Equinozio di Primavera

 

“Ascolta: riesci a sentirla? La dolce cantata della primavera. I ciuffi d’erba che spingono attraverso la neve. Il canto delle gemme che erompono dal ramo. Il tenero timpano del cuore di un giovane pettirosso. Primavera.”
(Diane Frolow)

Stasera, alle 22.24, la Primavera entrerà ufficialmente. Oggi si festeggia l’Equinozio, dal latino aequinoctium (che fonde i termini “aequus”,”uguale”, e “nox”, “notte”): il Sole è posizionato allo Zenit, i suoi raggi sono perfettamente perpendicolari all’ Equatore e all’asse terrestre. Le ore di luce e quelle di buio hanno un’identica durata; poi, progressivamente, il giorno inizierà a prevalere e “sorpasserà” la notte in prossimità del Solstizio d’Estate. E’ la stagione della rinascita. Il clima a poco a poco diventa più mite, la natura si risveglia, i fiori sbocciano e animali come il ghiro, la marmotta, il riccio, l’orso, la formica, i rettili e gli anfibi escono dal letargo. Luce e buio, Sole e Luna, Maschile e Femminile, con l’Equinozio raggiungono un’armonia perfetta. Comicia un nuovo ciclo vitale, la terra ritorna fertile, i colori prorompono rigogliosi insieme alla natura. Tradizionalmente, non a caso, la Primavera è la stagione associata alla giovinezza: nella mitologia greca era rappresentata da Persefone, la dea dell’ Oltretomba, che trascorreva sei mesi dell’ anno negli Inferi e gli altri sei (quelli primaverili ed estivi) sulla Terra, accanto alla madre Demetra. Per i romani Persefone era Proserpina, ma incarnava la stessa valenza. Al suo passaggio, quando usciva dall’ Ade, le piante fiorivano ed emanavano inebrianti profumi. La giovane dea veniva venerata parallelamente a Pan, il dio fanciullo. Nell’ antica Grecia aveva l’aspetto di un satiro ed era la divinità dei pascoli e della vita agreste (la mitologia romana lo faceva corrispondere al dio Silvano). La sua raffigurazione è inconfondibile: Pan esibisce le zampe e le corna di una capra, ma è un umano dalla cintola in su. Ha le orecchie a punta, la barba a pizzetto e un’ espressione alquanto arcigna che si accompagna, per contrasto, a un’indole bonaria. Vaga per i boschi danzando e suonando il flauto (il noto Flauto di Pan). All’arrivo dell’ Equinozio di Primavera, si imbatte nella giovane dea e inizia a danzare con lei.

 

 

Il loro incontro simboleggia la quintessenza della Primavera: la natura si risveglia così come la nostra anima, con le passioni e le emozioni. Siamo pervasi da una potente euforia, ci apriamo al mondo e al prossimo con rinnovata spontaneità. La Primavera è la stagione dell’ innamoramento, dell’ebbrezza associata alla rinascita naturale. I fiori e la nostra interiorità sbocciano all’ unisono, in perfetta sintonia. Ci apriamo alla vita e all’ amore dopo il torpore invernale.

 

 

I Celti chiamavano l’Equinozio di Primavera Alban Eiler, i popoli nordici lo battezzarono Ostara  (dal nome di Eostre, la dea germanica della fertilità). La valenza di rinnovamento che si lega a questa data la equipara a una sorta di Capodanno: non è un caso che l’anno iniziasse a Marzo, nell’ antica Roma. Tuttavia, i Celti solevano festeggiare la rinascita della natura qualche mese dopo, a Beltane, intorno al 1 Maggio. Gli Equinozi e le loro celebrazioni, infatti, sono tipici dell’area mediterranea. Esistono spiccate differenze climatiche tra i paesi del nord e quelli del sud Europa; in questi ultimi, la Primavera esplode in modo molto più eclatante, mentre a Marzo è appena percettibile nelle lande nordiche. La data odierna coincide, in ogni caso, con una svolta decisiva: andiamo incontro al Sole, al calore dei suoi raggi, il verde spadroneggia restituendo alla terra la fecondità. L’equivalenza tra notte e giorno ci invita a celebrare l’armonia cosmica, le forze vitali della Primavera ci infondono una gioia profonda destinata a rafforzarsi nei prossimi mesi. E’ il momento giusto per ripromettersi di realizzare nuovi progetti, per ribaltare la propria esistenza. L’ entusiasmo che si accompagna alla bella stagione è contagioso e rinvigorente. Lo Zodiaco collega la Primavera ai segni dell’ Ariete, del Toro e dei Gemelli. I quattro elementi la fanno corrispondere all’Aria, i momenti della giornata la vedono equiparata al mattino. La Grande Opera alchemica la accomuna all’albedo, il cui simbolo è un cigno bianco. Tra le sue ricorrenze principali rientra la Pasqua, ma ne parleremo in un post successivo a questo. Nel frattempo, vi auguro un buon Equinozio di Primavera!

 

Foto via Pixabay, Pexels e Unsplash

 

Il pastore d’Islanda

 

“Quando una festa si avvicina, gli uomini si preparano a celebrarla, ognuno a modo suo. Ce ne sono molti e anche Benedikt aveva il proprio, che consisteva in questo: quando iniziava il digiuno natalizio, o meglio, se il tempo lo permetteva, la prima domenica d’Avvento, si metteva in viaggio. (…) In questo suo pellegrinaggio d’ Avvento Benedikt era sempre solo. Davvero solo? Meglio dire senza compagnia umana. Perchè era ogni volta scortato dal suo cane e spesso anche dal suo montone guida. (…) E ora camminava nella neve, intorno a lui tutto bianco fin dove l’occhio arrivava, bianco e grigio il cielo invernale, perfino il ghiaccio sul lago era coperto di brina o da un leggero strato di neve. Solo i crateri bassi che emergevano qua e là disegnavano anelli neri grandi e piccoli, simili a segni premonitori nel deserto di neve. Ma che cosa annunciavano? Si potevano interpretare? Forse le bocche di quei crateri dicevano: “Anche se tutto ghiaccia, se si rapprendono le pietre e l’acqua, se l’aria gela e cade giù in fiocchi bianchi e si posa come un velo nuziale, come un sudario sulla terra, anche se il fiato gela sulle labbra e la speranza nel cuore, e nella morte il sangue nelle vene – sempre, nel centro della terra, vive il fuoco. ” Forse parlavano così. (…) E, come nata da tutto quel bianco, con gli anelli scuri dei crateri e qualche colonna di lava che sorgeva spettrale qua e là, c’era in quella domenica nel distretto di montagna una solennità che stringeva il cuore. Una festosità grande e immacolata esalava nel quieto fumo domenicale dei casali bassi, rari e quasi sepolti sotto la neve. Un silenzio inesplicabile e promettente – l’Avvento. Sì…Benedikt pronunciò con cautela quella parola grande, mite, così esotica e al tempo stesso familiare. Forse, per Benedikt, la più familiare di tutte. (…) Negli anni quella parola era arrivata a racchiudere tutta la sua vita. Perchè cos’era la sua vita, la vita degli uomini sulla terra, se non un servizio imperfetto che tuttavia è sostenuto dall’ attesa, dalla speranza, dalla preparazione? “

Gunnar Gunnarsson, da “Il pastore d’Islanda”

 

 

Il Ceppo di Yule, un’ antica e suggestiva tradizione del Solstizio d’Inverno

 

” Solstizio d’inverno.
Sembra che il mondo voglia dare le spalle alla luce.
I colori nascondono il loro volto.
La terra coltiva l’ombra
come se fosse l’unica cosa che cresce.”
(Fabrizio Caramagna)

 

21 Dicembre, Solstizio d’Inverno: è il giorno più corto dell’ anno. Le ore di buio trionfano, fagocitando quelle di luce. Il Sole, giunto al punto di declinazione minima nel suo moto apparente lungo l’eclittica, sembra arrestarsi (non è un caso che il termine “Solstizio”, in latino “Solstitium”, derivi da “sol”, sole, e “sistere”, ovvero fermarsi). L’atmosfera è sospesa, la natura e il cosmo partecipano silenziosamente a questo importante momento di transizione. Perchè quando l’oscurità raggiungerà il suo apice, la luce ricomincerà ad avanzare a poco a poco. E il Sole rinascerà, si rinnoverà, tornerà a regnare sulla notte. Nell’ era pre-cristiana, i popoli germanici battezzarono “Yule” il giorno del Solstizio: “Hjòl” designava, in norreno, la ruota dell’ anno, che si trova nel suo punto più basso quando l’ Inverno entra ufficialmente. “Hjòl” si tramutò poi nel norreno Jòl e nel tedesco Jul. Tuttora è possibile rinvenire questi termini nelle lingue scandinave, dove indicano sia il Solstizio d’Inverno che il Natale“Jul” in svedese e danese, “Jol” in norvegese, “Joulu” in finlandese (con il significato, però, esclusivamente di “Natale”).

 

 

In un’ epoca in cui la sopravvivenza era legata a doppio filo ai cicli della natura, è facile intuire l’importanza che rivestiva Yule. La resurrezione della luce era un evento ricco di magia, di rituali associati a una simbologia antichissima. Per approfondire questi aspetti, vi rimando all’ articolo “Yule” che ho pubblicato su VALIUM l’anno scorso (rileggilo qui). Oggi ci concentreremo invece su un particolarissimo cerimoniale associato al Solstizio, il Ceppo di Yule o Yule Log.

 

 

I popoli nordici dell’ età pre-cristiana solevano celebrare il Solstizio d’Inverno con  un grosso tronco beneaugurale. La notte più lunga dell’ anno il ceppo si adornava di nastri, bacche e ramoscelli d’edera, poi veniva benedetto e fatto ardere per i dodici giorni dei festeggiamenti solstiziali. Secondo la tradizione, il fuoco precedente doveva essere spento dal capofamiglia e per riaccenderlo si doveva utilizzare un tizzone del tronco bruciato durante il Solstizio dell’ anno prima. Questo rituale aveva una potente valenza emblematica: il fuoco e il suo calore simboleggiavano la nuova luce, l’ardore del Sole che quella notte rinasceva e sarebbe tornato a splendere progressivamente. Ma il fuoco era anche una metafora della vita stessa. Nelle gelide lande del Nord Europa, i focolari erano sempre accesi; il caminetto riscaldava e risultava essenziale per il nutrimento, dal momento che il fuoco si utilizzava per cucinare. Il Ceppo di Yule, dunque, era un emblema di buon auspicio associato alla luce, alla rinascita della natura, alla prosperità: i fondamenti della sopravvivenza.

 

 

Quando il Cristianesimo sostituì le celebrazioni natalizie a quelle solstiziali, lo Yule Log divenne una costante della vigilia di Natale. Le prime testimonianze relative a questa tradizione risalgono alla Germania del XII secolo: un documento del 1184 cita un ceppo di Natale che, acceso la notte di vigilia, veniva fatto bruciare fino all’ Epifania. Alla ricerca del legno adatto si dedicavano giornate intere. I tronchi dovevano essere di albero secco, idonei alla combustione, e non essere stati eletti a tana da qualche animale. In Scozia, gli antichi Celti erano soliti scolpire una figura femminile nel ceppo: raffigurava la Cailleach Nollag, una dea dell’ Inverno, il cui aspetto sinistro veniva stemperato dalle fiamme. Era un emblema della ciclicità della natura; dopo la notte del Solstizio, ogni ora di luce in più equivaleva a un passo verso la Primavera. Con l’avvento del Cristianesimo, la valenza simbolica dello Yule Log mutò completamente: il ceppo aveva la funzione di scaldare Gesù Bambino, mentre il fuoco incarnava l’emblema della Redenzione.

