifici di design, un connubio di stile tipicamente hygge e pura raffinatezza, la rendono oltremodo speciale. Ma Gotland non è solo questo. E’un’isola verdeggiante, ricca di reperti archeologici, e, su tutto, la patria di un’ottima cucina. Viene considerata, non senza una ragione, la capitale culinaria della Svezia.

 

 

Un altro dei suoi punti di forza è il clima mite. Qui, le rose fioriscono anche in Inverno: un particolare che è valso a Gotland l’appellativo di “isola delle rose”. La secolare isola vichinga appartiene a un arcipelago che comprende isolette come Fårö (dove il regista Ingmar Bergman visse e ambientò molti suoi capolavori),  Karlsö e Gotska Sandön. Vantando una superficie di 2994 km quadri, Gotland è la più grande isola svedese situata nel mar Baltico e la seconda isola, in quanto a estensione, dopo la danese Selandia. Abitata da circa 60.000 persone in tutto, l'”isola delle rose” è rimasta splendidamente selvaggia: alberi in via di estinzione come gli abeti rossi e l’antichissima specie equina dei Pony Gotland, che risale all’Età della Pietra, sopravvivono ancora nelle sue lande incontaminate.

 

 

Dal momento che ha radici così remote nel tempo, ospita numerosi resti archeologici che spaziano dal Paleolitico all’Età del Bronzo, dall’Era dei Vichinghi al Medioevo. Cosa visitare, dunque, in questa suggestiva località del mar Baltico? Non si può che iniziare con il capoluogo, Visby, raggiungibile dalla Svezia (partendo da Oskarshamn) in circa tre ore di traghetto. Visby è una città medievale fortificata che, come vi ho già detto, venne inclusa nella Lega Anseatica: la sua appartenenza a quell’importante alleanza commerciale è compresa tra il XII e il XIV secolo. Nel 1995, omaggiando la sua pittoresca bellezza, l’Unesco ha dichiarato Visby Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Il centro storico è percorso da un intrico di viuzze fiancheggiate da case in colori pastello e dai tetti a punta; risaltano le guglie della cattedrale, le chiese e gli edifici sorti all’epoca dei Vichinghi, le torri che intramezzano le mura. Potete visitare la città in tutta calma, a piedi, o decidere – in puro stile nordico – di effettuare i vostri spostamenti in bicicletta.

 

 

Un giro turistico non può prescindere dalle mura della città. Innalzate tra il XIII e il XIV secolo, sono lunghe 3,44 km e completamente edificate in pietra calcarea. Le intervallano trenta torri che oltrepassano i venti metri di altezza; torri ammantate, peraltro, di una potente aura di leggenda: in una di esse, la Torre della Fanciulla, si narra che fu murata viva la figlia di un orefice innamoratasi del re danese Valdemar Atterdag; ciò fu considerato un tradimento nei confronti della città; nella feritoia di un’altra torre, la Sankt Goransporten, è rimasta incastrata una pietra risalente alla guerra civile duecentesca. Dopo la costruzione delle mura, Vilby fu suddivisa in due aree ben distinte. All’interno delle fortificazioni si trovavano gli artigiani e i mercanti, che potevano commerciare con l’estero, all’esterno i pescatori e gli agricoltori, abilitati solamente al commercio interno. Alcuni spazi delle mura, oggi, sono stati adibiti a punti panoramici da cui ammirare lo splendore di Vilby e dei suoi dintorni.

 

 

Il Gotlands Museum è un altro must see: una vera meraviglia per tutti gli appassionati della civiltà vichinga. La fondazione della struttura risale al 1875. Al suo interno, il Museo ospita permanentemente reperti archeologici compresi in un arco di tempo che va dall’Età della Pietra all’Era dei Vichinghi. Accanto ad essi spiccano fossili rinvenuti nel mar Baltico, pietre runiche, e nella sezione dedicata ai secoli più recenti la ricostruzione di una fattoria settecentesca fa bella mostra di sè. Nel Museo viene anche custodito il tesoro vichingo più vasto del mondo: una ricchissima collezione di manufatti e monete in argento e bronzo.

 

 

La Cattedrale è famosa per le sue guglie, un dettaglio inconfondibile e iconico che simboleggia la città di Visby. Destinata ai mercanti tedeschi della Lega Anseatica, la chiesa fu inaugurata nel 1190. Nel 1125 venne dedicata a due tipologie di fedeli, gli abitanti di Gotland e i forestieri; a officiare la messa erano ministri di culto differenti. Nel 1500 le fu conferito lo status di Cattedrale. Questa maestosa chiesa medievale, che nel tempo ha conosciuto molte modifiche, viene tuttora utilizzata. Gli stili predominanti nella sua architettura sono il romanico e il gotico. A Visby esiste circa una decina di ulteriori chiese medievali, ma di esse rimangono solo le rovine. Le più rappresentative sono quelle delle chiese di San Nicola, San Clemente e Santa Caterina.

 

 

Nel Botaniska Tradgarden, il giardino botanico, è possibile effettuare una full immersion nella natura. Sorto nel 1855, si trova nei paraggi del mare; lo contraddistingue un vero e proprio tripudio di verde, piante e fiori esotici, prati tenuti in modo impeccabile. All’interno del giardino sono situate le suggestive rovine della chiesa di Sankt Olof.

