“Il grande libro delle storie di Natale”: la splendida antologia che fa vivere il Natale 12 mesi all’anno

 

“Questo è appunto quanto vorrebbero propiziare le novelle – sempre favolose, quale che ne sia l’assunto di base – e le vignette poetiche raccolte in questa antologia. Abbiamo tentato di racchiudervi l’essenza, il fascino, la magia – se non sembri parola abusata – di una ricorrenza alla quale probabilmente ci sentiamo più legati di quanto siamo soliti ammettere; (…) Convocati così al nostro Christmas Party, fantasisti e realisti, ferventi patrocinatori della tradizione e più freddi umoristi si sono dati qui convegno per una celebrazione assai varia, armonizzata unicamente dallo sgranarsi dei giorni secondo il calendario dell’Avvento, o scandita dal rintocco d’una vecchia pendola, echeggiante nel canonico silenzio della Notte Santa.”

(“Variazioni d’Avvento”, di Massimo Scorsone e Silvia Valisone, da “Il grande libro delle storie di Natale”, Oscar Draghi Mondadori Libri 2024)

 

Amate il Natale, e quando le festività finiscono il vostro stato d’animo oscilla tra la tristezza e la nostalgia? Ecco un ottimo modo per far sì che non terminino mai: vi consiglio di procurarvi “Il grande libro delle storie di Natale”, un tomo di ben 756 pagine uscito il 26 Novembre scorso per i tipi di Mondadori. Curato da Massimo Scorsone e Silvia Valisone, questo volume è una magnifica raccolta di oltre 80 tra racconti, fiabe, storie e poesie a tema natalizio. Si comincia con gli auguri in versi di Lewis Carroll per concludere con la poesia “Natale” di Guido Gozzano; tra le due opere, si snodano scritti firmati dai più prestigiosi autori della letteratura moderna e contemporanea: Charles Dickens, Louisa May Alcott, Anton Čechov, Beatrix Potter, Dylan Thomas, Carlo Collodi, Lev Tolstoj, Thomas Hardy, Oscar Wilde, Luigi Pirandello, Nikolaj Gogol’, Hans Christian Andersen, Mark Twain, i fratelli Grimm, Selma Lagerlof, Francis Scott Fitzgerald, Truman Capote e molti, molti altri ancora. Il grande protagonista, come vi ho già detto, è il Natale, che ogni narratore racconta a modo proprio.

 

 

Ad aprire le danze intorno all’albero è una suggestiva triade. “Auguri natalizi (di un folletto a una bimba)” di Lewis Carroll, a metà tra la poesia e la filastrocca, ci introduce nell’atmosfera giocosa dei Natali infantili e assurge un folletto, figura ricorrente nel Natale del Nord Europa, al ruolo di personaggio principale. Subito dopo, Jacob e Wilhelm Green narrano tre brevi fiabe dove sono gli elfi, creature mitiche del folklore germanico, a farla da padrone: in un tripudio variegato di gentilezza, arguzia e dispettosa irriverenza, questi esponenti del piccolo popolo caratterizzano racconti intrisi di grazia. Si procede con “Schiaccianoci e il re dei topi”, che Ernst Theodor Amadeus Hoffmann pubblicò, inizialmente, nella sua raccolta di fiabe “Kinder-Märchen” uscita nel 1816. Il racconto, che ha ispirato il celebre balletto “Lo schiaccianoci” musicato da Pëtr Il’ič Čajkovskij, ci accompagna passo dopo passo nella quintessenza dello spirito natalizio: fantasia e realtà si fondono in un’ambientazione che, a partire da un maestoso albero di Natale circondato da doni e bambini in festa, si fa sempre più magica. Ma evidenzia anche un lato oscuro, una sottile angoscia (basti pensare allo zio-mago Drosselmeier e alle minacce notturne del re dei topi nei confronti di Maria), non estranei alle atmosfere dicembrine.

 

Un’illustrazione di “Schiaccianoci e il re dei topi” ad opera di Vladimir Makovsky (Public Domain via Wikimedia Commons)

Ho ricevuto “Il grande libro delle storie di Natale” in regalo, il 25 Dicembre: un dono graditissimo, che ho già reso lo strumento attraverso il quale il mio Natale durerà tutto l’anno. Se come me adorate l’aroma di cannella e pan di zenzero, lo scintillio delle luminarie, la neve che cade abbondante e il crepitio del focolare, non mancate di perdervi tra le pagine di questa splendida antologia.

 

Foto via Pexels e Unsplash. Secondultima foto (dall’alto verso il basso) di Kārlis Dambrāns via Flickr, CC BY 2.0

 

C’era una volta New York

 

” Quando lui era giovane, nel lontano 1955, quando erano tutti giovani (o per lo meno più giovani), quando la fama era una novità e l’ amicizia un sentimento nascente, alimentato da caviale e champagne e doni scelti da Tiffany, avere intorno Truman Capote era un autentico spasso. “C’era una volta” aveva infine dichiarato Slim. “Già. Bè…” e Truman aveva strascicato la frase nel suo stile teatrale, prolungando esageratamente le sillabe. “C’era una volta New York”. New York. (…) La stravagante Zelda e Scott nella fontana del Plaza, la tavola rotonda dell’ Algonquin, Dottie Parker, lingua e penne affilate come rasoi, The Follies. I vari Cholly Knickerbocker, il 21, i balli al ritmo della Lucky Strike Orchestra allo Stork Club, El Morocco. L’ incomparabile Hildegarde che si esibiva alla Persian Room del Plaza, Cary Grant inginocchiato ai suoi piedi in estatica ammirazione. La Quinta Strada: Henry Bendel, Bergdorf Goodman, Tiffany. Esisteva anche una New York sotterranea; “infima”, in ogni senso del termine. Ellis Island, la Bowery, il Lower East Side. La metropolitana. I distributori automatici di cibo e la catena di ristoranti a buon mercato Schrafft’s, i carretti degli hot dog, le pizzerie al taglio. (…) Ma non era quella la metropoli che attirava gli arrampicatori sociali, i sognatori, gli affamati. No, ad allettarli era la New York prestigiosa, la città degli attici e delle suite lussuose al St Regis, al Plaza, al Waldorf (…) Un faro, una guglia, un faro in cima a una guglia. Una luce che brilla continuamente in lontananza, visibile persino dai campi di mais dell’ Iowa, dai monti del Dakota, dai deserti della California. Dalle paludi della Louisiana. Un invito incessante. Un richiamo per gli insoddisfatti, una lusinga per gli illusi. Per tutti coloro che hanno il sangue troppo caldo e troppo impetuoso, che guardano le proprie placide famiglie, i vicini scialbi, le tombe degli antenati immersi nel sonno eterno e dicono: Io sono diverso. Sono speciale. Valgo di più. “

Melanie Benjamin, da “I cigni della Quinta Strada”