 

 

Dalla Germania, la tradizione dello Yule Log si diffuse in Gran Bretagna, nella penisola scandinava, in tutta la zona alpina, in Spagna, nei paesi dei Balcani e, last but not least, in regioni italiane quali la Lombardia e la Toscana. Successivamente, l’usanza sbarcò persino negli Stati Uniti. Il cerimoniale era simile ovunque: la vigilia di Natale, il ceppo veniva decorato (bacche, pigne, aghi di pino, vischio e piante rampicanti erano gli elementi più usati) e bruciato nel camino con una solenne cerimonia beneaugurale. Lo Yule Log si lasciava ardere per dodici notti di fila, fino all’ Epifania, e i suoi rimasugli, considerati magici, venivano conservati con cura. Ad essi si attribuivano benefici per la fecondità femminile, il raccolto, gli animali da allevamento, il benessere fisico, ed era d’uso utilizzarli per accendere il ceppo del Natale successivo. Ogni paese ha donato la propria impronta a questo rituale. Anche la pianta scelta per il ceppo variava da nazione a nazione: in Gran Bretagna, dove l’ usanza dello Yule Log venne adottata massicciamente, si preferivano la quercia, il pino, la betulla; i serbi optavano per la quercia, mentre i francesi puntavano sugli alberi da frutto.

 

 

Tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, la tradizione del Ceppo di Natale scomparve pressochè totalmente. L’ avvento delle stufe e il minor numero di camini presenti nelle case dell’ epoca fece sì che l’usanza, a poco a poco, si perdesse. Lo Yule Log, tuttavia, continua a esistere sotto un’altra forma: il tronchetto di Natale, uno dei dolci più golosi delle feste. Si tratta di un tronchetto di Pan di Spagna ricoperto di cioccolato e farcito con svariate creme. L’ aspetto è quello di un ceppo ornato di molteplici decorazioni: provate a prepararlo in casa per un Solstizio all’ insegna del gusto. Oppure, ripristinate la tradizione dello Yule Log. Procuratevi un ceppo su cui praticherete dei fori per inserirvi alcune candele. I colori di queste ultime potranno essere tipicamente natalizi, come ad esempio il rosso, il verde, l’oro. Decorate il ceppo con piante, fiori e bacche stagionali. Le candele andranno fatte bruciare durante la notte di Yule: è una variante contemporanea del Ceppo di Natale, ma risulta sempre di grand’effetto.

 

 

Foto del Ceppo di Yule con candele di Jeremy Fulton via Flickr, CC BY-NC-ND 2.0

 

Rinnovarsi

 

” Non si stancava mai di guardare sorgere il sole: rosso acceso, dorato, lavato nelle acque del grande mare. Il sole nascente gli ispirava sempre lo stesso pensiero: a differenza dell’astro celeste, il figlio dell’uomo non si rinnova mai e per questo è destinato alla morte. L’uomo ha ricordi, rimorsi e rancori che si accumulano dentro di lui come strati di polvere finché gli impediscono di ricevere la luce e la vita che discende dal cielo. Il creato, invece, si rinnova costantemente. Se il cielo si rannuvola, poi si rasserena. Il sole tramonta, ma ogni mattino rinasce. Le stelle o la luna non recano le tracce del tempo. La continuità del processo di creazione della natura non appare mai tanto ovvia come all’alba, quando cade la rugiada, gli uccellini cinguettano, il fiume s’infiamma, l’erba è umida e fresca. Felice è l’uomo che sa rinnovarsi insieme al creato. “

Isaac Bashevis Singer, da “Racconti”

 

 

 

Un Halloween da paura

 

“Halloween è il giorno in cui ci si ricorda che viviamo in un piccolo angolo di luce circondati dall’oscurità di ciò che non conosciamo. Un piccolo giro al di fuori della percezione abituata a vedere solo un certo percorso, una piccola occhiata verso quell’oscurità.”
(Stephen King)

 