 

 

Se siete appassionati del senso del mistero e della cultura ancestrale di quest’isola svedese, non mancate di visitare i suoi labirinti. Si trovano nei pressi della città di Vilby, e nella riserva naturale di Galberget è collocato il più celebre. I labirinti, denominati Trojaborg, sono stati costruiti in tempi remotissimi formando linee quasi circoncentriche con una serie di massi e pietre posati sulla terra. Ma a cosa servivano questi labirinti di sassi? Lo scopo era quello di farvi rimanere intrappolate la sfortuna e le entità malvagie. La maggior parte dei Trojaborg risale al Medioevo, e un buon numero di essi venne realizzato in prossimità delle aree costiere: i pescatori avevano l’abitudine di entrare in un labirinto poco prima di salpare, per propiziarsi una pesca fruttuosa e le migliori condizioni di navigazione; appena finivano di percorrerlo, correvano in tutta fretta sulla loro barca affinchè i troll, le entità malvagie e la malasorte rimanessero imprigionati nel labirinto. Il Trojaborg della riserva naturale di Galberget è stato scoperto nel 1740 e si pensa che sia stato realizzato nel Tardo Medioevo.

 

 

Accanto ai labirinti, a Gotland troviamo anche le navi di pietra, monumenti funerari tipicamente scandinavi dell’Età del Bronzo. All’interno di questi spazi composti da pietre conficcate nel terreno che riproducono la forma di una nave, si seppellivano i notabili della comunità. La forma del monumento serviva a garantire una buona traversata verso l’altra dimensione. Sull’isola, potrete ammirare le navi di pietra nei dintorni di Gnisvärd: una quarantina di case, tradizionali e coloratissime, abitate dai pescatori. Gnisvärd, villaggio estremamente suggestivo, è diventato celebre anche per la prosperosa pesca di aringhe.

 

 

Spostandoci verso la costa, incontriamo un altro tipo di roccia: i raukar, formazioni calcaree dalle forme alquanto bizzarre. Sull’isola di Fårö, di cui vi ho già accennato, si trovano le più spettacolari. Somigliano a colossi di pietra, e la leggenda vuole che il loro sguardo sia costantemente rivolto a Thor, figlio di Odino, divinità norrena del tuono e del fulmine. Fårö conta solo cinquecento abitanti, ma possiede un fascino unico: è selvaggia, incontaminata, vanta un mare cristallino, spiagge con dune di sabbia e un’esplosione di verde rigoglioso. Qui vivono le tipiche pecore di Gotland, che sfoggiano un riccioluto pelo grigio, e i rami degli alberi sembrano torcersi con il vento. Non è un caso che questa sorprendente isoletta sia stata scelta da Ingmar Bergman come location di molti suoi film: ricordiamo ad esempio “Persona” (1966), “L’ora del lupo” (1968) e il famosissimo “Scene da un matrimonio” (1973). Innamorato di Fårö, Bergman decise di viverci fino alla sua morte. Sull’ isola, in suo onore, è sorto il Bergman Center. La struttura include un cinema, una biblioteca interamente incentrata su Ingmar Bergman, e al regista svedese vengono dedicate mostre che celebrano il suo rapporto con Fårö. Esiste anche la possibilità di svolgere dei workshop creativi.

 

 

Tornando a Gotland, vale la pena di fare una visita a Villa Villacolle: è la casa dove venne ambientato il celebre telefilm “Pippi Calzelunghe”, ispirato al personaggio creato negli anni ’40 dalla scrittrice svedese Astrid Lindgren. Villa Villacolle si trova a una manciata di chilometri da Visby, precisamente all’interno del Kneippbyn Resort, un parco dei divertimenti per bambini che comprende un campeggio, un parco acquatico, piscine, scivoli d’acqua e giochi vari. C’è anche la possibilità di praticare windsurf, dato che il mare è a pochi passi dal Resort. Pippi Calzelunghe, in questo luogo, viene omaggiata con numerose e costanti pièce teatrali.

 

 

Veniamo ora a una delle eccellenze di Gotland: la buona cucina. Gotland straripa di ristoranti e bistrot, e nel 2013 è stata addirittura nominata Capitale Culinaria della Svezia. Il clima temperato dell’isola, infatti, rende il suolo particolarmente fertile. Proliferano la verdura, la frutta, le mele in particolare: il maggior produttore di sidro di tutta la Svezia, Halfvede Musteri, non a caso si trova proprio a Gotland. Ma soprattutto, Gotland è un autentico paradiso dei tartufi. Tutti gli anni ne vengono raccolti tra i sette e gli otto quintali, e pare che a Stoccolma siano richiestissimi. Sull’isola sono presenti anche diversi vigneti, e si produce il vino più a nord del mondo. Ma anche la birra non scherza: Gotland vanta la maggior densità di birrifici per abitanti di tutta l’Europa. E siccome in Svezia le bevande contenenti alcol in una percentuale maggiore al 3,5% sono proibite, un birrificio ha lanciato la Sleepy Bulldog, birra analcolica dal gusto squisito. Se adorate i dolci non perdetevi la saffranspannkaka, una torta-pancake allo zafferano tipica dell’isola: viene servita con panna montata e marmellata di more, ed è a dir poco irresistibile.

 

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Foto del Trojaborg di Arkland, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

Foto della nave di pietra di Jürgen Howaldt, CC BY-SA 2.0 DE <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/de/deed.en>, da Wikimedia Commons

Foto della Saffranspannkaka di Toyah, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons