Attorno al noce, l’albero che i Romani consacrarono a Giove (il nome botanico della pianta, Juglans regia, deriva da “Jovis glans”, in latino “la ghianda di Giove”), sono sorte innumerevoli leggende. Cominciamo col dire che, anticamente, alle noci si attribuivano delle portentose virtù curative: venivano considerate afrodisiache per la loro somiglianza con le gonadi dell’uomo, e benefiche per le emicranie in quanto la parte interna del frutto ricorda la forma di un cervello. L’albero della noce, tuttavia, nel corso dei secoli non si guadagnò lo stesso tipo di reputazione. Le sue radici contengono juglandina, una sostanza potentemente tossica che provoca il deperimento di tutte le specie vegetali sorte nelle vicinanze: ecco perchè il noce è una pianta così solitaria, raramente immersa nel fitto verde. Il Juglans regia, inoltre, veniva definito “maledetto” poichè con il suo legno era stata costruita la croce su cui venne crocifisso Gesù Cristo. La nomea negativa del noce era alla base di molte credenze, in particolare nell’ ambito della cultura agreste. Si pensava che addormentarsi sotto un noce avrebbe portato a soffrire delle forti emicranie, o che se le radici del noce si fossero sviluppate sotto una stalla avrebbero fatto soccombere il bestiame. Ma questa reputazione “maledetta” deriva soprattutto dal noce di Benevento e dalla sua associazione con le streghe, dal momento che si diceva che proprio ai piedi di quell’albero celebrassero il loro sabba.
Illustrazione tratta da “Istoria della città di Benevento dalla sua origine fino al 1894” di Enrico Isernia, Benevento, Stabilimento Tipografico A. D’Alessandro e Figlio, 1895.
Le leggende riguardo al noce di Benevento presero vita in epoche remotissime, ma si consolidarono nel 1200. Prima di recarsi al sabba, le streghe si sfregavano il petto con un unguento e pronunciavano una formula magica; dopodichè, si libravano in volo a cavallo di una scopa. Grazie all’ unguento diventavano invisibili, puro spirito che fluttuava nel vento, tant’è che adoravano volare nella tempesta. L’ appuntamento era fissato per tutte sotto il noce di Benevento, dove si riuniva una moltitudine di streghe provenienti dalle località più disparate. Lì, durante il sabba, praticavano riti magici e blasfemi, danzavano, si lanciavano in orge sfrenate con i demoni e gli spiriti infernali…il tutto alla presenza del Demonio che sfoggiava le sembianze di un caprone. A Benevento le streghe venivano chiamate “janare”: prima della Seconda Guerra Mondiale, quando fu bombardato, esisteva un ponte dal quale si diceva che spiccassero il volo.
“Il grande caprone”, Francisco Goya (1795)
Una volta terminato il sabba, le streghe si dedicavano ai malefici e ad azioni terribili nei confronti degli abitanti del luogo. Si introducevano nelle case attraverso la fessura del portone, il che non era difficile data la loro consistenza incorporea, e infastidivano le famiglie addormentate: le sferzavano con una raffica di vento, oppure le opprimevano provocando un senso di soffocamento scaturito da una forte pressione sul petto. Ma non si limitavano certo a questo: le streghe erano in grado di far abortire le partorienti con un semplice incantesimo, storpiavano i neonati infliggendo loro un insopportabile dolore e a volte li rapivano per lanciarseli l’un l’altra sopra le fiamme del fuoco. Si diceva anche che, quando si intrufolavano nelle stalle, riempivano di trecce la criniera dei cavalli e che li riconsegnassero provatissimi dopo averli cavalcati per l’intera notte. Secondo antiche superstizioni, per tenere le streghe a distanza bisognava mettere una scopa e una ciotola di sale dietro la porta principale della propria casa: la strega non sarebbe potuta entrare senza aver contato, prima, tutte le setole della scopa e tutti i granelli di sale, ma a quel punto la luce del giorno l’avrebbe obbligata a fuggire.
“Départ pour le Sabbat”, cartolina di Albert Joseph Pénot (1910)
Ma dove si trovava, esattamente, il noce di Benevento? A dire di alcuni, nei paraggi del fiume Sabato (Sabatus in latino), da lì l’associazione con il sabba. Questa ubicazione fu detta Ripa delle Janare, però esistono molte altre ipotesi sulla collocazione dell’albero. Considero più importante sapere da dove ha preso vita la leggenda del noce delle streghe: nel VII secolo, Benevento era la città principale di un ducato longobardo, e il popolo germanico usava praticare dei raccapriccianti rituali pagani. All’epoca, sotto la reggenza del duca Romualdo I, i longobardi erano soliti onorare Odino con un rito piuttosto inquietante: il luogo in cui si svolgeva, guarda caso, si trovava proprio accanto al fiume Sabato. Dopo aver appeso la pelle di un caprone al ramo di un noce, i longobardi galoppavano sfrenatamente intorno all’albero tentando di strappare lembi della pelle con le loro lance. Poi, si cibavano dei brandelli come prevedeva il rituale. I cristiani di Benevento, sconvolti da quella pratica ai loro occhi barbara, cominciarono ad accostarla al sabba. Le urla dei guerrieri, la pelle di caprone, il trambusto provocato dal rito vennero associati, dai beneventani, a una riunione orgiastica organizzata dal Demonio e dalle streghe.
“Il noce di Benevento”, Giuseppe Pietro Bagetti (1816)
Barbato, un sacerdote di Benevento, espresse più volte la sua avversione per quella pratica pagana. Così, quando nel 663 la città fu assediata dai Bizantini, promise al duca Romualdo che gli invasori sarebbero arretrati grazie all’ intervento divino ma ad una condizione: il suo popolo avrebbe dovuto abbandonare il Paganesimo. Il duca acconsentì e, miracolosamente, i Bizantini batterono in ritirata. Secondo la leggenda, il duca Romualdo nominò Barbato vescovo di Benevento e quest’ ultimo corse subito a sradicare il famigerato noce. Nella località in cui sorgeva l’albero fece poi costruire una chiesa che chiamò Santa Maria in Voto. Nel Medioevo, tuttavia, a Benevento si ricominciò a parlare dei convegni delle janare. Due secoli dopo, queste voci vennero avvalorate da una donna accusata di stregoneria: secondo la sua testimonianza, le streghe erano solite riunirsi attorno a un noce. Lo scalpore suscitato dalla notizia fu immenso. Il Demonio aveva fatto sicuramente ricrescere l’albero che Barbato aveva abbattuto! Nel 1500, il ritrovamento di un mucchio di ossa sotto un noce riaccese i riflettori sulla vicenda. Tra le ipotesi sull’ origine della leggenda del noce di Benevento, quella relativa a Barbato (poi diventato Santo e Santo Patrono di Benevento) e ai riti dei Longobardi rimane, senza dubbio, la più accreditata. A tutt’oggi il mito del noce di Benevento continua ad affascinare, e le adunanze delle streghe hanno contribuito a creare un’aura magica su tutta la città campana e i suoi dintorni.
“El Alquelarre”, Leonardo Alenza y Nieto (1830-1845)
“La sorcière allant au Sabbat”, Luis Ricardo Falero (1880)
“Il Sabbath delle streghe”, Francisco Goya (1819-1823)
“La leçon avant le sabbat”, Louis-Maurice Boutet de Monvel (1880)
“Le Sabbat des sorcières”, Hans Baldung Grien (1508-1510)
Immagini
Foto di copertina di Моходу Хеу, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, da Wikimedia Commons
Dipinti, cartoline e incisioni Public Domain via Wikimedia Commons
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