Nel corso degli anni, VALIUM ha più o meno raccontato tutto su Halloween, che in origine era Samhain (in irlandese antico, “fine dell’estate”): le sue radici celtiche, la sua valenza di spartiacque tra il semestre della luce e il semestre oscuro. Per i Celti, l’anno iniziava con quest’ ultimo. A Samhain si festeggiava il Capodanno, un momento cruciale rispetto al ciclo delle stagioni; nel calendario agricolo, sanciva il passaggio dall’ ultimo raccolto alla preparazione alla semina. Ma perchè il 31 Ottobre viene da sempre associato alle tenebre, al funereo, all’ orrore? In realtà si tratta di caratteristiche che hanno enfatizzato, distorcendolo, lo spirito originale della festa. A Samhain, la mezzanotte era un’ ora fondamentale. Contrassegnando il termine di un ciclo e il principio di quello successivo, apparteneva a un livello atemporale: era un tempo che andava al di là del tempo. Il fatto che non avesse una collocazione cronologica ben definita, eliminava ogni barriera tra la realtà tangibile e le altre dimensioni. Lo scoccare della mezzanotte coincideva, quindi, con l’istante magico in cui il mondo dei vivi e il mondo dei morti si incontravano, entravano in comunicazione. L’ oltretomba, tuttavia, non era legata ad alcuna valenza orrorifica. I Celti celebravano la vita nella morte, perchè ogni morte è un nuovo inizio e una rinascita in un’altra dimensione. Il contatto con il soprannaturale si manifestava anche nella pratica della divinazione, che in questo periodo era diffusissima. Samhain veniva festeggiato con banchetti che andavano avanti per giorni: si brindava all’ultimo raccolto dell’anno, si mangiava la carne del bestiame macellato a causa della scarsità di foraggio. Il fuoco era un elemento molto importante. Simboleggiava la scintilla della nuova vita, della risurrezione primaverile. La sera del 30 Ottobre (Samhain, con ogni probabilità, si celebrava in una notte di luna piena della fine del mese) il fuoco doveva essere spento in tutte le case, dopodichè gli abitanti dei villaggi si recavano sulle colline dove attendevano che la stagione della luce lasciasse il posto alla stagione oscura. In quel preciso istante, nel silenzio generale, il buio veniva squarciato dalle fiamme del sacro fuoco che i Druidi avevano acceso.

 

 

I festeggiamenti avevano inizio, la gioia esplodeva e coinvolgeva tutti i partecipanti. Poi, all’ alba, ognuno scendeva dalla collina munito di una torcia che ardeva del sacro fuoco dei Druidi: con quella torcia avrebbe riacceso il focolare nella propria casa. Il fuoco della notte di Samhain rivestiva un ruolo specifico anche per gli spiriti dei defunti. Illuminava la strada alle anime smarrite, le aiutava a raggiungere o a ritrovare la dimora eterna. Parlando di spiriti entrano in scena i rituali, le antiche tradizioni. In Scozia, i giovani celebravano il Capodanno Celtico annerendosi il volto, velandolo o celandolo tramite maschere per impersonare i defunti. La barriera tra il regno dei vivi e quello dei morti crollava generando scompiglio, confusione: i ragazzi si vestivano da ragazze e viceversa, si ordivano scherzi come lo scambio dei cavalli o la sparizione degli aratri. Riemerge costantemente l’ambivalenza tra vita e morte, luce e oscurità. La stessa dea della Terra incarnava una forza oscura, che versa lacrime perchè il suo amante, il dio della Vegetazione, è sparito nell’ oltretomba, ma porta in grembo il seme della vita futura che fiorirà in primavera. Una delle tradizioni più note della notte di Samhain era quella di apparecchiare la tavola anche per i defunti: si lasciava loro del cibo, si sistemavano le sedie davanti al focolare in previsione di una loro visita. Le finestre e le vie venivano illuminate per guidare gli spiriti lungo il percorso, ma a questa funzione adempiva altresì la luna piena.

