Le Frasi

 

Il foco è da esser messo per consumatore d’ogni sofistico e scopritore e dimostratore di verità, perché lui è luce, scacciatore delle tenebre occultatrici d’ogni essenzia.
(Leonardo da Vinci)

 

 

Macondo

 

“Nelle notti d’inverno, mentre faceva cuocere la minestra nel camino, soffriva la nostalgia del caldo del suo retrobottega, il ronzio del sole nei mandorli polverosi, il fischio del treno nel sopore della siesta, proprio come a Macondo soffriva la nostalgia della minestra invernale nel camino, del richiamo del venditore di caffè e delle lodole fugaci della primavera. Stordito da due nostalgie opposte come due specchi, perse il suo meraviglioso senso della irrealtà, e alla fine raccomandò a tutti che se ne andassero da Macondo, che dimenticassero tutto quello che lui gli aveva insegnato del mondo e del cuore umano, che se ne fottessero di Orazio, e che in qualsiasi luogo si fossero trovati si ricordassero sempre che il passato era menzogna, che la memoria non aveva vie di ritorno, che qualsiasi primavera antica è irrecuperabile, e che l’amore più sfrenato e tenace era in ogni modo una verità effimera.”

Gabriel Garcìa Màrquez, da “Cent’anni di solitudine” (Mondadori, 2021)

 

Le Frasi

 

“Vuoi vedere cosa non vista da occhi umani?
Guarda la luna.
Vuoi udire cosa non udita da orecchio?
Ascolta il grido dell’uccello.
Vuoi toccare cosa non toccata da mano?
Tocca la terra.
In verità io dico che Dio deve ancora creare il mondo.”

(Jorge Luis Borges)

 

 

L’ uomo che dipingeva il mare

 

” Sabbia a perdita d’occhio, tra le ultime colline e il mare – il mare – nell’aria fredda di un pomeriggio quasi passato, e benedetto dal vento che sempre soffia da nord. La spiaggia. E il mare. Potrebbe essere la perfezione – immagine per occhi divini – mondo che accade e basta, il muto esistere di acqua e terra, opera finita ed esatta, verità – verità – ma ancora una volta è il salvifico granello dell’ uomo che inceppa il meccanismo di quel paradiso, un’ inezia che basta da sola a sospendere tutto il grande apparato di inesorabile verità, una cosa da nulla, ma piantata nella sabbia, (…) minuscola eccezione, posatasi sulla perfezione della spiaggia sterminata. A vederlo da lontano non sarebbe che un punto nero: nel nulla, il niente di un uomo e di un cavalletto da pittore. Il cavalletto è ancorato con corde sottili a quattro sassi posati nella sabbia. Oscilla impercettibilmente al vento che sempre soffia da nord. L’ uomo porta alti stivali e una grande giacca da pescatore. Sta in piedi, di fronte al mare, rigirando tra le dita un pennello sottile. Sul cavalletto, una tela. E’ come una sentinella – questo bisogna capirlo – in piedi a difendere quella porzione di mondo dall’ invasione silenziosa della perfezione, piccola incrinatura che sgretola quella spettacolare scenografia dell’ essere. Giacchè è sempre così, basta il barlume di un uomo a ferire il riposo di ciò che sarebbe a un attimo dal diventare verità e invece immediatamente torna ad essere attesa e domanda, per il semplice e infinito potere di quell’ uomo che è feritoia e spiraglio, porta piccola da cui rientrano storie a fiumi e l’immane repertorio di ciò che potrebbe essere, squarcio infinito, ferita meravigliosa, sentiero di passi a migliaia dove nulla più potrà essere vero ma tutto sarà – proprio come sono i passi di quella donna che avvolta in un mantello viola, il capo coperto, misura lentamente la spiaggia (…) L’ uomo non si volta neppure. Continua a fissare il mare. Silenzio. Di tanto in tanto intinge il pennello in una tazza di rame e abbozza sulla tela pochi tratti leggeri. Le setole del pennello lasciano dietro di sè l’ ombra di una pallidissima oscurità che il vento immediatamente asciuga riportando a galla il bianco di prima. Acqua. Nella tazza di rame c’è solo acqua. E sulla tela, niente. Niente che si possa vedere. “

Alessandro Baricco, da “Oceano mare”

Vita, favola o mito

 

