Il Profumo

 

” Voleva essere il dio onnipotente del profumo, così come lo era stato nella sua fantasia, ma ora nel mondo reale e regnando su uomini reali. E sapeva che ciò era in suo potere. Poiché gli uomini potevano chiudere gli occhi davanti alla grandezza, davanti all’ orrore, davanti alla bellezza, e turarsi le orecchie davanti a melodie o a parole seducenti. Ma non potevano sottrarsi al profumo. Poiché il profumo era fratello del respiro. Con esso penetrava negli uomini, a esso non potevano resistere, se volevano vivere. E il profumo scendeva in loro, direttamente al cuore, e là distingueva categoricamente la simpatia dal disprezzo, il disgusto dal piacere, l’ amore dall’ odio. Colui che dominava gli odori, dominava i cuori degli uomini. “

 

Patrick Suskind, da “Il Profumo “

 

 

 

 

 

La cocenza dell’ amore

 

” Era la primavera, secondo le favole antiche, la stagione de’ rinnovati o comincianti amori: e anche questa è leggenda. Gli uomini, più insaziabili delle bestie, non hanno più, e forse non hanno mai avuto, una sola stagione per la cocenza dell’amore. E semmai l’hanno trasferita all’incandescente estate: già l’antichissimo Esiodo aveva notato che nell’agosto son più lascive le donne. Ma tutti i mesi, per l’uomo, sono ugualmente propizi, tanto più che l’amore entusiasmo, l’amore passione, l’amore pazzia, ai quali si riferivano i poeti e i trattati di Eros, vanno velocemente scomparendo dagli animi e dai costumi dei nostri popoli inciviliti fino all’imbecillità e oltre. “

 

Giovanni Papini, da “La spia del mondo”

 

 

 

 

 

Lee Miller, Parigi, Man Ray

 

” La sera in cui Lee conosce Man Ray ha inizio in un bistrot semivuoto a qualche isolato dal suo albergo, dove siede da sola mangiando una bistecca e uno sformato di patate accompagnati da mezza caraffa di vino rosso scuro. Ha ventidue anni, ed è bellissima. (…) Cenare da sola non è una novità per lei: ha trascorso quasi tutto il tempo da sola da quando è in città, un cambiamento difficile rispetto alla vita frenetica che aveva a New York, dove lavorava come modella per “Vogue” e frequentava i locali jazz quasi ogni sera, sempre con un uomo diverso al suo fianco. (…) Uomini. Lee li avrà pure ammaliati, ma loro pretendevano cose da lei – la scandagliavano con gli occhi, le sbraitavano ordini da sotto i teli delle macchine fotografiche, la riducevano a frammenti di ragazza: un collo per reggere perle, una vita sottile per dare risalto a una cintura, una mano da accostare alle labbra per mandare baci. Il loro sguardo la trasformava in qualcuno che non voleva essere. (…) Qui a Parigi, dove è venuta per ricominciare da capo, per fare arte invece di essere ridotta a oggetto d’arte, nessuno presta molta attenzione alla sua bellezza. Quando cammina per Montparnasse, il suo nuovo quartiere, nessuno incrocia il suo sguardo, nessuno si volta a guardarla quando passa. Sembra solo uno dei tanti bei dettagli di una città in cui praticamente tutto è perfetto. Una città costruita sul dominio della forma rispetto alla funzione, in cui schiere di dolcetti sfavillanti risplendono nelle vetrine delle pasticcerie, troppo impeccabili per essere mangiati. In cui un modista espone cappelli meravigliosamente elaborati senza una chiara indicazione di come li si debba indossare. Perfino le donne parigine nei caffè a bordo strada sono come sculture, appoggiate agli schienali delle sedie con un’ eleganza disinvolta, come se la loro raison d’ être fosse decorativa.  “

 

Whitney Scharer, da “L’età della luce”

 

 

La foto della fotografa statunitense Lee Miller, la cui relazione con l’ artista Dadaista Man Ray viene narrata dalla Scharer nel libro da cui è tratta questa citazione, è stata pubblicata da oneredsf1 su Flickr tramite la licenza CC BY-NC-SA 2.0