 

 

I falò che si accendevano su tutte le colline della Britannia e dell’ Irlanda avevano lo scopo di ridar vigore al dio morente, di portare nel nuovo anno la sua luce. L’usanza di indossare una maschera, di dipingersi il volto o vestirsi di nero, invece, era tipica delle streghe ai tempi dell’Inquisizione: quei travestimenti le aiutavano a mimetizzarsi nella notte e a terrorizzare gli inquisitori quando si spostavano da una congrega all’altra. La paura e i cammuffamenti, con il passar del tempo, sono diventati parte integrante della festa di Samhain. E a tutt’oggi rimangono intatti: dopotutto, come dice lo sceriffo Brackett nel film “Halloween – La notte delle streghe” di John Carpenter, “E’ Halloween: tutti hanno diritto a un bello spavento!”

 

 

 

Il voto della futura Regina

 

” Il 21 aprile, nel giorno del ventunesimo compleanno della principessa, il discorso venne mandato in onda fingendo che si tenesse in diretta nella Government House di Città del Capo, di fronte a un pubblico radiofonico di oltre 200 milioni di individui che si erano sintonizzati per ascoltare la futura regina, americani compresi. Elisabetta chiarì fin dalla prima frase che l’esistenza che aveva scelto di consacrare all’espansione del Commonwealth non era una questione che riguardava soltanto i bianchi. “Colgo volentieri l’occasione per rivolgermi a tutti i popoli del Commonwealth e dell’Impero Britannico, dovunque essi vivano, a qualunque razza appartengano e qualsiasi lingua parlino.” Il discorso durò sette minuti e raggiunse il culmine nel passo in cui la principessa dichiarò di dedicare la vita al servizio della Corona e del suo popolo. Era una dichiarazione che ricalcava quasi un voto religioso e aveva commosso Elisabetta quando aveva letto le bozze per la prima volta. “Oggi desidero farvi una promessa. E’ molto semplice. Dichiaro davanti a voi che dedicherò tutta la mia vita, lunga o breve che sia, al vostro servizio e al servizio della grande famiglia imperiale a cui tutti apparteniamo. Ma non avrò la forza di portare a compimento questo impegno a meno che anche voi non vi uniate a me, e oggi vi invito a farlo. Sono certa che il vostro sostegno non verrà mai meno. Che Dio mi aiuti a realizzare questa promessa e benedica tutti quelli che vorranno prendervi parte.” In ogni parte del mondo molti interruppero l’attività quotidiana per ascoltare le parole della principessa, che chiaramente provenivano dal cuore. Il discorso fece venire le lacrime agli occhi al re, alla regina e alla regina Maria (…). Churchill, notoriamente emotivo fino alla punta del suo famoso sigaro, ammise di essersi commosso anche lui.”

 

Andrew Morton, da “The Queen. Elisabetta, 70 anni da regina.”

 

 

Foto di Lee Haywood, CC BY-SA 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0>, via Wikimedia Commons

 

Buon Equinozio di Autunno

 

Prendi un filare di aceri in questa luce leggera e vedrai l’autunno incandescente attraverso le foglie …. La promessa di oro e cremisi è tra i rami, anche se per adesso si è realizzata solo su un ramo solitario, un cespuglio impaziente o un timido piccolo albero che non ha ancora imparato a cronometrare i suoi cambiamenti.

(Hal Borland)