” Quante risate! Non hanno mai saputo cosa fare della mia data di nascita. E’ nata il 6 luglio 1907? Oppure il 7 luglio 1910? Mi sono proprio divertita a guardarli mentre se la sbrogliavano. Tutti, sedicenti biografi, universitari, giornalisti, studenti, amici, rimanevano confusi, si sentivano obbligati a dimostrare. Talvolta gli piaceva immaginare che la mia vita, raccontata o no per bocca mia, non potesse che essere favola o mito. Avevano continuamente bisogno di persuadersi che ogni mia azione, ogni avvenimento dovesse far parte del “personaggio Frida Kahlo”. Altri si angosciavano: la loro richiesta di onestà risultava intimidita dal fatto di non poter afferrare la “verità”. A questi, occorreva la data esatta, senza la quale la loro coscienza soffriva di “disturbi d’almanacco”, strana vertigine! Oppure si mettevano d’accordo – ed era un modo per risolvere la questione -, sostenendo che io fossi un po’ squilibrata, cosa che aveva il vantaggio di non fare del male a nessuno e di rassicurare tutti. E io, come un diavoletto. E io, birichina. E io, beffarda. (…) Come trascurano, stranamente, che la maggior parte della gente sogna di cambiare nome, faccia, quando non pelle o vita. Allora, io, sì, ho cambiato la mia data di nascita (…). Sono nata con una rivoluzione. Diciamolo. E’ in quel fuoco che sono nata, portata dall’ impeto della rivolta fino al momento di vedere giorno. Il giorno era cocente. Mi ha infiammato per il resto della mia vita. Da bambina, crepitavo. Da adulta, ero una fiamma. Sono proprio figlia di una rivoluzione, non v’è dubbio, e di un vecchio dio del fuoco adorato dai miei antenati. Sono nata nel 1910. Era estate. Di lì a poco, Emiliano Zapata, el Gran Insurrecto, avrebbe sollevato il Sud. Ho avuto questa fortuna: il 1910 è la mia data.”

 

Frida Kahlo in “Frida Kahlo”, di Rauda Jamis

 

Le Frasi

Per mettere alla prova la realtà dobbiamo vederla sulla fune del circo. Quando le verità diventano acrobate, allora le possiamo giudicare.

(Oscar Wilde)

La colazione di oggi: l’ uva, emblema di vita e di prosperità

 

Nella scorsa puntata di questa rubrica abbiamo parlato delle mele (e della torta di mele), stavolta parleremo dell’ uva. Molti frutti autunnali, in effetti, sono miniere inesauribili di salute e di benessere. L’ uva è uno di questi. Oltre a darci l’occasione di dilettarci con la vendemmia (io l’ho fatto da piccola, mia zia aveva un podere in campagna) ci regala il vino, e i suoi acini succosissimi sono ottimi anche per la prima colazione. Ma quali sono le virtù di questo frutto che, più di ogni altro, rappresenta la fine dell’ estate? Innanzitutto, contiene un’ alta quantità di polifenoli: la sostanza che dà il colore all’ uva e la mantiene sana.  Ingerendoli, contrastiamo l’ invecchiamento cellulare poichè agiscono contro i danni causati dai radicali liberi. I polifenoli sono molecole preziose anche per la salute dell’ apparato cardiovascolare; favoriscono infatti un buon funzionamento dell’ endotelio (il tessuto che riveste le pareti interne del cuore), dei vasi linfatici e sanguigni, svolgendo al tempo stesso un’ azione antinfiammatoria e antiaggregante. L’ uva, inoltre, è un ottimo antidoto contro la degenerazione della macula, la parte centrale della retina. Si rivela utile, quindi, a preservare il benessere della nostra vista.

 

 

Se volete mantenervi giovani e attivi a lungo, poi, l’ uva fa al caso vostro: il resveratrolo e l’ acido linoleico di cui è ricca incentivano, rispettivamente, la sopravvivenza delle cellule grazie a potenti proprietà antiossidanti, e il mantenimento dell’ elasticità della pelle. Lo stress ossidativo, drasticamente ridotto dai componenti dell’ uva, viene contrastato e anche la memoria ne risente: ecco perchè i grappoli di questo frutto sono dei veri e propri toccasana contro le malattie degenerative. Ma non è finita qui: la lista dei benefici dell’ uva è ancora molto lunga. La presenza dei polifenoli apporta ulteriori vantaggi, combatte la sindrome metabolica contribuendo a mantenere ottimali, di conseguenza, i valori dei trigliceridi, del colesterolo, della glicemia e della pressione. Avete mai sentito parlare di vitamina K? Bene, l’ uva la contiene. E’ un efficacissimo fluidificante del sangue, che previene il rischio di emorragie. Inoltre, la presenza di fibre solubili nel frutto regolarizza le funzioni intestinali e diminuisce i livelli del colesterolo e degli zuccheri nei vasi sanguigni.