Benvenuto, Autunno. Oggi, con l’Equinozio (dal latino “aequa nox” perchè le ore di luce e buio sono equivalenti), la nuova stagione fa il suo ingresso ufficiale. Ma perchè il 23 Settembre e non il 21, come si pensa comunemente? E’ presto detto. La durata dell’ anno siderale – il tempo che la Terra impiega, cioè, per compiere il suo giro attorno al Sole –  non combacia alla perfezione con quella dell’anno solare: quest’ ultimo conta 365 giorni, mentre l’anno siderale vanta circa sei ore in più. Si è cercato di ovviare alla disparità introducendo gli anni bisestili; le date in cui cadono gli Equinozi, tuttavia, non risultano sempre le stesse. Di conseguenza, quest’ anno l’ Autunno arriva con “due giorni di ritardo” rispetto alla data stabilita convenzionalmente. Il semestre oscuro ha avuto inizio alle 3.03 di stamattina. La natura si prepara al riposo invernale: il ciclo produttivo è giunto al termine, il fogliame si tinge di splendidi colori prima di staccarsi dai rami, gli animali cominciano ad accumulare provviste per sopravvivere al grande freddo. Nella mitologia greca, al principio dell’ Autunno Persefone scendeva nell’ Ade per ricongiungersi con il re degli Inferi. La terra iniziava ad assopirsi in attesa di rifiorire in Primavera, quando la dea riabbracciava la madre Demetra nel mondo dei vivi. I Misteri Eleusini, riti mistici segreti celebrati nella Grecia antica, erano incentrati proprio sul mito di Persefone e sul suo rapimento a opera di Ade. L’ Equinozio d’Autunno è un’ importante data di transizione. Secoli orsono, fu battezzato Mabon dai popoli pagani: così viene chiamato anche il Sabbat che lo rappresenta nella Ruota dell’ Anno.

 

 

Mabon è un condottiero della mitologia gallese; impersonifica il dio della caccia, della giovinezza e del raccolto. Secondo un’ antica leggenda, sua madre Modron lo rapì tre giorni dopo averlo partorito e lo racchiuse nel suo grembo: a causa di ciò, Mabon rimase eternamente giovane e fu soggetto a una costante rinascita. Riguardo a chi lo salvò dalla “clausura”,  le voci sono discordanti. Vengono citati di volta in volta Re Artù o suo cugino Cuhlwch, un’ aquila, un gufo e un salmone. Quando fu liberato, il figlio di Modron diffuse il suo alone di luce nel mondo. Mabon è il seme che feconda, che dà origine a una nuova vita. Durante l’ Equinozio d’Autunno, gli antichi popoli ringraziavano il dio per i doni della terra: non a caso,  i frutti del tardo raccolto costituivano le pietanze tradizionali di quella data. Esprimere gratitudine a Mabon e invocare la sua clemenza in vista del gelido Inverno erano azioni che implicavano una rigorosa condivisione del cibo.

 

 

Le caratteristiche dell’ Equinozio di Autunno si rispecchiano anche nel modo ideale di celebrarlo spiritualmente. Giorno e notte hanno la stessa durata: ciò ci sprona a ricercare un’armonia, a bilanciare gli opposti che convivono in noi.  L’ ultimo raccolto è appena stato effettuato, è il momento di fare bilanci. Analizziamo il nostro raccolto personale, valutiamone i frutti, formuliamo su di essi opinioni e considerazioni. Inizia un nuovo ciclo stagionale, la natura che si assopisce è un invito a fermarci a meditare. L’ Autunno è introspezione, un viaggio all’ interno di noi stessi; l’acquisizione di una consapevolezza scaturita dalle nostre riflessioni. E’ il periodo più adatto per porre fine a situazioni sterili voltando pagina con entusiasmo e propositività. Le vibrazioni cosmiche emanate dall’ Equinozio sono molto intense. Andrebbero assaporate immergendosi nella natura, approfittando di lunghe passeggiate nei boschi per inebriarsi davanti all’ oro e al rosso porpora del fogliame.

 

 

Ma potreste dare il benvenuto all’ Autunno anche tra le vostre quattro mura: adornate le stanze e la tavola con piante secche decorative, castagne, frutta secca, petali essiccati, foglie morte dalle incredibili cromie. Degustate alimenti tipici come i cereali, i legumi, le patate e le zucchine cotte al forno, le mandorle, le mele e le zucche, annaffiandoli con un buon vino; il pane più indicato è quello di semola o di frumento. Bruciate incenso ai petali di rosa, alla salvia, all’ ibisco, e organizzate una cena a lume di candela optando per un décor in tonalità autunnali come il il vinaccia, l’arancio e il marrone.