 

 

L’ uva è squisita sia mangiata da sola che in innumerevoli altre versioni: potete utilizzarla per guarnire dessert quali torte, crostate, pancake, includerla tra i frutti della macedonia o tra i componenti di un tagliere, ricavarne un delizioso succo. Avete solo l’ imbarazzo della scelta! Per concludere, come sempre, lascio spazio alle curiosità e alle leggende. Che in questo caso sono numerosissime: basti pensare che l’ uva, in tempi remoti, veniva considerata il Nettare degli Dei. Non è un caso che gli antichi popoli associassero al vino una divinità in carne ed ossa, Bacco nel caso dei Romani e Dioniso in quello dei Greci. Questi Dei donavano l’ uva all’ uomo come atto di generosità, e dall’ uva veniva ricavata una bevanda, il vino, che aveva uno straordinario potere sull’ animo umano; se bevuto in quantità moderate, alimentava il coraggio, l’ euforia e la loquacità. I valori più comunemente attribuiti all’ uva erano molteplici: il vino, ma ancor prima la vendemmia, venivano associati alla condivisione e alla convivialità. Attorno all’ uva ruota un’ antica leggenda. Si raccontava che, agli albori del tempo, la vite non producesse frutti. Un contadino decise così di potarla, per far sì che le altre piante potessero godere della luce solare. Ma quando si vide disadorna e priva delle sue rigogliose fronde, la vite scoppiò in un pianto disperato. Un usignolo che passava da quelle parti, ascoltandolo, si commosse, e cominciò a intonare una canzone per darle conforto. Le stelle furono toccate profondamente da quella scena, e decisero di rianimare la vite con la loro luminosità. All’ improvviso, la pianta ritrovò le forze e ognuna delle sue lacrime si tramutò in un acino dolcissimo: erano nati i grappoli d’uva.

 

 

Una leggenda della mitologia ellenica, invece, ricollega la genesi della vite alla morte di Ampelo, uno splendido giovane di cui Dioniso era innamoratissimo. Quando Ampelo morì incornato da un toro, Dioniso versò lacrime amare. Il dio che non conosceva la sofferenza si rese conto, nel modo più triste, di cosa fosse il dolore. Inconsolabile, Dioniso continuava a piangere quando un giorno le sue lacrime, cadendo sul corpo inanimato di Ampelo, operarono il miracolo: Ampelo si tramutò in una vite e le lacrime di Dioniso, fondendosi con il sangue di colui che tanto aveva amato, diedero origine al vino. Una sostanza, non a caso, in grado di donare ebbrezza e quindi di cancellare i ricordi strazianti tramite la gioia e la spensieratezza. Il vino cominciò a incarnare la vita, l’allegria, un modo per sconfiggere la morte e qualsiasi pena. Ulteriori motivi che favoriscono l’associazione tra uva e vita si rinvengono nella vendemmia: un autentico rituale che coincide con l’ inizio dell’ autunno. La terra sta per assopirsi, inaugura il suo periodo di riposo in attesa del risveglio primaverile. Ma prima di farlo ci fa dono dell’ uva, o per meglio dire del vino, che ci accompagna lungo tutto l’ inverno restituendoci calore e gioia di vivere. L’ uva diventa così l’ emblema della vita stessa, del trionfo della vita sulla morte, dell’ amore, della prosperità. Non stupisce che in Spagna, a Capodanno, si usi ingurgitare 12 chicchi d’uva in concomitanza con i 12 rintocchi della mezzanotte. L’ uva è fertilità e abbondanza; nell’ Eucarestia il vino simboleggia il sangue di Cristo, che diventa anche il nostro affinchè possiamo rinnovarci, rigenerarci in Lui. Esiste poi un detto, “In vino veritas”, che celebra l’ effetto disinibitorio del vino. Il vino “libera”, elimina i freni e le inibizioni. Sconfigge la doppiezza e favorisce l’ affiorare della verità: rappresenta, dunque, una saggezza pura e “senza filtri”.